Era una situazione assolutamente eccezionale quella cui si trovava ad aprile di quest’anno l’area di Malpensa: durante la drammatica prima fase dell’attacco del Covid, infatti, erano molto poche le autovetture circolanti; molte attività industriali erano ferme; molto limitato era il traffico aereo. Per la prima volta poteva monitorarsi quello che poteva essere l’ambiente più ideale per la vita di tutti coloro che abitavano quel contesto territoriale. Era stata quindi molto intelligente e tempestiva, secondo me, la richiesta del comitato Salviamo la Brughiera e di altri per un’analisi delle condizioni ambientali.
Ho aderito a questa istanza e ho scritto ad ARPA e per conoscenza all’Assessore alla tutela ambientale della Regione Lombardia, per chiedere loro di compiere un monitoraggio minuzioso, capillare e preciso sui livelli dei gas inquinanti presenti dentro e intorno all’aeroporto (NOX, SO2, PM10, PM2,5, benzene, CO2 O3 ecc.).
Arpa Lombardia non mi ha risposto per lettera ma ha affermato, tramite stampa, che in quel periodo, condurre una campagna di rilevamento della qualità dell’aria, finalizzata al monitoraggio di una singola sorgente, sarebbe stato poco significativo in quanto i provvedimenti di limitazione delle attività assunti per limitare la diffusione del Covid-19, avevano determinato la variazione di una pluralità di sorgenti tra cui, in particolare, una forte riduzione dei trasporti su strada e delle attività industriali. L’agenzia aveva aggiunto che le concentrazioni di inquinanti in un sito dipendono dall’insieme delle sorgenti presenti nel bacino, che si mescolano e interagiscono, e non solamente da una singola sorgente. Non si sarebbero potute distinguere eventuali riduzioni connesse alla variazione di una fonte rispetto alle altre. Ciò era tanto più vero nel caso in esame, in cui già in passato le campagne di monitoraggio non avevano permesso, vista la natura delle emissioni, di distinguere l’apporto delle attività aeroportuali da quello delle altre sorgenti presenti nel territorio. Arpa poi ha ricordato che presso la stazione di monitoraggio della qualità dell’aria sita a Ferno erano proseguite regolarmente le attività di misura degli inquinanti. Volta che, avevo letto questa dichiarazione, davo per scontato che Arpa non avrebbe, con mio disappunto, fatto una attività speciale di campionamento dell’aria. Con mia sorpresa poco tempo fa sono invece stato informato dagli organi di stampa, che Arpa Lombardia e il Presidente dell’Agenzia Ambientale hanno inviato una relazione sugli effetti del lockdown, nell’area di Malpensa, ai sindaci dei comuni interessati. “L’analisi effettuata – spiega lo studio – non ha rilevato differenze significative tra gli andamenti degli inquinanti a Ferno e quelli rilevati a Milano e nelle stazioni delle province di Milano e Varese. In generale, quindi, gli effetti maggiori del lockdown non sono però stati rilevati a Ferno, ma in altre stazioni, in particolare quelle stazioni da traffico poste in prossimità di strade normalmente interessate da intenso transito veicolare. Questo esito è in linea con i risultati dei precedenti studi ed approfondimenti: nonostante le emissioni aeree ed aeroportuali nel loro insieme – a scala regionale o di bacino – possano non essere trascurabili, in particolare per gli ossidi di azoto, il loro impatto a livello locale per gli inquinanti normati non si distingue dall’impatto di tutte le altre fonti presenti. Allo stesso modo, durante il lockdown l’assenza di questa sorgente determina a livello locale effetti meno pronunciati o comunque non distinguibili rispetto a quelli determinati dalla riduzione di altre sorgenti, in primis il traffico veicolare.
In primo luogo già sapevo dell’esito di uno studio di ASL che faceva presente il grande inquinamento delle autovetture nell’aria, che era più consistente di quello provocato dagli aerei. Ho protestato profondamente nei confronti di Arpa Lombardia che dovrebbe essere, secondo me, pronta ad adoperarsi per monitorare le condizioni di inquinamento fatte presenti da coloro che operano all’interno di un’area territoriale e non solo delle istituzioni. Ho fatto presente il mio disappunto nei confronti di Arpa perché, malgrado io mi sia interessato con l’Associazione che rappresento, della situazione, non sia stato tra coloro che hanno ricevuto la relazione sull’inquinamento nel periodo di pandemia, che è stato solo consegnato ai sindaci dei comuni di: Somma Lombardo, Casorate Sempione, Cardano al Campo, Samarate, Ferno, Golasecca, Lonate Pozzolo, Vizzola Ticino e Arsago Seprio e all’assessore regionale all’Ambiente e Clima, Raffaele Cattaneo. Non vorrei che Arpa Lombardia, avendo diffuso solo adesso questi dati, che ribadisco erano già conosciuti, non abbia voluto mettere delle difficoltà all’attuazione del progetto Bridge (che comportava lo spostamento dei voli di Linate a Malpensa) che avrebbe comportato una maggiore circolazione di automezzi in una zona già fortemente inquinata.
Arpa Lombardia allora lavora per i cittadini o per le istituzioni?
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