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Divagando

IL CLUB MISCELA

AMBROGIO VAGHI - 06/11/2020

Il castello di Belforte, oggi

Il castello di Belforte, oggi

Il Castello di Belforte deve rimanere all’attenzione di Varese e della stessa Regione Lombardia. La recente bocciatura del concorso-finanziamento non deve rimettere il tutto nel cestino delle cose già per troppo tempo dimenticate. Ha ragione Roberto Cecchi ad aver ricordato su RMFonline il problema.

Colgo l’occasione per salutare il rientro nelle cose varesine dell’ex Assessore alla cultura e turismo del Comune di Varese. Lo aveva promesso andandosene con l’animo esacerbato da martellanti critiche anche di fuoco amico da parte di coloro che lamentavano una prolungata sua assenza fisica solo per attaccare il Sindaco Davide Galimberti che aveva portato a Varese un uomo di grande valore, ex sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali nel Governo di Mario Monti. Fu costretto ad andarsene con dolorose dimissioni rese in Consiglio Comunale. Un modo elegante e politicamente corretto. Aveva promesso che avrebbe continuato a pensare e ad aiutare Varese. Ecco che sta mantenendo l’impegno.

Roberto Cecchi facendo tesoro della sua ampissima esperienza maturata nei meandri ministeriali sollecita tutti a non mollare. La burocrazia ha le sue leggi ma la perseveranza di chi conosce il valore storico del bene da salvare non deve stancarsi di portare argomenti. Cecchi invita lo stesso Comune di Varese a farsi promotore di una cordata di sponsor privati. Qualche industria con un noto marchio internazionale pare si sia già resa disponibile. Le agevolazioni fiscali offerte dal Governo Conte su preciso intervento del Ministro Franceschini, possono ancora salvare dall’oblio l’antico maniero di Belforte. Avanti dunque.

Un Castello che ha attraversato i tempi dell’imperatore Barbarossa non è un bene storico tra i tanti, recuperarlo è un dovere. Grazie professor Cecchi per il sostegno che sicuramente ci darà ancora.

Recentemente qui ho riportato un mio ricordo personale di come il cuore del Castello, il grande quadrilatero centrale, fosse utilizzato per la trebbiatura del grano ancora assai coltivato nei campi che circondavano la città e i nuclei abitati attorno ad essa. Sono certo che qualcuno ricorda anche le estati teatrali della Famiglia Rame. Posti a sedere (le sedie le procurava la signorina “Velocetti” dalla chiesa del Lazzaretto), biglietto di entrata a modico prezzo e successo sempre assicurato. I Rame erano campioni della recita a soggetto, alla quale oltre ai diretti famigliari facevano partecipare giovani del luogo appassionati filodrammatici. Il cartellone prevedeva sempre una parte drammatica, strappa cuori e lacrime, poi una farsa finale da far sbellicare dalle risate. Si passava dal Fornaretto di Venezia, ai Due Foscari, al Cardinale Lambertini, ai Promessi Sposi. Proprio il grande romanzo manzoniano, fatto soggetto teatrale e popolarizzato. Certamente un contributo alla divulgazione di una cultura che non tutti possedevano.

Infine tutti In attesa della farsa che i Rame sapevano condurre con una forza comica non comune. Battute rinnovate riferite all’attualità. Un sano divertimento con risate a non finire.

A lungo andare la cosa non piacque a chi si riteneva un po’ la vera intellettualità del rione.

Intendiamo parlare di una strana associazione IL CLUB MISCELA, strana anche nel nome. Gli aderenti si riunivano al Circolo di Belforte dove gli spazi erano aumentati dopo che il Consiglio d’Amministrazione aveva deliberato un oneroso ampliamento per accontentare le esigenze televisive dei soci.

Mike Buongiorno col “Lascia o raddoppia“? era diventato un fenomeno nazionale ma ancora pochi avevano la possibilità di possedere in casa un televisore. Al Circolo venne realizzato un bel saloncino con tanto di TV a grande schermo proveniente addirittura dagli Stati Uniti d’America. Tutto questo a piano terra a fianco del salone di mescita. Sul fondo era stato ricavato un bel locale accessibile per altri incontri. Fu questo il covo del misterioso club che ne ebbe assegnato l’uso ogni lunedì sera. Facciamo qualche nome degli aderenti. “El Giuan dutur”, studente di medicina, figlio di un piccolo conciatore Ferrario con fabbrica giù vicina al Vellone. Il Rossi dei Campana detto “ il chimico “ studente a Torino di chimica industriale. Alcuni Gilardelli, “Il Prealpina “ tipografo al giornale locale; il Tullio, ispettore all’INPS ; “il Bala “, nome emblematico perché le raccontava sempre grosse. L’immancabile Rossi Costantino “Tino” per tutti, segretario preciso, poeta Bosino più volte premiato, giornalista sportivo del calcio e dell’ippica, segretario a vita della Belfortese Calcio. Un bell’assortimento di personaggi completato da diversi Bernasconi.

Aveva inizio la cerimonia presieduta dal Giuan dutur, deus ex machina di tutta l’associazione. Pochi “ attrezzi” sul tavolo. Una enorme zuppiera, un mestolo e poi tante bottiglie, vini, birre, liquori, acque e bibite gasate (poche). Il Presidente nominava il miscelatore, gli consegnava il mestolo e lo invitava a preparare la sua personale MISCELA. Il nominato di turno iniziava il suo compito, attorniato da risate e commenti ad ogni aggiunta di liquidi. Alla fine, mescola e rimescola, ecco pronta la MISCELA. Bevuta collettiva conclusiva con democratica classifica.

Naturalmente la funzione del Club si allargava all’informazione sui problemi locali e spesso nascevano interessanti discussioni. Vi era tanto desiderio di esprimere opinioni, di farsi conoscere, di farsi sentire. Il teatro dei Rame, su al Castello sembrava non educativo. Non si sa a chi venne la balzana idea di passare al teatro classico, per di più tedesco. Noi opporremo “I Masnadieri” di Friederich Schiller il grande drammaturgo amico di Goethe, il meglio della letteratura mondiale. Reciteremo noi.

“Lo spettacolo lo faremo nel giardino del ristorante Brenta, là in fondo alla via Quarnero”.

Detto fatto tutti al lavoro con la loro parte da recitare o con incarichi organizzativi. Anche il Nuccio ebbe la sua, molto semplice ma necessaria. Lo sapevano tutti coloro che frequentavano il negozio del ciclista dove il ragazzo faceva da apprendista. Lo sentivano di continuo urlare con diverse intonazioni di voce la frase “ Un bambino…. sciagurata!!!”. Era tutto quello che entrando in scena doveva pronunciare rivolgendosi alla sorella.

Inutile dire che il poveretto quando venne il momento sul palco rimase confuso, semi paralizzato. nonostante i solleciti del suggeritore il quale quasi gridava per farsi sentire. Inutilmente.

Così il momento più alto di coinvolgimento emotivo del pubblico finì tra le generali risate.

Chissà come ricorderanno quelle strane lontane vicende i pochi personaggi del CLUB tuttora in vita. Nel lavoro e nelle professioni tutti ebbero ad eccellere. A cominciare del presidente dottor Giovanni Ferrario per lunghi anni molto apprezzato medico a Malnate.

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