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Attualità

GLOPAPA

SERGIO REDAELLI - 27/11/2020

papaSilenzi scettici e giornali distratti sull’ultima iniziativa di papa Francesco che ha promosso il meeting di Assisi rivolto a duemila giovani economisti e imprenditori under 35 di 115 Paesi del mondo, lanciando un nuovo modello di crescita. Francesco non solo amico dei poveri, profeta della fraternità e dell’amicizia sociale, fecondo scrittore (è in libreria dal 1° dicembre con “Ritorniamo a sognare” distribuito in contemporanea mondiale) e convinto ecologista, ma ora anche attivo economista. Un papa a 360 gradi che sogna un’economia più equa, inclusiva e sociale, non al servizio di pochi ma che investa nelle persone creando posti di lavoro. E che ha spiegato nell’enciclica Fratres Omnes che cosa pensa della proprietà privata.

La direzione è quella indicata nella lettera del maggio 2019 in cui invitò i giovani ad incontrarsi. L’economia che piace al papa dev’essere più umana rispetto al capitalismo senza freni, agli idoli del profitto e della speculazione. Dev’essere un’economia temperata dai valori cristiani, capace di valorizzare un nuovo concetto di sviluppo partendo dal principio che il benessere e la felicità delle persone contano più della crescita dei redditi. In grado di spingere i nuovi studenti di economia ad agire non solo per “fare soldi” ma per aiutare il mondo a vivere meglio, per soccorrere gli esclusi, per trovare uno sviluppo sostenibile dall’uomo e dal pianeta, per prendersi cura del creato e non per depredarlo.

Francesco condivide le parole del premio Nobel del Bangladesh Muhammad Yunus secondo cui “è meglio un Pil più piccolo ma con meno concentrazione della ricchezza”. Approva l’idea di diffondere nel mondo la pratica del micro-credito ai poveri più che ai ricchi, come d’uso nel sistema bancario, alle donne più che agli uomini, alle campagne più che alle città. Sogna di attivare una rete mondiale delle tecnologie avanzate per affrontare la povertà energetica, auspica che vengano aboliti i paradisi fiscali perché sottraggono denaro al futuro, che le banche e le imprese abbiano un comitato etico indipendente con veto in materia di ambiente e impatto sui poveri, che le aziende diano alle lavoratrici le stesse opportunità dei lavoratori.

Un sondaggio di Demos & Pi (Repubblica, 14 novembre) rivela che il papa riscuote il consenso di sette italiani su dieci ed è più popolare della sua Chiesa (70% contro 38%). Piace a 9 fedeli su dieci che vanno assiduamente a messa, a 7 che lo fanno saltuariamente e al 9% dei non praticanti. Ha l’approvazione di 8,7 elettori su dieci del Pd, di 7,7 di Forza Italia, 7,5 M5s, 6,5 Fratelli d’Italia e 5,1 di chi vota Lega. La sua fama, scesa di dieci punti dal 2016 al 2018, è in netta ripresa. Secondo Ilvo Diamanti “il diverso grado di fiducia verso Francesco e la Chiesa riflette l’impressione che il pontefice agisca in modo quasi alternativo rispetto alla Curia vaticana, che egli stesso definisce l’ultima corte d’Europa”.

Tutti d’accordo allora? Niente affatto. Sondaggi a parte, mai come ora Francesco è bersagliato dalle polemiche. Giornalisti, letterati, uomini di studio e di potere discutono, per non dire si accapigliano, sul ruolo che Bergoglio svolge nella società e sulla sua visione del mondo. Non parliamo dei soliti scontenti che gli si oppongono, delle fondazioni ultraconservatrici americane, dell’ex nunzio a Washington che ne chiede da anni le dimissioni, dell’inviato trumpiano che vuole aprire una scuola di sovranismo nella Certosa di Trisulti in provincia di Frosinone (ne risulta tuttora il gestore) o dei delusi per le grandi città italiane senza un cardinale.

Il papa è, dopo il Covid19, l’argomento forte dei mass media, per lo meno in Italia. Intervistato in occasione della presentazione del nuovo romanzo Tempi duri (Einaudi), lo scrittore Mario Vargas Llosa afferma che “Francesco è un peronista (populista, nda) e per molti latinoamericani è un papa che favorisce l’estrema sinistra, la sua esperienza sarà passeggera e dopo di lui la Chiesa recupererà la vera tradizione conservatrice”. Un parere in linea con il pensiero di Marcello Veneziani che su La Verità incolpa il pontefice di non essere un arbitro super partes e di agevolare il clima d’odio nel Paese.

Secondo l’editorialista, il papa non avrebbe la stessa attenzione, lo stesso amore paterno per i cattolici progressisti e per i cattolici della tradizione, assumendo un atteggiamento di chiusura verso chi reputa lontano da lui. E Vittorio Feltri su Libero lo accusa di avere cacciato il cardinale Becciu “come un ladro incallito” restando vittima di una gigantesca montatura e di una falsa documentazione giornalistica.

Senza entrare nel merito, è il caso di ricordare che in sette anni Bergoglio ha incassato con il sorriso accuse cariche d’odio, dall’eresia dottrinale alla presunta ostilità contro la Curia italiana? E che ha varato una profonda opera di pulizia affidandola a Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Roma, ora presidente del tribunale della Santa Sede?

Miguel Gotor, docente di storia moderna all’Università di Torino, scrive su Repubblica che l’appartenenza di Bergoglio alla Compagnia di Gesù è all’origine dell’astio che molti provano per lui dentro e fuori le mura leonine: “Francesco sta restituendo una grande libertà di manovra al cattolicesimo – spiega – come tanti altri suoi predecessori gesuiti nella storia, ha un’idea militante e combattiva della Chiesa e si è trasformato in un grande destabilizzatore di ortodossie precostituite. La sua Chiesa è una trincea o, come ha detto, un ospedale da campo che prova a curare un mondo battuto dai flagelli antichi delle disuguaglianze e ora dalla pandemia”.

L’amico Eugenio Scalfari accorre in sua difesa spiegando che uno dei punti centrali della grande opera del papa argentino, l’apertura alle altre fedi, è oggi ostacolato dal Covid19. “Francesco è andato molto al di là dei problemi interni della cristianità – scrive – si è occupato delle religioni extra-cristiane, quelle esistenti in tutto il continente asiatico, dalla Russia oltre gli Urali, all’India, alla Cina, al Giappone, all’Australia. Vuole creare rapporti importanti con popoli non cattolici né cristiani, ha viaggiato nel mondo intero a cominciare dal Sud America ma da qualche tempo è costretto a limitarsi alle stanze pontificie in Vaticano e non può viaggiare ovunque come vorrebbe”.

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