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Politica

TROVARE LA COESIONE

GIUSEPPE ADAMOLI - 27/11/2020

regioniLa pandemia, si sa, ha messo sotto stress il nostro sistema istituzionale. Alla fine della prima ondata era aumentato il consenso popolare per le Regioni mentre oggi è in caduta secondo alcuni sondaggi.

È sufficientemente chiaro ormai che: 1) le linee guida della sanità le debba tenere in pugno il governo centrale che talvolta ha agito in ritardo e in modo un poco confuso. E che: 2) le Regioni debbano agire dentro quelle linee mentre hanno talvolta sconfinato con effetti negativi.

Tutto questo è in gran parte dovuto all’enorme complessità dell’emergenza sanitaria. Nel merito delle polemiche più aspre voglio fare solo un esempio per far capire cosa intendo. I lockdown regionali li deve stabilire il governo mentre quelli delle città e delle zone infra-regionali dovrebbero essere a carico delle Regioni che invece spesso scappano.

Faccio un altro esempio lombardo: penso che gli errori di Fontana e Gallera siano stati tanti e pesanti ma da questo non derivo per nulla una conseguenza quasi liquidatoria delle competenze regionali come mi capita di sentire e di leggere. Il centralismo sanitario lo riterrei deleterio se non devastante e credo che non arriverà.

In verità, però, al termine di questa fase drammatica una revisione del rapporto Stato-Regioni andrebbe fatto con grande attenzione alla coesione della nazione. Del resto la necessità di riordinare le prerogative delle Regioni introdotte con il nuovo ordinamento del 2001, voluto dal centrosinistra ed approvato con referendum popolare, era già emersa ed affrontata con la riforma Renzi del 2016 bocciata dal successivo referendum.

Non sto affatto riproponendo quella strada. So bene che l’idea del Senato delle Autonomie Locali su cui quella riforma era incardinata è caduta in disgrazia. Ma l’eliminazione di tante zone grigie, delle troppe competenze concorrenti (sulle spalle sia delle Regioni che del Governo e del Parlamento) merita di essere decisa rapidamente.

Alcune delle “competenze concorrenti” vanno attribuite alle Regioni (che brutta la parola “periferia” usata in questo quadro. Milano periferia di Roma mi inorridisce). Altre funzioni, molto rilevanti, vanno assegnate al governa nazionale come tutte le infrastrutture sovra-regionali. Là dove, ad esempio nella Sanità, le competenze rimangano necessariamente comuni una clausola di supremazia dello Stato dovrebbe essere costituzionalmente garantita e severamente applicata nelle crisi più gravi.

Non vedo ragioni valide affinché questo disegno non possa essere sostenuto dalle principali forze politiche. C’è un altro importante capitolo riformatore su cui fare leva per una larga coesione politica: l’accorpamento delle Regioni più piccole per arrivare alle sette/otto macro Regioni che rappresenterebbero delle realtà geografiche, economiche e sociali che possano davvero esercitare, con pari dignità e operatività, le funzioni a loro assegnate. Un’utopia quest’ultima? Certamente un obiettivo difficilissimo da perseguire con tenacia e lungimiranza.

La Lombardia con i suoi dieci milioni di abitanti, la sua ricchezza di territori e di attrazione culturale, universitaria e produttiva va benissimo così. Ma proprio per questo, non avendo nulla da perdere o da guadagnare, dovrebbe essere il motore della riforma con un consenso politico vasto e profondo.

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