(C) Se diamo una rapida occhiata al nuovo rapporto CENSIS, il 54°, fin dal titolo capiamo che c’è materia per noi, soprattutto per i miei paradossi. Ovviamente non parlo del titolo ufficiale “Rapporto … ecc.”, ma di questo: “MEGLIO SUDDITI CHE MORTI”.
Un’altra immagine suggestiva, nello stile metaforico, grazie al quale restano in memoria i vari rapporti annuali è questa: “Il sistema-Italia è una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo per ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti”.
(O) Rispetto ad altri rapporti l’ho trovato deludente: le analisi sono sempre state obiettive, talvolta spietate, ma c’era sempre un lato di speranza, abbastanza marcato, in questo sono dovuto arrivare all’ultima pagina (parlo dei riassunti ufficiali pubblicati sul sito perché non ho potuto ancora procurarmi il testo completo). Vorrei anche farvi notare che sulla stampa non ha avuto una grandissima eco, tanto che mi pare che i giornalisti che ne hanno parlato hanno estrapolato qualche frase a effetto e qualche sondaggio, qua e là, senza approfondire, anche loro incuriositi dalla negatività.
(S) Per un aspetto è vero, anche a me è sembrato un testo spento, che raccontava cose ovvie, che tutti abbiamo sentito dal nostro vicino e, indifferentemente, dai nostri nipoti ipertecnologici o dal vecchio zio un po’ fissato sui suoi pregiudizi.
Anche nel titolo, che vorrebbe essere a effetto, il Censis riutilizza lo schema dei pacifisti di quarant’anni fa, che suonava “Meglio rossi che morti”; ma allora si trattava di missili nucleari, adesso di ubbidire alla mascherina, a limitare la movida, a fare un po’ di coda ai negozi. Concedo un’attenuante, per descrivere un paese spento e, ciononostante, litigioso, si finisce per scrivere in modo spento. Tuttavia qualche scoperta paradossale, quindi non banale, alla fine viene a galla: l’Italia della PAURA NERA, che il 73,4% degli italiani indica come il sentimento prevalente in famiglia, vede “lo Stato pur percepito come impreparato di fronte all’ondata dei contagi, come il salvagente a cui aggrapparsi nel massimo pericolo”. Di conseguenza si dichiara disposto “a rinunciare volontariamente alla solitamente apprezzatissima sovranità personale”. Qui vediamo un altro paradosso: ciò avviene nel momento in cui è di moda il sovranismo, il cui fondamento ideale dovrebbe essere proprio l’io, la sovranità personale.
(C) A questa tua domanda ho una risposta semplice: il sovranismo politico è proprio la risposta viziata ad un deficit di statura e di maturità personale, di cui diventa un surrogato. E a proposito d’identità personale, c’è un’interessante valutazione di che cosa determina l’identità personale. “La famiglia costituisce ancora di gran lunga il primo fattore di identificazione. Lo è per il 76,3% degli italiani e in misura maggiore per gli anziani (83,5%). L’essere italiano (39,9%) e il legame con il proprio territorio di origine (37,3%) si collocano a poca distanza l’uno dall’altro. Segue il lavoro (29,2%), una leva di identificazione più forte tra chi ha una età compresa tra 30 e 44 anni (39,1%). Poi la fede religiosa (17,2%) e le convinzioni politiche (11,8%). Solo dopo viene l’identità europea (10,9%). Ma per il 3,5% è il proprio profilo sui social network a determinarne l’identità, e questa percentuale sale al 9,1% tra i giovani”. Sicuramente c’è un significato nel fatto che fede religiosa e convinzioni politiche siano piuttosto in coda a questa classifica, molto lontano dalle voci che si riferiscono a condizioni originarie ma estrinseche all’individuo, come se ciò che deriva dalla libera scelta personale sia meno importante di fattori più dipendenti dalla condizione storica o sociale.
(O) Prima accennavo alla mancanza di speranza, che sembra essere registrata dal Rapporto. Credo che dipenda dall’aver puntato lo sguardo prevalentemente sugli aspetti economici. Se si interrogano le persone in questo modo è evidente che emergono paura e cautela. Chi è stato colpito duramente, il terzo delle persone non garantite di cui parla Ricolfi in “La società signorile di massa”, non può che vedere nero, quindi non gli resta che appellarsi ai ristori statali, ridurre i consumi e cercare di risparmiare per il futuro. Ma anche il ‘garantito’, che pur non ha veduto diminuire il suo reddito e ha diminuito invece, anche involontariamente, le proprie spese non indispensabili, aumenta le proprie cautele. Quindi anche se ha risparmiato più dell’usuale, non vede né la propensione a spendere, ma nemmeno l’opportunità di investire. Questo paralizza lo sviluppo della società in tutti gli aspetti.
