È una bella mattinata di novembre: un raffinato raggio di sole, del tutto indifferente al corso della stagione, brilla sullo schermo del mio computer, le cui pagine ancora bianche mi sfidano a trovare parole per ripercorrere i fatti della settimana trascorsa. Vorrei farlo con cura, evocando momenti che il tempo non ha ancora stemperato. C’è il fatale diaframma del bene e del male che tiene separati questi fatti e io vorrei unificarli in una vitale comunione, ma non riesco. Non trovo fatti di Vangelo: solo odio, violenza, contrapposizioni, menzogne, ampliati dalla sboccata superficialità dei social. Eppure anche in questi avvenimenti è nascosta la perla preziosa del bene compiuto da donne e uomini che con le loro mani aiutano il Signore della Storia a costruire un mondo migliore. Ciò che ai miei occhi è impossibile, a Lui è possibile.
La pandemia continua a imperversare in tutto il pianeta (ma un amico volontario che vive tra esseri chiamati umani nelle bidonville di Johannesburg mi dice che il virus lì non colpisce!) e anche i paesi che avevano innalzato muri per difendersi dall’invasione di poveri migranti hanno ceduto all’irrompere di questo nascosto pericolo. Covid non fa sconti a nessuno: colpisce più o meno gravemente giovani ed anziani, ricchi e poveri, uomini e donne. I reparti degli ospedali sono al collasso, molti piangono i loro morti. Medici, infermieri, operatori sanitari, volontari sono spossati e continuano a chinarsi sul malato fino allo stremo delle forze. Molti sono vivi grazie al bene sepolto negli animi di questi buoni samaritani. Eppure ci sono coloro che negano la realtà dei fatti, negano ciò che la scienza dimostra e sono altezzosi, sbrigativi e banali: alcuni affermano che il virus provoca una semplice influenza, alcuni che il numero degli asintomatici è gonfiato a proposito per permettere al personale sanitario di essere pagato lautamente e c’è pure chi strombazza che il virus non esiste.
Di fronte a tante sciocchezze, a tanta arroganza ostentata, colui che pensa sente la necessità di udire proposte serie, argomentate e sostanziose. È questo il bagno purificatorio dell’intelligenza di cui sentiamo il bisogno per combattere le sguaiataggini e le vacuità di tanti insolenti.
“Dove andremo a finire?” si chiedono in molti. L’Apocalisse, che non vuole dimostrarci quando e quale sarà la fine del mondo, che non ci propone un pessimismo soffocante, ci invita a lottare in un presente aspro e a tenere alta la fiaccola della speranza. Siamo noi, sono io a dover prendere Dio come lui esige. Vivere è anche questo: lasciarsi dietro fardelli che defraudano la verità.
Chi deve provvedere a combattere la pandemia ha dato la stura a norme per evitare il contagio. Ora attendiamo che venga l’ora dei frutti e non, soltanto, quella della dichiarazione di principio. Nella precarietà dei giorni, governo e regioni, maggioranza e minoranza, perfino uno sparuto gruppo all’interno dell’esecutivo sono entrati in uno stato di continua conflittualità. Dal fondo del vivere, in cui molti agognano la concordia, abbiamo assistito a scenari di politici che credono di ricevere il loro bottino di voti usando il culto della protesta o del qualunquismo e in questo clima abbiamo scoperto il marciume che emanano certi palazzi del potere lombardo e varesino. I protagonisti della violenza – con la complicità delle frange estreme, delle mafie, dei lavoratori in nero, degli evasori fiscali – sono scesi in piazza per surriscaldare gli animi, per manifestare le pulsioni più basse, per fracassare vetrine dei commercianti che loro stessi affermano di voler difendere. I novelli Masanielli gridano “libertà”, oltraggiando questa parola che è tensione per acquisire condizioni migliori, per resistere al male, per unire tutti nella fraternità. Sarebbe questa l’ora della concordia, della solidarietà e della sobrietà, al contrario molti continuano a far danni maggiori del virus, diffondendo odio, facendo crollare relazioni, riuscendo perfino a ledere l’immagine di politici dediti al bene comune, di scienziati competenti che molti all’estero ci invidiano. La libertà di opinione, se lasciata sola, sconfina nella prevaricazione. Essa deve essere accompagnata dalla responsabilità, valore che fa ci fa uomini.
È capitato anche in Francia. In nome della libertà d’espressione, in nome della laicità. Un professore di educazione civica e di morale ha ritenuto giusto mostrare una caricatura del profeta Maometto per illustrare la sua lezione. Perché proprio quelle immagini? Quale apprendimento si pensa di proporre nel far vedere immagini offensive di Maometto, il profeta dell’Islam? Non si poteva trovare un’immagine meno offensiva? Non si poteva rendere consapevoli quei ragazzi che ogni religione deve essere rispettata così come è scritto nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo? Laicità significa forse offendere chi ha una fede? Laicità è sinonimo di agnosticismo? Quel professore è stato decapitato da un fanatico musulmano e i fondamentalismi fanno nascere odio e rancore. Quell’insegnante per i laici (o laicisti?) francesi è diventato un simbolo di libertà e i suoi funerali sono stati degni di un eroe nazionale. Non ci mancava altro che ad esaltare questo prode si accodasse anche il Capo dello Stato, dimenticandosi che è presidente anche dei cittadini islamici!
Alcuni giorni dopo, infatti, a Nizza, un altro integralista islamico ha ucciso in modo vigliacco, imperdonabile e terribile tre fedeli che pregavano in una chiesa cattolica. Quei nostri fratelli sono andati ad aggiungersi alla lunga lista di martiri per la fede: dai monaci trappisti di Tibhirine a p. Hamel. Ciò non permette a chi si professa cattolico a parole di calarsi dall’alto come un avvoltoio su questi testimoni della fede per abbeverarsi al loro sangue versato ancora caldo. Sulla fede non si specula. Essa va, se ricercata e trovata, imitata, ma non abusata a scopi politici.
“Tutto non sarà come prima!”. diciamo spesso in questi giorni. Sì, il mondo cambierà in peggio o in meglio: dipenderà dall’autorevolezza dei governanti, se sapranno indicarci il cammino da percorrere con chiarezza e determinazione, dai cittadini se vivranno nella concordia per ritrovare non la propria convenienza ma il bene di tutti, dalle donne e dagli uomini solidali e generosi verso chi più soffre, se tutti impareremo ad avere uno stile di vita più sobrio, a vivere un po’ più semplicemente per permettere a molti di vivere.
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