“Provo lo stesso orrore dei campi di sterminio per lo sterminio dei campi” così scriveva Andrea Zanzotto uno dei poeti italiani più grandi del secolo scorso, sullo scempio che la civiltà dello spreco ha prodotto nell’ambiente in cui vive.
Negli ultimi cento anni circa la metà del patrimonio di boschi e foreste del mondo è andato distrutto, molte specie faunistiche sono a rischio di estinzione. Ed è solo ed esclusivamente colpa dell’uomo, delle sue guerre inutili, della sua ingordigia atavica, delle speculazioni edilizie, del proprio antropocentrismo. In questi giorni tra la minaccia di un nuovo lockdown, tra coprifuoco e sconcertanti DPCM, per contenere l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19, risulta evidente che il problema ancora una volta è umano. E in questi giorni rifletto profondamente se c’è qualcosa che dobbiamo imparare da questa nuova restrizione di libertà individuali e distanziamento sociale. Un virus che risparmia la Natura e gli animali preservando l’ambiente non è qualcosa di incredibile? Come se una misteriosa mente di Gaia abbia generato un nuovo pensiero ecologico per la propria sussistenza a difesa del Pianeta già boccheggiante per catastrofi naturali senza precedenti. Un nuovo pensiero di sviluppo sostenibile infatti è emerso dallo stare in casa forzato, è cioè che in abitazioni provviste di un giardino o di un po’ di verde si vive meglio. Sono sempre più convinto che gli uomini di questo secolo possano essere e ricordati per due grandi cose, la prima per le opere grandi o piccole da loro compiute, la seconda, per come si sono battuti a difendere il territorio in cui hanno vissuto.
Anche a Varese, dunque ben vengano i dibattiti portati in luce da Costante Portatadino, con le brillanti osservazioni su come dovremo muoverci in futuro, e dell’amico Dedo Rossi, e di tutti quelli che vogliono il governo della comunità e non solo per farne un libro di sogni. Scrivo questo pezzo davanti al lago in un posto davvero incantevole, in una cascina riattata del 1859, dove fanno da splendida cornice piante selvatiche prati miracolosamente verdi e senza interruzione, gazze, pettirossi, cornacchie, passeri, e verdoni e lo sguardo vola nello spicchio di azzurro del lago, come un quadro di alberi di Ciaurro o del nostro migliore Pedretti. E vedo i cipressi che da Bodio alti e schietti scendono dalla collina in duplice filar come giganti giovinetti davanti a sua maestà il Rosa tanto per citare Carducci e Morselli insieme. E tutto questo a due passi dal centro città. Certo mi sento un privilegiato, e quasi me ne vergogno, ma gli amici ambientalisti sanno quanto abbiamo lottato per difendere questo lembo di Paradiso prealpino. C’era chi, amministratori inclusi, voleva farlo diventare l’ennesimo scempio di villette a schiera, con palazzinari senza scrupoli, cabalisti del profitto, folli immobiliaristi che qui intorno ancora vorrebbero violentare e speculare quel che rimane della “Città Giardino”.
Chissà perché i politici contano più dei poeti, l’ho detto anche agli amici di fronte allo scempio della copertura della pista di atletica a Calcinate degli Orrigoni. Lo ha detto anche il Papa nella sua Enciclica che analizza in maniera profonda e dettagliata le cause della crisi che sta attraversando il pianeta e propone di cogliere l’occasione per costruire un mondo nuovo, i cui fondamenti e progetti rispondano al principio dell’amore e il rispetto verso l’ambiente che ci ospita in questo breve passaggio chiamato vita. E per una società più giusta, più vera, più bella.
Nella splendida Enciclica “Fratelli tutti” Papa Francesco affronta tutte le tematiche che sono causa di conflitti sociali tra le altre, l’immigrazione climatica, la mancanza di lavoro, la disponibilità alimentare, l’utilitarismo economico, la speculazione finanziaria, le nuove e vecchie schiavitù, le ideologie xenofobe e razziste, la cultura dello scarto, ma anche lo sfruttamento e il depauperamento delle risorse naturali, la cancellazione di boschi e foreste e con esse anche di specie e culture. Per dare una soluzione solida e duratura a questi problemi, il Papa rivolge un pressante invito a modificare radicalmente i fondamenti del sistema economico e sociale. Gli obiettivi da perseguire sono chiari ma soprattutto la condivisione delle ricchezze del pianeta che favoriscono la pratica dell’inclusione e della cultura del dono. Il danaro deve essere un mezzo per realizzare questa rivoluzione, ricchezza e potere non vanno d’accordo con il Regno dei cieli, eppure la parola di Bergoglio parla chiaro, rispetto per l’uomo e per l’ambiente. E basta fare un giro in aliante in un giorno terso per capire di quanto anche qui poco sia stato rispettato soprattutto intorno al lago di Varese. Come l’eco mostro di Gavirate voluto dagli australiani per i canottieri che ha sostituito il camping, facendo una colata di cemento, tra gli altri, senza precedenti in un polmone verde di fauna aviaria e flora prealpina. Stendhal aveva scritto “se avete una camicia e un pezzo di cuore barattatelo con il lungolago di Gavirate”… oggi lo scrittore francese passando di qui volgerebbe il capo con orrore.