(C) Ma tutto ciò lo sapevamo già. Trovo invece che sia stato dato poco rilievo ai mutamenti ‘immateriali’ (che mi trattengo dal definire spirituali o morali, perché mi sembrano definizioni troppo ristrette). L’unica esplorazione di questi mutamenti, apparentemente in peggio, della coscienza sociale è costituita dalle risposte, che danno molto da pensare, ad alcune domande di carattere ‘morale’.
Eccole: “La paura pervasiva dell’ignoto porta alla dicotomia ultimativa: “meglio sudditi che morti”. E porta a vite non sovrane, volontariamente sottomesse al buon Leviatano. Cresce allora il livore della logica “o salute o forca”:
- il 77,1% degli italiani chiede pene severissime per chi non indossa le mascherine di protezione delle vie respiratorie, non rispetta il distanziamento sociale o i divieti di assembramento;
- il 76,9% è fermamente convinto che chi ha sbagliato nell’emergenza, che siano politici, dirigenti della sanità o altri soggetti, deve pagare per gli errori commessi, che hanno provocato la diffusione del contagio negli ospedali e nelle case di riposo per gli anziani;
- il 56,6% vuole addirittura il carcere per i contagiati che non rispettano rigorosamente le regole della quarantena e dell’isolamento, e così minacciano la salute degli altri;
- il 31,2% non vuole che vengano curati (o vuole che vengano curati solo dopo, in coda agli altri) coloro che, a causa dei loro comportamenti irresponsabili o irregolari, hanno provocato la propria malattia;
- e il 49,3% dei giovani vuole che gli anziani siano curati dopo di loro….
C’è un rimosso in cui pulsano risentimenti antichi e recentissimi di diversa origine, intensità, cause. Non sorprende, quindi, che persino una misura assolutamente indicibile per la società italiana come la pena di morte torni nella sfera del praticabile: quasi la metà degli italiani (il 43,7%) è favorevole alla sua introduzione nel nostro ordinamento (e il dato sale al 44,7% tra i giovani).
(S) Quindi oltre ai danni materiali, causati dal covid19 e dall’incompetenza, dai pregiudizi e dalle fissazioni di alcuni nostri governanti (di tutti i colori e orientamenti, perché tra Stato Regioni e grandi Comuni ce n’è per tutti) dobbiamo aspettarci anche un danno ‘morale’? Non è andato tutto bene, era una sciocchezza pensarlo, ma proprio non abbiamo imparato niente?
(O) Di positivo resteranno le reti che ci hanno sostenuto, da internet, ovviamente, visto che molti, anche anziani, hanno imparato ad usarlo, alla rete dei negozi di prossimità, specialmente di generi alimentari, alla capacità di arrangiarsi e di ricominciare, ciò che i benparlanti chiamano ‘resilienza’; anche il surplus di risparmio accumulato per il calo dei consumi, potrà trasformarsi in una leva preziosa per nuovi investimenti in campi innovativi. Questo però ad una condizione: che il ‘sistema’ (uso questa parola per accomunare le istituzioni politiche di ogni livello, le realtà produttive, quelle imprenditoriali come quelle sindacali) sappia esprimersi in modo tale da meritare la fiducia di tutti i cittadini.
(C) Questo è anche il pensiero con cui il CENSIS, conclude le considerazioni generali:
“10. Nella curva della storia è anche l’allontanamento da un cupo e pigro pessimismo. I vincoli e i ritardi strutturali del nostro Paese sono una zavorra che le emergenti difficoltà economiche e sociali rendono drammatica se solo si guarda al prossimo futuro. Il non esserci adattati in modo ottimale alle grandi trasformazioni dei processi globali rivela però una flessibilità, una gamma di potenzialità che possono rivelarsi una grande forza per seguire traiettorie di sviluppo fino a ieri inattese.
(S) Solo con molta fatica accetto il vostro invito alla speranza, che il CENSIS, come notate, condisce con giudizi non morbidi sulla recente azione di governo; sono però convinto che gli Italiani siano complessivamente migliori sia di chi li rappresenta, sia di come si siano essi stessi mostrati in questo specchio sfaccettato e un po’ deformante che ci ha fornito questo Rapporto CENSIS. Insomma, non siano né sudditi né morti. Accetto l’invito alla speranza, credo con il vostro consenso, solo richiamandomi a quei valori spirituali, ancorati a convinzioni e comportamenti orientati al Trascendente, che questo Rapporto non ha saputo o voluto riconoscere.
(C) Costante (O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi
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