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Pensare il Futuro

RINNOVABILI IGNORATE

MARIO AGOSTINELLI - 13/11/2020

civitavecchia

La centrale di Civitavecchia

In queste settimane sto seguendo direttamente la mobilitazione (in gran parte virtuale, ma non per questo meno incisiva) dei cittadini di Civitavecchia, che si sono organizzati in comitati per contrastare la posizione di ENEL ed ENI, che hanno progettato la chiusura della locale centrale a carbone di ben1.800 Mw per riconvertirla entro il 2025 in un impianto a gas fossile di eguale potenza. Mentre venivano convocati dal Sindaco i rappresentanti dei Comitati Cittadini (che si erano portati me come consulente) per illustrare un piano alternativo di ricorso a fonti rinnovabili e idrogeno, la discussione sul mantenere un impiego esecrabile di fonti fossili aveva già occupato la scena nazionale, dopo che il Parlamento Europeo aveva approvato la neutralità climatica (niente emissioni di CO2) entro il 2050 e la crescita delle fonti rinnovabili al 60% entro il 2030.

“La notizia che la segreteria nazionale del PD ha voluto incontrare i vertici dell’Enel per capire meglio i progetti di riconversione delle centrali di Civitavecchia e Montalto (entrambe intorno a Roma), unita alla presa di posizione dei sindacati CGIL prima e UIL subito dopo, che hanno richiesto di sospendere la conferenza dei servizi al fine di un necessario approfondimento anche con la popolazione, sono i primi interessanti segnali che qualcosa si sta finalmente muovendo nel dibattito pubblico. Enel, a sua volta, ha convocato i sindacati di categoria per presentare i progetti e le ricadute occupazionali connesse, precisando fin da subito che saranno garantiti gli attuali occupati, ma non gli attuali livelli, che invece scenderanno drasticamente.

Questi elementi, letti congiuntamente, dovrebbero stimolare ulteriormente un dibattito stagnante, dove tutto sembra già deciso in assenza di qualsivoglia coinvolgimento pubblico. L’aver mosso le acque a Civitavecchia ha subito provocato movimento e risposte negli altri 8 territori italiani sedi di centrali a carbone con analoghi processi in corso.

Nel sito produttivo di Vallegrande a La Spezia, ad esempio, sede di un’altra centrale Enel a carbone, da tempo l’intera classe politica si sta confrontando con la popolazione, raccogliendo sensibilità e indicazioni, chiarissime fin da subito, di contrarietà ad una riconversione ancora basata sui combustibili fossili. Durante un vertice a cui erano presenti consiglieri e parlamentari della Lega, di Cambiamo, del PD, di Italia Viva e del M5S, è stato approvato un ordine del giorno bipartisan, in cui si dice chiaro e tondo no al carbone e no al gas, puntando decisamente su uno sviluppo legato al turismo e invitando l’ENEL a cercare altri territori per i suoi impianti. Il documento è stato poi votato all’unanimità a dicembre 2019 dalla Camera dei Deputati, nell’ambito del Decreto Clima e adesso pesa, eccome, sulla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale in corso.

Perché a La Spezia i cittadini vengono ascoltati, mentre a Civitavecchia si presta loro solo una debole attenzione? Una classe dirigente eletta, pur non essendo obbligata a rispettare il vincolo di mandato, al popolo dovrebbe rispondere sempre e comunque: a La Spezia è avvenuto, a Civitavecchia evidentemente no. Non è più il caso di indicare da una parte i “visionari”, dall’altra i realisti. Essere contro la riconversione a gas delle centrali a carbone, è un segno di lungimiranza, di attenzione alla salute delle popolazioni, di cura della biosfera. C’è da chiedersi infatti se non sia il caso che la politica energetica ed industriale italiana del dopo pandemia debba giocarsi in settori innovativi e avanzati (Francia e Germania hanno già annunciato investimenti per 7+9 miliardi di euro sulla filiera dell’idrogeno e di puntare al 50% di rinnovabili già per il 2040) oppure essere alla coda degli interessi delle corporation internazionali dell’energia fossile, tra cui purtroppo ENI continua a stare tra i capofila.

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