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Lettera alla città

GRANDE OCCASIONE

FRANCO BRUSCHI - 30/10/2020

scuolaPrende corpo, con questo numero, una nuova rubrica: “Lettera alla città”. Intende essere una risposta all’auspicio formulato dal Prevosto, monsignor Panighetti, con l’intervento qui pubblicato il 15 ottobre scorso (“Che il bene sia davvero comune”). L’invito a contribuire al dialogo è stato raccolto per primo dal professor Franco Bruschi. Eccolo.

 

“La scuola è ricominciata da più di un mese, all’inizio del nuovo anno di studio il gruppo “Lettera alla città” ha proposto una lettera aperta a insegnanti e genitori con l’intento di esprimere delle valutazioni e offrire dei suggerimenti sul problema educativo in occasione della ripresa della scuola in una circostanza così drammatica come quella della pandemia.

Nella “Lettera aperta a insegnanti e genitori” (pubblicata su Varese7press nel numero dell’ 11 abbiamo sottolineato l’urgenza di questi tempi di porsi nel rapporto coi ragazzi, in classe e in ogni ambito educativo con una rinnovata decisione e responsabilità ripartendo dalla propria esperienza umana, dai desideri e dalle attese del proprio cuore e dall’esigenza di felicità e di senso della vita. L’esperienza della pandemia, infatti, ha reso e continua a rendere drammatico e urgente l’affronto delle grandi domande dell’uomo, in particolare dei più giovani. Non c’è più tempo per aspettare, per tirare a campare in una scuola che non c’entra con la vita e col dramma dell’uomo. Faccio notare che la pandemia ha semplicemente reso evidente ed urgente la riscoperta del compito educativo della scuola. A tale proposito mi appare attuale e indicativa la conclusione della mail che scrivevo all’inizio dell’anno scolastico 2010: “Dobbiamo farci una promessa: da questo momento qualunque cosa accada, qualunque cosa ci diciamo, leggiamo studiano, dobbiamo chiederci: “Cosa c’entra con la mia vita, con le domande della mia vita? Dietro una poesia, dietro una pittura ci sta l’umanità di chi l’ha scritta, di chi l’ha dipinta, dobbiamo aiutarci a capire cosa dice quel genio della sua umanità attraverso quel testo, quel quadro e dobbiamo giudicarlo chiedendoci sempre: cosa dice a me? Cosa dice al mio cuore, alle mie esigenze, alle mie domande? Questo è fare scuola”.

Questa è la sfida di sempre, quella di una scuola​ che c’entri con la vita degli studenti, che susciti, “tiri fuori” i desideri e le domande del loro cuore e inizi o continui un cammino, un’avventura alla ricerca, alla scoperta delle risposte. Ma perché questo accada occorrono degli adulti che vivano in prima persona queste domande e facciano una proposta precisa ai ragazzi: tutto quello che ci diciamo, facciamo e studiamo deve centrare con quelle grandi domande.

Mi scriveva una mia ex alunna: “Se il nostro desiderio è così grande e illimitato perché nessuno ne parla?” Questa domanda, questo grido rivolto a noi adulti, esprime l’esigenza di una educazione e di una scuola come introduzione al senso, al significato della realtà, come scoperta del bello, del vero, del giusto, del bene, non semplicemente una scuola che si limita a fornire competenze, abilità, strumenti, una scuola in cui avvenga l’incontro fra l’umanità, l’esperienza dell’insegnante e la domanda, le attese dello studente. Occorre una scuola di umanità in cui possa accadere l’incontro con qualcuno che ti dice: “Non puoi negare che il volto della persona amata ti attiri, ti faccia sentire amato e susciti in te un desiderio infinito di amare, che la bellezza del cielo stellato ti affascini, che offrire o ricevere un gesto di gratuità ti colpisca, che perdonare e essere perdonato sia quel che più desideri, che il sorriso di un bimbo o la voglia di vivere di una persona anziana o malata ti apra il cuore alla speranza”.

