Mi demoralizzo quando leggo di paesi stranieri sia europei sia extraeuropei nei quali, in tempi di pandemia, i cittadini, esercitati all’uso del senso civico, sono in grado di accettare e seguire le regole imposte dai governi per frenare la diffusione del virus.
In un’intervista radiofonica il direttore italo candese del quotidiano in lingua italiana del Québec racconta il loro lock down, in tutto simile a quello messo in atto nei diversi paesi occidentali.
Il nostro conduttore si informa sulla presenza o meno in Canada di un’autocertificazione per i pochi spostamenti autorizzati.
L’intervistato non afferra subito il senso della domanda, lontano anni luce dall’idea che ci voglia uno stretto controllo esterno.
In Canada non è richiesta alcuna certificazione: ogni cittadino è informato dell’emergenza che si sta vivendo ed è a conoscenza dei rischi di una diffusione incontrollata del virus. Sa che per il bene della collettività ci si deve muovere il meno possibile.
Questo a loro basta. Non a noi purtroppo.
Mi mortifica registrare ancora una volta che viviamo in una società “bambina” ma capisco perfettamente le ragioni per le quali i cittadini adulti italiani hanno bisogno di essere controllati a vista perché garantiscano il rispetto delle regole.
Comportamenti difformi ne abbiamo visti tanti, anche da parte di rappresentanti delle istituzioni.
Ecco allora il Sindaco di Venezia dare il cattivo esempio ai suoi concittadini organizzando un pranzo di gruppo alla riapertura mattutina dei ristoranti, alle ore 5. Con relativo brindisi, risate e chiacchiere in pieno assembramento e relativa foto sui social.
Non meno irresponsabili i coniugi di Verona: non sopportando l’idea di “saltare” i festeggiamenti del proprio anniversario di matrimonio, si spostano a Bolzano dove i ristoranti sono aperti (lo erano prima che l’Alto Adige divenisse zona rossa). Eh sì, spiega orgoglioso il ristoratore, i suoi clienti in quei giorni sono in prevalenza veneti e modenesi che con “due sole ore” di autostrada del Brennero, approdano da lui a Bolzano.
Esempi isolati? Neanche per sogno.
I TG ci hanno mostrato centri storici affollatissimi e folla nei bar e nei ristoranti di Napoli centro la sera prima del lock down. In tanti a godersi l’ultima sera prima della chiusura con aperitivi, shopping, rilassate passeggiate sul lungomare, a somiglianza di chi ballava nelle ultime ore del Titanic.
Le regole non piacciono nemmeno quando sono necessarie, evidenti, giustificate.
L’individualismo esasperato di molti riesce a fornirci le scusanti del caso: perché se aggiro le norme “solo” io, non potrà succedere niente!
Nel primo lock down ci aveva fatto anche sorridere (ma solo un po’) la colorita antologia delle giustificazioni, spesso postate sui social a mo’ di vanto: l’uno, attraverso stradine di campagna, era riuscito ad approdare alla regione limitrofa dribblando i controlli presenti lungo le arterie principali, l’altro che andava a spasso ingiustificatamente, fermato, aveva inventato di essere un infermiere in corsa verso il proprio luogo di lavoro per un’urgenza. Era ripartito con i ringraziamenti delle forze dell’ordine per la categoria che rappresentava.
Lungo l’elenco dei comportamenti scorretti su una scala che va dal minimo di portare in strada il cane dieci volte al giorno al massimo di organizzare feste e festini di Halloween negli Autogrill “alla faccia” dei divieti e dei rischi per la salute collettiva.
Amara considerazione che resti sconosciuto ai più tra i furbi il meccanismo in base al quale “loro” hanno potuto continuare a comportarsi da incoscienti, senza sconvolgere del tutto il precario equilibrio socio sanitario complessivo, solo grazie alla pazienza e alla sopportazione delle regole che abbiamo messo in atto noi, i meno furbi, i non recalcitranti, i resilienti alla fatica fisica e psicologica.
You must be logged in to post a comment Login