Se guardiamo all’ultimo Dpcm (Decreto del presidente del Consiglio dei ministri), quello che ha diviso l’Italia in tre colori e che ha imposto restrizioni simili a quelle della primavera scorsa, possiamo osservare solo una lunga serie di divieti, proibizioni, blocchi e intimazioni.
La situazione è certamente grave sotto il profilo sanitario e tra le tante critiche che si possono fare forse la più corretta e che si è agito in ritardo, quando in molte zone la pandemia era già sfuggita ai possibili controlli.
Ma detto questo resta il fatto che sia scorrendo le norme, sia ascoltando le conferenze stampa del presidente del Consiglio, sia osservando i giornali e la televisione si è avuto la chiara impressione di un’enfasi normativa, di una serie di proibizioni che riguardano molti aspetti della vita quotidiana, ma che mirano più ad un’osservanza formale che a sollecitare comportamenti responsabili.
Norme restrittive, indubbiamente necessarie, ma non accompagnate da chiare raccomandazioni, lasciate queste ultime al confronto mediatico e alla battaglia tra le idee sempre considerate opinabili e quindi discutibili. Norme restrittive peraltro non accompagnate da misure di aiuto e di agevolazione non solo e non tanto nella comprensione, ma soprattutto nel favorire modi di agire corretti. Per esempio stabilendo orari riservati per le spese degli anziani nei supermercati, oppure azzerando i costi degli acquisti a domicilio, o ancora migliorando il sistema dei trasporti per evitare sovraffollamenti.
Imporre solo obblighi vuol dire considerare i cittadini dei sudditi a cui si deve comandare, sollecitare comportamenti virtuosi vuol dire invece richiamare alla responsabilità. Anche in momenti drammatici come l’attuale non dovrebbero essere dimenticate le teorie della “spinta gentile”, quelle che hanno fatto guadagnare il premio Nobel per l’economia tre anni fa a Richard Thaler. In pratica non puntare solo sul “dover fare”, ma sul “far venire la voglia di fare”.
Per questo la comunicazione pubblica è altrettanto importante quanto delicata, soprattutto in un paese, come speriamo continui ad essere il nostro, che voglia mantenere i diritti e le libertà fondamentali. Con un passaggio fondamentale: non basta richiamare agli obblighi individuali se passa in secondo piano la responsabilità condivisa. La diffusione del virus è infatti per sua natura una realtà collettiva: nessun si può contagiare da solo.
Per questo sarebbe necessaria chiarezza e coerenza nelle norme. Se l’obiettivo deve essere quello di evitare gli assembramenti, così come i contatti di più persone al chiuso, è del tutto incoerente obbligare le persone a muoversi solo “in prossimità” della propria casa, dove possono incontrare decine di persone, e non poter andare pochi chilometri più in là in maggiore solitudine in aperta campagna o nei boschi.
Un messaggio contraddittorio rischia di non essere efficace, così come un messaggio ambiguo oppure che può apparire in qualche modo fonte di discriminazione. Sono necessarie regole chiare quindi, regole che sollecitino ad azioni positive e che aiutino le persone a sentirsi parte di una comunità e non potenziali nemici l’uno dell’altro.
Comunicazione pubblica: se ne discute giovedì 26
La comunicazione pubblica sarà al centro, giovedì 26 novembre, del secondo incontro nel ciclo di appuntamenti organizzati da Radio missione francescana e dalla Chiesa di Varese. Saranno protagonisti il sindaco di Varese, Davide Galimberti, e il presidente della Camera di Commercio, Roberto Lunghi. Interverrà Matteo Inzaghi, direttore di Rete 55. L’evento avrà inizio alle 21 e, dati i tempi, sarà totalmente online e potrà essere seguito sulla pagina Youtube di Radio missione francescana oppure via zoom chiedendo il link a Padre Gianni pgianni@comunicare.it
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