Nell’ultimo intervento dell’amico Flavio Vanetti su RMFonline (6 novembre scorso) con il titolo gentile “La bruttina stagionata” si è messo ancora una volta l’accento sulle troppe trascuratezze di Varese. Un tema su cui a staffetta hanno scritto numerosi collaboratori fin dalla nascita del settimanale – novembre 2008 – sotto la direzione dell’indimenticabile Alma Pizzi.
In realtà la trascuratezza urbana è un tratto caratteristico del nostro tempo. Scorrendo le cronache dell’attualità quotidiana non vi è città grande o piccola della nostra provincia, ma è così anche altrove, che non evidenzi magagne ambientali, luoghi di degrado medio – grande, vandalismi di vario segno e tipo. Solo inadempienze più o meno consapevoli delle amministrazioni locali o segno preoccupante di una crescente estraneità alla “cosa pubblica” di fasce consistenti della popolazione residente?
Probabilmente entrambe le cose. Da un lato le cosiddette agenzie educative tradizionali (famiglie, scuole, associazioni di vario segno…) fanno troppo poco per educare i giovani, cioè gli adulti di dopo domani, a un rapporto positivo e costruttivo con i quartieri dove vivono e crescono. Sotto questo profilo il mondo dei social non aiuta. Al contrario alimenta una sorta di appartenenza al nulla fatta eccezione per la cerchia, più o meno estesa, dei propri contatti. E ciò ha una ricaduta individualistica preoccupante.
Dall’altro lato le amministrazioni pubbliche hanno di norma tempi di reazione troppo lunghi e i cittadini hanno sovente la sensazione di un’interlocuzione lontana, dilatoria, spesso inutile. In genere si tende a intervenire a posteriori nel garantire il buon funzionamento delle città, raramente si previene. In questa prospettiva a poco sono finora serviti parlamentini di quartiere e circoscrizioni intesi come collettori dei bisogni.
Forse sarebbe il caso di riscoprire, opportunamente rivisitata in chiave locale, la figura dell’ombudsman. Tradotto letteralmente significa “uomo che funge da tramite, da intermediario”. Già prevista negli ordinamenti giuridici dell’antica Roma, fin dai primi tempi della repubblica, questa figura esercitava una sorta di jus intercessionis che pare sia stato garantito anche da alcune tribù barbare dopo la caduta di Roma. Dopo un lungo secolare oblio, soltanto nei primi anni dell’ottocento (1809) trovò una vera e propria seconda vita nell’ordinamento della progredita Svezia. L’esperienza svedese fece da modello base per quelle che l’Onu definisce “Istituzioni di tutela dei dritti umani”.
Su raccomandazione delle Nazioni Unite l’ombudsman è stato istituito, con alterne fortune, in 150 paesi. Il Trattato Europeo siglato a Maastricht nel 1992 ha infine introdotto il Mediatore Europeo per garantire il diritto dei cittadini a una buona amministrazione e il rispetto dei diritti umani delle persone. Ventinove paesi europei, tra cui l’Italia, hanno istituito il difensore civico comunale poi abolito dalla legge finanziaria del 2010 e sostituito dal difensore civico territoriale del cui operare francamente non abbiamo memoria. È evidente che in sede locale all’ombudsman spetterebbero compiti meno ambiziosi e meno nobili rispetto a quelli originari previsti dall’Onu. Dovrebbe funzionare piuttosto come una sentinella della città, un esploratore del territorio comunale capace di scoprire le situazioni critiche, di portare in superficie magagne irrisolte, di accelerare le manutenzioni ordinarie. Potrebbe essere lui, per esempio, a sollecitare, con congruo anticipo rispetto alle scadenze, le altre amministrazioni che incidono sul territorio cittadino e che di norma se ne fregano. Come le Ferrovie delle Stato e l’Anas. Entrambe devono essere pungolate a più riprese e spinte a ripulire il sedime ferroviario sconciato dai rifiuti e a potare piante e arbusti che invadono la bretella autostradale da e per Largo Flaiano. Un rituale che si ripete stucchevolmente ogni anno anziché diventare un automatismo della normalità amministrativa. Come tale dovrebbe essere anche la pulizia dei portici – a Varese sono tanti – la loro illuminazione sempre carente; la rimozione dei graffiti che insudiciano i muri di alcune vie centrali come via Cairoli; l’erba di molte aiuole semi abbandonate; le erbacce, talvolta miste ad alberelli, che invadono in estate i cigli di molte strade; la sistemazione al meglio di arterie ancora mal in arnese; il decoro dei cimiteri trascurati da decenni.
Negligenze che incidono sul volto della città giardino e che rischiano di appannare il tanto che il governo cittadino ha fatto e sta facendo in questo scorcio finale di legislatura. Indispensabili per l’ombudsman domestico tre requisiti: conoscere Varese fin nei dettagli, volerle bene, essere una spina nel fianco della burocrazia estense.
You must be logged in to post a comment Login