Ecco allora l’urgenza di questi nostri giorni drammatici: l’educazione, che sia in grado di sostenere uno sguardo semplice, leale sulla realtà, prima di tutto su di sé, che aiuti ad andare al fondo del reale, per scoprire il mistero profondo che l’origina e lo sostiene, quel “più in là” di cui parla una celebre poesia di Montale.

Ma ripeto perché questo accada occorre che ci siano adulti che vivano in prima persona la domanda di senso, di significato, di bello, di vero e di bene presente in loro e che giochino questa domanda nei rapporti e in quello che insegnano.

L’insegnamento è una grande occasione. Mi viene in mente un esempio tratto dalla mia esperienza educativa: quando parlo della poesia di Giovanni Pascoli, leggo sempre una poesia poco conosciuta intitolata “In cammino”. In quel testo Pascoli evoca l’uomo che cammina nella notte, nella nebbia ed è tentato di disperazione, di interrompere il suo cammino, di dire che la luce, il bello e il vero non esistono, che tutta la vita dell’uomo è avvolta dalle tenebre del non senso e finisce nel nulla. Ma improvvisamente il grido di uno stormo di gru che volano sopra la nebbia lo induce a pensare che più in alto, oltre la nebbia, c’è il cielo stellato, allora riprende il cammino, seguendo quel suono che svanisce in lontananza. Il cuore dell’uomo segue quel suono che squarcia la nebbia e si perde “laggiù” e sogna le stelle che brillano più in alto, segno e richiamo certo di un destino buono e luminoso, di una promessa di felicità.

Concludo la mia spiegazione ai ragazzi dicendo che questa è la conferma che il poeta è sempre profeta del desiderio dell’uomo, infatti non riesce a negare la promessa o la domanda di una positività, malgrado le sue scelte, le sue idee, malgrado le circostanze drammatiche della propria vita e della storia. Mi sembra un chiaro esempio di quello che i ragazzi chiedono agli insegnanti, soprattutto in questi tempi.

In conclusione mi sorgono alcune domande: la circostanza drammatica della pandemia ci ha spinti ad affrontare e a dare una risposta all’emergenza educativa che stiamo vivendo? Il primo mese di scuola, con la circostanza della pandemia che ha preso di nuovo vigore, con tutto ciò che questo comporta, ci ha spinti a riprendere e rivivere il significato profondo dell’esperienza educativa, a partire dalle nostre grandi domande? Quali sono state le scoperte nell’incontro coi ragazzi? Come continuare rinvigorire questo cammino?

Trovo che le domande poste dal prof. Bruschi siano pertinenti alla situazione attuale e nello stesso tempo essenziali. Possono essere uno spunto interessante per prossimi interventi, così come nulla vieta che se ne pongano altre o che si affrontino temi di carattere organizzativo e strutturale.

Ringraziando il professor Bruschi per aver rotto il ghiaccio ed aver aiutato l’inizio del dialogo, chiarisco che il compito del sottoscritto sarà abitualmente, per il futuro, solo redazionale. Solleciterò ed eventualmente coordinerò gli interventi di chiunque vorrà partecipare, insegnante, studente o responsabile istituzionale. Nella sua versione radiofonica RMF ha già iniziato lo stesso percorso nostro, proponendo un dibattito sulla situazione attuale, presenti il prof. Giuseppe Carcano, dirigente dell’Ufficio Scolastico territoriale, il prof. Salvatore Consolo, preside del Liceo Classico Cairoli, don Matteo Missora, responsabile della pastorale giovanile e il professor Franco Bruschi, coordinati dal giornalista Enrico Castelli che curerà la rubrica con ritmo mensile. La trasmissione può essere riascoltata sul nostro sito. Ecco il link diretto: https://bit.ly/35yozff .

Costante Portatadino

Prossimi contributi al dibattito su RMFonline si raccolgono a questo indirizzo Lettera.alla.citta@gmail.com

 

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