Ammettiamolo. Non è facile fare un’informazione seria, corretta e soprattutto utile in un momento come questo. Non è facile parlare di contagi, malattie e purtroppo morti come se fossero statistiche lontane, mentre potrebbero riguardare ognuno di noi, augurandosi che questo avvenga almeno nella forma più benigna.
Non è facile essenzialmente per due ragioni.
La prima è che nel mestiere di chi fa informazione c’è sempre la tendenza ad accentuare i toni, a suscitare emozioni, a provocare un interesse che il più delle volte guarda agli aspetti negativi. Il bene difficilmente fa notizia.
La seconda ragione sta dalla parte di chi fornisce le informazioni di base, in pratica le pubbliche autorità che raccolgono e diffondono tutti i giorni i bollettini di guerra: tanti contagi, tanti ricoveri, tante vittime. Bollettini che giornali e televisioni riprendono con ostentata neutralità. Eppure ci sarebbe molto da scavare. Quale è la causa maggiore del contagio? A che categoria appartengono e che età hanno i “positivi”? Quanto dura in media un ricovero in ospedale? e quelli in terapia intensiva? E questo solo per fermarsi ai dati.
Ma poi gran parte dello spazio sui giornali e nei talk show è dedicato alle opinioni. I pareri dei virologi, degli epidemiologici, degli esperti in vaccini si affiancano a quelle dei politici, dei sociologi, in fondo dei tuttologi. E così capita che magari nella stessa pagina ci sia il parere di chi dice che il panico è infondato e che, con qualche precauzione in più possiamo continuare la nostra vita normale e di chi afferma che bisogna chiudere tutto per evitare la catastrofe imminente. Probabilmente hanno in qualche modo ragione gli uni e gli altri, ma soprattutto ha ragione il lettore quando chiude il giornale e si ritrova con tanta tristezza e qualche paura.
In una fase indubbiamente difficile e drammatica come questa sarebbe necessario avere fiducia, oltre che nei medici a cui va la massima stima per quanto stanno facendo, in una politica capace di risposte in grado se non di risolvere almeno di affrontare nella maniera giusta i problemi. Invece ci troviamo di fronte a un vice-ministro della Salute che candidamente afferma di non conoscere i dati in base ai quali sono state prese le ultime decisioni. Così come ci troviamo di fronte ad esponenti della maggioranza che contestano le misure adottate dal Governo quando non si era ancora asciugato l’inchiostro della firma del presidente del Consiglio; e con un’opposizione che continua nella sua campagna elettorale permanente in un paese che si trova di fronte alla più grave crisi economica e sociale della sua storia.
E così con una pandemia ormai estesa a tutto il paese si continua a ripetere che la Lombardia ha il più alto numero di contagi, senza ricordare che ha anche il più alto numero di abitanti. Ogni tanto fa capolino anche qualche percentuale, ma quando i numeri possono suffragare un giudizio politico li si utilizzano strumentalmente (anche se ci sarebbero tanti motivi per criticare la gestione della sanità lombarda, con la progressiva emarginazione negli ultimi anni della medicina di base e con il mancato adeguamento degli ospedali e delle terapie intensive di fronte ad una seconda ondata che tutti davano per certa anche se più in là nel tempo).
Resta il fatto che l’informazione ha vita difficile quando i dati ufficiali sono parziali e incompleti, quando i giudizi degli esperti sono altrettanto sommari quanto soggettivi e quando la politica risponde più ai sondaggi che alle vere esigenze dei cittadini. Non a caso si è parlato di “infodemia”, una pandemia che ha coinvolto un’informazione che ha perso di vista la necessità di aiutare a compiere le scelte individuali e politiche. Dopo duemila anni possiamo ancora ripetere l’auspicio di Virgilio: Felix qui potuit rerum cognoscere causas. (Felice chi ha potuto conoscere le cause delle cose). E aggiungeva: e mettersi sotto i piedi il fato e le paure.
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