Nel mezzo di un’epocale emergenza, parte della destra e della sinistra interpretano come dettata dalla spregiudicatezza tattica la disponibilità di Berlusconi a dare una mano, tramite il governo, agl’italiani. Eppure è la stessa spregiudicatezza, se vogliamo chiamarla così, che favorì la nascita del Conte 1 e del Conte 2, quando s’allearono partner d’incompatibile distanza e che fino al momento del patto se n’erano dette di ogni.
Altrove sono nati esecutivi di necessità nazionale e concordia obbligata. Sembra naturale/ovvio che l’Italia s’adegui, esprimendo con lungimiranza il meglio possibile nell’amministrazione del Paese. Ovvero: tra populisti e antipopulisti va trovata una sintesi conforme alle aspettative d’un popolo in drammatica crisi. Insieme anziché divisi è più facile individuare idee e personalità indispensabili a vincere la partita della sopravvivenza. Specialmente se personalità extrapartiti.
Tutto chiaro, semplice, ovvio? Macché. A sinistra è insopprimibile l’avversione a colui che resta il Caimano, a destra non è immaginabile l’idea di solidarietà fuori del proprio steccato. Una cosa giusta l’ha detta il ministro Speranza: combattendo per la salute, non esiste inimicizia di fazione che tenga. Benissimo. Però cosa si fa, per berlusconizzare Salvini e Meloni? Nulla.
Spieghiamo. Il governo, quando auspica l’aiuto dell’opposizione, pretende di riceverla senza dar nulla in cambio. Sbagliato. Non si tratta di mercanteggiare, bensì di realpolitik. Se pensi (come Speranza pensa a microfoni accesi e il premier a riflettori spenti) che il frangente sia tale da imporre un’unitarietà di gestione, mica la piloti tu con la benzina altrui. Resti al volante, però sistema di guida e tracciato li determini associando in concreto i nuovi partner alla squadra. Se no, che squadra è?
Questo è stato finora il limite di Conte e dei suoi: l’irrazionale ostilità ad allargare la maggioranza. Quello di Salvini -cui dà ragione talvolta sì e tal’altra no la Meloni- è stato invece il rifiuto: 1) a riconoscere che Berlusconi esprime maggior pragmatismo/acume di lui nel muoversi tra le ondate dell’epidemia: 2) a svestire la felpa di capitano, esibita all’epoca dell’ex sodale Di Maio, e indossare quella di gregario. Gregario non è una parola offensiva. È un sostantivo di pregio etico: significa prestare soccorso nel momento della necessità.
Un’impresa nobile. Forse troppo per dedicarvisi. Ma se così fosse, basterebbe derubricare l’inclusiva collaborazione a opportunità politica. Machiavelli adiuvat. Tale infatti si rivelerebbe l’appoggio a Conte per un centrodestra intenzionato a contare nella scelta del nuovo presidente della Repubblica. La scadenza, febbraio 2022, è più vicina di quanto si creda. Evitare che al Quirinale s’insedi un inquilino non benevolo appare un vantaggio importante in vista delle elezioni politiche del 2023. L’arte della mediazione al tempo della pandemia ha un valore aggiunto: si facciano consigliare nell’expertise da qualche intenditore, gl’interessati a sedersi tra le quadrerie dei palazzi romani.
Ps
In questo tempo che rattrista i cuori, il ‘Messaggio alle comunità cristiane’ della Cei dice una parola di speranza e consolazione. Ne fa seguire un’altra sollecitativa: “La situazione che si protrae da mesi crea smarrimento, ansia, dubbi e, in alcuni casi, disperazione. Ma proprio questo induce a moltiplicare gli sforzi”. Anche politici.
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