Ci voleva una Amministrazione come quella di Galimberti per buttar giù aree dismesse e creare una po’ d’aria pulita in via Carcano, che durerà poco certo, ma almeno si è dato una parvenza che si vuole fare qualcosa di quello che le elezioni hanno promesso. Ci fossero due alberi, dei parcheggi, e non altri quartieri dormitori si respirerebbe un po’ e questo davvero può fare la differenza tra questa o quella amministrazione. Forse i signori costruttori, i signori architetti, i signori ingegneri, i signori geometri, i signori immobiliaristi, non la conoscono questa differenza, perché ciascuno di noi pensa al proprio orticello, ma se avessimo tutti quel pezzettino di verde che ci spetta allora faremo del mondo un grande immenso fiorito. In pochi sanno che da qui a Gallarate più di seimila unità abitative sfitte, invendute, disabitate, farebbero una altra città costruita per i fantasmi.
E noi difendendo i nostri interessi di questo e di quel campanile abbiamo fatto del nostro territorio prealpino un gruviera orribile infierendo sui campi e i giardini, lasciando cicatrici insanabili sul territorio. Caro Costante, per un nuovo pensiero di sviluppo sostenibile e di viabilità vanno cambiate le regole!
E che dire delle strade: sapete quanti morti ogni anno, senza contare handicappati e feriti che restano sul selciato di strade e autostrade? Molti di più che le vittime del Covid-19 o dei campi di sterminio: un vero e proprio olocausto innalzato sull’altare della “modernità”. Per costruire strade abbiamo forato colline, scavato gallerie, distrutto campagne, innalzato ponti e viadotti, senza mai risolvere il problema del traffico e dell’inquinamento anzi peggiorandoli. Perché l’equazione è: più strade, più macchine, più inquinamento, più veleni e più morti. Chi non ha avuto in famiglia un lutto o un ferito grave dovuto a incidenti della strada? Certo è una provocazione per dire facciamo qualcosa e facciamolo presto.? E ci è voluto un nemico invisibile, della grandezza di pochi Angstrom a farci capire che non esiste viabilità salvifica, e a rinverdire il pianeta, e a mettere paura agli uomini, a immobilizzarli, a farli smettere per qualche mese a distruggere la Terra con la globalizzante bulimica del profitto e del consumo. Si può fare tutto, costruire sul costruito, demolire i vecchi obbrobri e ricostruire anche grattacieli se indispensabili, ma anche lasciare vuoti e green agli spazi di cui l’uomo ha bisogno quotidianamente per vivere. Se difendiamo l’ambiente difenderemo anche l’uomo che ci vive, e il Dio di Spinoza e di Einstein racchiuso nella bellezza di un fiore o di un prato. Poi possiamo fare tutto quello che vogliamo, ma dove dobbiamo vivere dobbiamo avere anche lo spazio per farlo, senza più infierire sui prati del territorio. E in un luogo che viene chiamato “Città Giardino” e che vanta da secoli una tradizione di bellezza e di benessere dobbiamo imparare dagli alberi e dai giardini, e andate a dirlo agli incivili che bivaccano in Piazza Repubblica che ne hanno fatto un orinatoio e luogo di spaccio. E non solo degli immigrati, ultimo anello debole di una catena debolissima, ma di chi non conosce il vivere civile e il rispetto degli altri. È venuto il momento dove bisogna riflettere con la lentezza di un grande pensiero, innovatore e costruttivo, perché la vita è nelle nostre mani. Quindi ben vengano le suggestioni del dibattito di RMFonline, perché niente è più vero di questo, come è grande dello spettacolo della natura, perché è irraggiungibile e inimitabile e i nostri figli ci ricorderanno per qualcosa per cui è valsa la pena vivere. Il premio Nobel a Louise Gluck lo dimostra e conferma che la Poesia, non la politica, può ancora salvare il mondo.
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