In un precedente articolo sul coronavirus avevo accennato al fatto che si tratta di un virus RNA e non avevo dato (perché non era ancora ufficiale) alcun cenno di terapia.
Il primo argomento è molto complesso, ma provo a renderlo accessibile a coloro che abbiamo voglia e pazienza per capirne qualcosa in più.
Il virus è un organismo che non essendo una cellula organizzata con tutte le strutture fondamentali, ha necessità di entrare in una cellula per sopravvivere e moltiplicarsi, altrimenti muore in un tempo più o meno lungo che dipende da diversi fattori.
I virus RNA sono quindi quelli che utilizzano come materiale genetico questo particolare acido nucleico, generalmente a unico filamento (il DNA ne ha due), come cavallo di Troia per entrare nel nostro organismo.
L’acido ribonucleico (RNA) è coinvolto nei processi di codifica, decodifica, regolazione ed espressione dei geni che a loro volta sono parti più o meno lunghe di DNA e contengono le informazioni per la produzione delle proteine.
A loro volta le proteine sono dei composti organici formati dalla sequenza di aminoacidi. Di questi in natura se ne conoscono circa 500 ma in realtà quelli essenziali (che dobbiamo introdurre con la dieta perché non siamo in grado di produrli), cioè necessari per la nostra sopravvivenza, sono circa venti.
I virus a RNA sono classificati in diversi gruppi ed in particolare i Coronavirus fanno parte del quarto gruppo a singolo filamento positivo (insieme ad esempio al poliovirus, al virus dell’epatite A, etc.).
L’RNA è quindi la connessione tra il DNA e la produzione delle proteine, in pratica è come se traducesse il linguaggio del DNA insegnando alla cellula che proteine produrre.
A sua volta la sintesi delle proteine comprende una sequela cellulare di processi che viene denominata sintesi proteica.
Solo quindi un perfetto effetto a cascata DNA (messaggio genetico), RNA (traduttore) e proteine prodotto finale, garantisce sopravvivenza, crescita e funzionamento delle cellule degli organismi viventi.
La struttura biochimica dell’RNA è piuttosto complessa: si tratta di una catena di numerosi nucleotidi che a loro volta sono composti da un gruppo fosfato, uno zucchero a 5 atomi di carbonio (pentoso) ed una base azotata.
Nelle cellule viventi l’RNA può trovarsi sia nel nucleo che nel citoplasma.
Il virus aderisce alla cellula infettata, l’RNA penetra nel citoplasma, dopo essere stato privato del suo involucro di protezione, ed incomincia a replicarsi. La cellula ospite in genere muore rilasciando materiale parcellare dei virus (virioni) che va ad infettare altre cellule con una sequela di processi enzimatici che potranno poi essere utilizzati come sede di attacco delle diverse difese, vaccini compresi.
Una volta entrato nelle cellule l’RNA virale trasferisce il suo materiale nel DNA della cellula ospite (in modo diverso da virus a virus) e con esso il messaggio per la sintesi delle proteine virali.
Le conseguenze di questa infezione possono essere diverse: l’infezione può rimanere latente vale a dire che RNA entrato nella cellula ospite non si replica, non determina quindi una vera e propria malattia e può quindi rimanere in questo stato anche per anni.
L’infezione però può essere trasmessa in questa fase di latenza in cui il soggetto non ha sintomi evidenti e favorire quindi la diffusione della malattia.
Talvolta è sufficiente che vi sia un calo delle difese immunitarie per permettere al virus latente di tornare invece attivo ed aggressivo.
In questo caso si manifesta la malattia vera e propria con sintomi spesso specifici addirittura di organi o tessuti a seconda del virus infettante.
Uno di questi esempi molto noto è il virus dell’herpes che rimane inattivo nelle nostre cellule anche per anni per poi ripresentarsi con sintomi di malattia in occasione di stress, affaticamento fisico, malattie concomitanti etc.
Per quanto concerne invece le terapie, in questi ultimi giorni sono diventate ufficiali ed inviate, le linee guida al personale sanitario con le indicazioni delle cure (domiciliari) per le persone con infezione COVID-19.
L’obbiettivo primario di questi consigli è quello di limitare gli accessi ospedalieri se non ai casi di reale bisogno.
Premesso che la diagnosi definitiva si ottiene con il tampone molecolare (i test antigenici hanno comunque raggiunto oggi un accettabile attendibilità), sono stati consigliati come trattamenti dei sintomi a domicilio, abbondante idratazione (bere), corretta alimentazione, in presenza di tosse sedativi ed auto-pronazione, in caso di febbre paracetamolo.
Trattamenti specifici (sotto controllo medico): terapia steroidea e profilassi antitrombotica. Sconsigliato l’uso di antibiotici mentre l’utilizzo di ossigeno e le terapie in soggetti con altre patologie vanno naturalmente inquadrate dal medico.
Molto utile come sempre la valutazione della temperatura corporea con soglia da attenzionare a 37,5° e la valutazione della saturazione (saturimetro) dell’emoglobina per l’ossigeno con soglia inferiore al 94%.
Vale la pena infine di ribadire l’utilizzo delle vaccinazioni: la vaccinazione antinfluenzale ha dimostrato di ridurre la mortalità e le ospedalizzazioni per soggetti oltre i 65 anni. Raccomandazione quindi a vaccinarsi per tutti i soggetti oltre i 60 anni oltre che per quelli a rischio per patologie acquisite.
La vaccinazione anti pneucoccica è fortemente consigliata nei soggetti dai 65 anni in su e per quei soggetti a rischio per patologie acquisite.
Entrambe le vaccinazioni possono essere somministrate su indicazioni del medico (valutazione dello stato di salute del soggetto, eventuali allergie, etc.)
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