(O) Paradossi ne abbiamo a bizzeffe, questa settimana. Trump che non molla, Biden che vuole fare il nonno di tutti, i vecchietti tipo Ibra e Ronaldo che squassano le difese dei giovani, Toti che invece manda i nonni a fare la calza, i danesi che eliminano 17 milioni di visoni e noi che facciamo fatica a limitare i danni e il pericolo dei cinghiali, tra l’altro non autoctoni. Dovere di accoglienza anche per loro?
(C) Questa faccenda dei cinghiali sta diventando più che seria, non passa giorno che non arrivino al parco giochi di Comerio, spaventando mamme e bambini e suscitando l’attenzione dei cani portati al parco a fare … quel che si sa. Ma la risposta delle autorità locali è: “non si può sparare vicino alle case”. Ovviamente non è questo che si chiede, ma una seria prevenzione.
(S) Per il loro bene, dico io. Non vorrei che si prendessero il covid19.
In fondo sono mammiferi come noi, come i visoni, come i pipistrelli, Ma questa storia dei visoni per me è inquietante, sia per le dimensioni e il costo dell’intervento, (vuol dire che in Danimarca hanno una paura matta), sia per il fatto che il salto di specie potrebbe non restare isolato: basti pensare che i visoni sono mustelidi, come le faine, le donnole e i tassi, presenti nei nostri boschi.
(O) Da quando sei anche esperto di zoologia?
(S) Massì, parliamo d’altro, abbiamo visto virologi improvvisarsi politici e politici fare i veterinari a trent’anni da qualche esamino di università.
In compenso quanti non hanno sdottorato a proposito di cosa faranno gli Stati Uniti nel prossimo ventennio? Mi pare una questione seria quanto una pandemia. In realtà confido che sulle grandi questioni internazionali, Biden non cambierà molto da Trump, anzi, specialmente a riguardo della Cina, dovrà e potrà fare anche di più. lasciamo stare il covid19, ma ricordiamoci che ci siamo dovuti improvvisare produttori di mascherine, perché quelle ordinarie venivano tutte dalla Cina o giù di lì. E che mi dite di tutti i prodotti di base della farmaceutica, che vengono dalla Cina? Che ne sarebbe della nostra salute se queste forniture venissero, per qualsiasi ragione, a mancare?
(C) Non hai torto, sia nel vedere più continuità che cambiamento nella politica di Biden, sia nel definire modesti e incompiuti i risultati ottenuti da Trump, anche i relazione agli sbandierati scopi della sua presidenza: blocco dell’immigrazione, ritorno delle imprese delocalizzate, disimpegno militare dal Medio Oriente, ripartizione dei costi di gestione della Nato, indipendenza dalla manifattura cinese per produzioni strategiche Usa, per esempio le famose terre rare. Nello stesso tempo non possiamo dimenticare quanta parte del debito pubblico USA è nelle mani dei cinesi: questa è indubbiamente un condizionamento dell’economia e della politica americana. Non vedo la possibilità di una “guerra fredda economica” tra Usa e Cina. Hanno bisogno ciascuno dell’altro. Deve però essere cercato un equilibrio, anche per frenare, invece, l’indubbia aggressività strategica e militare della Cina nel Pacifico, specie verso Taiwan.
(O) A me compete sempre di formulare una speranza: quella del dialogo, che diventi collaborazione. Penso in primo luogo al rientro negli accordi sul clima: ci sono studiosi di dottrina sociale cattolica che oggi mettono l’educazione ambientale a fondamento dell’educazione come tale. Pensano che anche la pandemia sia un problema che ha una radice ambientale, nell’abuso che si è fatto della natura come risorsa da sfruttare indiscriminatamente.
(S) Ma dai! Con la crisi di produzione e di consumi in atto, non è il caso di immaginare altre spinte verso la fantasiosa ‘decrescita felice’. Non è il caso di desiderare l’accrescersi della povertà assoluta; non è nemmeno il caso di essere felici per l’assottigliarsi delle fila del ceto medio, la sempre deprecata borghesia. Un popolo è fatto di realtà diverse, che collaborino, come dice giustamente Onirio, ma deve essere chiaro il fine cui tende il famoso interclassismo delle dottrina sociale: l’accrescimento della libertà dei singoli, delle famiglie e dei corpi intermedi che formano la società,. Di questo fine lo Stato deve essere garante, senza pretendere di esserne l’unico attuatore, altrimenti il fine diventa lo Stato stesso. Esattamente come accade in Cina.
(C) Mi permetto di fermarvi entrambi in questa discussione, ben sapendo che avete fatto un po’ di ‘tifo’ contrapposto, uno per Trump, l’altro per Biden. Penso che sia una discussione inutile, se rivolta al futuro, di cui possiamo arguire ben poco. Credo però di potervi suggerire due conclusioni su cui spero di trovare d’accordo i nostri interlocutori: la prima, suggerita da un recente articolo di Paolo Mieli: giornalisti ed intellettuali, americani e no, è bene che smettano di parteggiare, elmetto in testa, per l’uno o per l’altro. Questo perché non sono due competitori ‘normali’, ma per la prima volta, da quando io mi ricordo, hanno cercato di delegittimarsi a vicenda, rischiando di delegittimare anche l’opposto elettorato di riferimento. La divisione nella società americana temo verrà a riflettersi presto anche in Europa e in Italia in particolare: ne vedo la particolare gravità, per noi, per la sovrapposizione con quella troppo pesante separazione nel mondo del lavoro tra garantiti e precari. Anzi c’è già e rischia di ampliarsi a dismisura, se si affronta la crisi economica solo con misure di’ristoro’ temporaneo. Il tentato rimedio del ‘sovranismo’, quindi potrebbe trovare molte più ragioni di attecchimento in Europa che in USA.
La seconda è questa: l’Europa è alle prese, come e forse più degli USA, con un problema d’identità culturale e, se mi permettete la parola, spirituale. Biden può dire legittimamente: “sarò il presidente di tutti gli americani”, mentre nessuno può dire lo stessa cosa in Europa e, nella maggior parte dei casi, neppure in un singolo Paese. In più, la questione della presenza della componente musulmana, ben più pesante che negli USA, non può essere affrontata usando la ricetta francese, con la riduzione di tutto e di tutti alla laicité. Non si può chiedere, in nome della pacifica convivenza, di rinunciare alla propria identità, a se stessi. Se anche lo si ottiene, è a un costo troppo alto, accettare che rimanga un fondo di malcelata sopportazione, spesso di rancore.
(O) Vuol dire che il dopo-Trump, come il dopo-covid, che avevamo troppo facilmente dato per già avvenuto, non ci hanno migliorato, e forse non ci miglioreranno. Ma io voglio ancora alimentare la speranza. A che cosa posso attaccarmi?
(C) Rischio un consiglio, che qui di solito non usiamo dare: non attaccarti. Non attaccarti a qualcosa, a un tuo interesse, a un’idea che ti sembra credibile, anzi: stàccati. Stàccati dai pregiudizi, dalla paura dell’altro, dalla paura del covid, dal dipendere dalle tue aspettative. Staccarti per incontrare, per incontrarti. Il valore lo trovi nell’altro, nel diverso da te che incontri, quindi in una possibilità insperata di unità. Incontrando qualcuno, in apparenza ti leghi, ma se sei libero da te stesso, l’unità con l’altro ti renderà ancora più libero; ultimo paradosso, ma vero, di una settimana paradossale.
(O) Onirio Desti (C) Costante (S) Sebastiano Conformi
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