Morale – Etica: due termini diversi che spesso vengono unificati nel significato. Sono coerenti, vicini ma non uguali.
Le nostre attività devono rispondere ai loro canoni ma in modo diverso in funzione della attività stessa. Nella economia, nella amministrazione di un ente, di un comune, di una azienda, di una banca e così via sono – o meglio dovrebbero essere – presenti entrambi, ma con utilizzo diverso. In politica spesso sono un intralcio, ma l’uomo che li rispetta diventa figura paradigmatica; troppo spesso però il successo premia chi li calpesta, come ad esempio i tiranni, i così detti uomini forti, che arrivano alla soppressione degli avversari.
Ci sono enti che per il loro agire considerano più importante l’etica professionale rispetto alla morale; in altri invece ci si basa più sulla morale, ovviamente anche qui senza trascurare l’etica stessa. Nello svolgimento della nostra vita per essere onesti si deve saper utilizzare entrambi.
Nella sanità, che nella nostra società è a gestione pubblica e privata, sia l’etica che la morale devono essere molto presenti, vissute con molta sensibilità ma in modo diverso: la privata non può, nella sua eticità, non avere bilanci positivi o almeno in pareggio nella ipotesi peggiore, impossibile il deficit. La sanità pubblica, ricevendo il finanziamento da parte dello Stato, ossia della comunità, ha caratteristiche morali ed etiche ben diverse. Determinante per la vita curare bene, ovvio.
Ma perché questa lunga premessa? Perché la durissima esperienza del Covid-19, con la sua capacità di provocare la polmonite interstiziale ben diagnosticabile radiologicamente, ecograficamente, sierologicamente e con cui dobbiamo convivere (nella nostra città in modo piuttosto drammatico in questi giorni), ha rimescolate le carte sia sul piano morale che su quello etico non solo nella gestione della salute, ma anche in tutti gli aspetti della vita, per cui è importante mantenere attiva l’economia in tutti i suoi campi, mantenere viva l’istruzione, le possibilità lavorative, le assistenze sociali e altro.
Difficilissime le decisioni che gli apicali della Regione, dei Comuni e degli Ospedali hanno dovuto e devono prendere. Veramente complicato dare regole sicure e nel contempo rispettare necessità psicologiche, affettive, economiche ed altro, tutte influenti pesantemente sulla qualità della vita ma anche sulla vita stessa. Si crea una realtà difficile in cui le esigenze di terapie delle altre patologie appaiono schiacciate dalla prepotenza del virus SARS-CoV2.
Per inciso sorvoliamo sul gravissimo problema delle troppo lunghe liste d’attesa provocate dalla pandemia, fenomeno che potrebbe fare scattare addirittura il reato di interruzione di pubblico servizio.
Siamo nell’era della “intelligenza artificiale” già ipotizzata nel suo inizio negli anni 60 del secolo scorso ma con sviluppo esponenziale negli ultimi decenni. In molte università si è creata una disciplina apposita per studiare e realizzare questa intelligenza, diciamo “meccanica”, che ha come fondamento la matematica in tutti i suoi aspetti e in particolare la statistica, ma con capacità mnemonica, di calcolo, e vien da dire “di pensiero”, incredibile.
Nel mondo economico queste intelligenze vengono utilizzate con successo: lo vediamo nel mondo industriale, nel terziario, e così via. E nel mondo della salute? Senz’altro facoltà universitarie, specialità mediche, Direzioni Sanitarie le usano, ma l’esperienza del Covid-19 ci lascia molto perplessi perché in questo campo i risultati pratici sono dubbi, li vediamo lontani. Purtroppo sono numerosi i fattori che interferiscono; subentrano troppi interessi politici o economici di gruppi ma anche di singoli individui (le inchieste giudiziarie parlano), sfruttando paure, disinformazioni, necessità.
Nella nostra società si stanno commettendo degli errori? L’esperienza passata non ci ha insegnato nulla? Le esperienze delle nuove tecnologie funzionano solo per l‘economia e non per la salute? Non hanno valore per la politica? Era stato proposto il piano Rinascita all’inizio della estate: perché troppe Regioni non l’hanno attuato? (Nei magazzini giacciono centinaia di respiratori. La Ferrari per parecchio tempo li ha fabbricati, pagando poi lo scotto sul piano sportivo). Dati statistici prevedevano una nuova ondata con l’arrivo dei primi freddi. Era ragionevole crederci, ma molti speravano che non si sarebbe avverato? Se sappiamo che certi comportamenti sono rischiosi, perché non li abbiamo evitati? L’intelligenza artificiale certi errori non li commette, perché invece le nostre intelligenze naturali li fanno? L’intelligenza artificiale non ha la libertà che invece la nostra intelligenza ha!
Ci vengono date regole comportamentali per contenere l’epidemia, ma perché non ci vengono detti i dati su cui queste regole appoggiano la loro logica? Sarebbe più facile capirle, crederci, ubbidire. Si capirebbe il significato dei sacrifici chiesti e non verrebbe il sospetto che siano decisioni solo politiche.
E poi, che uno muoia per il virus, che uno muoia per patologie incrociate già esistenti ed esasperate dal virus stesso, il risultato non cambia: la morte è lì. La tragedia infiammatoria della polmonite interstiziale che si scatena a livello alveolare e dei capillari venosi ed arteriosi dei polmoni distrugge più facilmente fisici defedati, mentre può essere superata da fisici più forti, con capacità immunologica più vivace.
Le influenze stagionali sono pericolose per fisici indeboliti ma le polmoniti che sorgono in questi casi sono ben diverse dalla interstiziale provocata dal SARS-CoV2.
Si hanno poi dubbi sui vaccini in realizzazione. Perché fu così complicato isolare il virus nei nostri laboratori ed ora è così difficile realizzare il vaccino mentre sarebbe stato così facile- secondo alcuni- creare il virus?
Purtroppo ora giungono nuove notizie (quanto vere?) secondo cui in Cina sarebbe stato isolato un nuovo virus altrettanto aggressivo. Ma in generale non è immorale e non etico metter in circolo notizie non completamente provate e in contrasto con la logica fredda della “intelligenza artificiale”?
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