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Libriamo

INDOVINALA GRILLI

DEDO ROSSI - 30/10/2020

articolo-29Durante la stesura del testo della Costituzione, il deputato comunista varesino Giovanni Grilli sfida Togliatti e impedisce che la definizione di “matrimonio indissolubile” entri nel testo della Costituzione.

A raccontare questo episodio era stato Umberto Terracini, allora presidente dell’Assemblea Costituente, in un libro-intervista dal titolo “Come nacque la Costituzione” a cura di Pasquale Balsamo, edito da Editori Riuniti, negli anni settanta.

Ma procediamo per gradi, nel ricordare questa storia dal finale a sorpresa.

Di Giovanni Grilli abbiamo avuto modo di scrivere recentemente sul numero del 2 ottobre 2020 di RMF on line, ricordandone la figura di parlamentare e di storico (suo il testo “Como e Varese, nella storia della Lombardia”) e ricordando anche il suo impegno nel Partito Comunista a Varese e a Roma. Curiosando poi tra le carte, grazie alla preziosa (e appassionata) segnalazione di Cecilia Gregolato tramite Ambrogio Vaghi, è emersa la storia che qui raccontiamo.

Nella stesura del testo relativo all’articolo 29 della Costituzione originariamente si era parlato di “matrimonio indissolubile” come fondamento della famiglia. Il testo originale messo a punto dalla Commissione diceva infatti così: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio indissolubile”. È evidente come quell’aggettivo non fosse marginale. Erano in campo due visioni diverse della famiglia. E non erano differenze di poco conto: quell’ aggettivo avrebbe inserito proprio nella Costituzione l’impossibilità del divorzio.

E qui – raccontano le carte – il deputato Grilli presenta a sorpresa un emendamento per togliere l’aggettivo tanto discusso. E nel fare questo vìola la rigida disciplina di partito, approfittando strategicamente di un momento in cui erano numerose le assenze (ben 175) soprattutto nel gruppo democristiano e del Partito dell’Uomo Qualunque. Così infatti Umberto Terracini, uomo di punta del Partito Comunista e allora Presidente dell’Assemblea, ricorda questo episodio: “Questo compagno, modesto ma irriducibile nelle sue convinzioni, seppe cogliere al volo una grande occasione per compiere un’affermazione di principio. Il compagno Togliatti non era entusiasta, non era inizialmente favorevole alla presentazione di quell’emendamento, perché voleva ancora evitare l’urto frontale con la Democrazia Cristiana e con il Vaticano”.

Il testo definitivo dell’articolo 29 recita: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.

Ed ecco il colpo di scena: il Grilli citato da Terracini come autore di quell’emendamento non era il “nostro” Giovanni Grilli, comunista, varesino. Non c’è stata nessuna sfida a Togliatti, il grande leader, nessun colpo di mano, nessuna violazione della linea ufficiale del partito, nessuna orgogliosa richiesta di autonomia di giudizio. Niente di tutto questo: semplicemente perché il Grilli autore dell’emendamento in questione era un altro, un omonimo Grilli, di nome Umberto, deputato aderente al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, nato dalla scissione del Partito Socialista ad opera di Saragat. Era questo, infatti, l’unico Grilli che faceva parte dei Costituenti. Il “nostro” Grilli, a quel tempo non era ancora stato eletto in Parlamento.

Umberto Grilli nato nel 1882, avvocato già eletto nel 1919 e poi nel 1946, grossetano trasferitosi poi in Piemonte, morto nel 1951, era stata una figura di spicco del socialismo toscano. Anticlericale, da sempre attivo sul fronte antifascista tanto da vedersi sfasciato più volte l’ ufficio dalle squadracce fasciste, era stato lui l’autore del colpo di spugna sull’aggettivo tanto discusso.

Come era nato l’equivoco e l’attribuzione al “nostro” Grilli di quell’importante intervento non è però ben chiaro. Il caso di omonimia era stato smascherato dal giovane ricercatore Lorenzo Cinatti nel 1994 nel corso di un convegno a Bologna e raccontato da Serena Zoli sul “Corriere della sera” nell’ottobre dello stesso anno. Come era stato possibile questo errore? Mancanza di verifica delle fonti? D’altronde come mettere in dubbio una dichiarazione di Terracini, ripresa successivamente anche da Nilde Iotti?.

“Crolla il piccolo mito del comunista che osa andare contro il suo grande capo” ebbe a scrivere lo storico Paul Ginsborg.

Morto nel 1951 l’avvocato Umberto Grilli, il vero autore dell’emendamento, la cosa era finita nel dimenticatoio. Perché questo silenzio? Sostiene malignamente qualcuno: la notizia falsa non fu smentita né dallo stesso Giovanni Grilli né da Togliatti perché questa immagine di tolleranza rispetto alle idee personali di un uomo (sia pur “modesto”) del partito poteva essere positiva.

Ma forse pensiamo: più semplicemente, non vi era stata alcuna smentita perché di questa piccola storia non interessava ormai più niente a nessuno.

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