Quando un abito è logoro, facilmente si strappa. Basta tenderlo più del dovuto o sentirlo impigliato in un cespuglio. Naturalmente il primo pensiero è di recuperarlo. Allora bisognerà prendere un pezzo di stoffa e cucirlo per richiudere lo strappo. Ma cucendoli insieme, si noterà inevitabilmente che il panno vecchio è diverso dal nuovo quanto al colore, alla lucentezza ed alla robustezza del tessuto. E, seppure non si vorrà far caso alle differenze estetiche, è nell’interesse del vestito vecchio che non venga rammendato con una stoffa nuova. Infatti, al primo lavaggio o alla prima sollecitazione, il vecchio si lacererebbe ancora di più ed andrebbero perduti vestito, toppa e lavoro di cucitura.
Il discorso di Gesù chiarisce il suo atteggiamento critico verso le autorità religiose del suo tempo. La religione difesa dalle autorità era come un vestito vecchio; ma proprio dall’esempio portato si può ben capire che non bisogna voler combinare ciò che è nuovo (la rivelazione di Gesù) con vecchi costumi. In altre parole: non si può ridurre la novità di Gesù alla misura del giudaismo. I discepoli di Giovanni e i farisei non avevano ancora accettato l’idea di essere entrati nel tempo nuovo, inaugurato dalla venuta di Gesù. Sono ancora legati a gesti ormai vuoti, tipici del tempo della attesa. Il tempo nuovo che è arrivato richiede evidentemente comportamenti nuovi, atteggiamenti e spirito diversi. Tradizioni umane divenute leggi non possono trattenere la straripante novità del messaggio e dell’opera di Gesù, il quale non è contro per principio a ciò che è ‘vecchio’. Ciò va evitato è che il passato si imponga sulla novità del presente.
In altre parole, Gesù non è venuto a rattoppare una visione religiosa in difficoltà, né a rappezzare lo strappo creato dalla intransigenza dei farisei e dei dottori della legge con il popolo, da essi guardato con disprezzo, ma a formulare un modo nuovo di stare con Dio, attingendo alla più autentica fede ebraica. La miriade di precetti che avevano finito con l’ingabbiare l’originaria alleanza fra Dio e il suo popolo cedono il passo al primigenio e fondante comandamento dell’amore, che imita l’amore di Cristo e che da lui attinge forza per amare sé stessi e il prossimo. Il rapporto con Dio non è più fondato sul timore, ma sull’amore sponsale: le norme, i precetti, le tradizioni acquistano profondità solo se esprimono questa virtù. È un chiaro invito a ricomprendere sempre il senso di ciò che siamo e che facciamo e riportarlo all’essenziale.
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