L’inizio del quarto concerto per pianoforte in sol maggiore op.58 (1805-1806) di Beethoven si presenta come una meditazione dello strumento solista seguita da un dialogo con l’orchestra: è l’individuo come soggetto della storia dopo il lungo periodo di dominio delle oligarchie feudali e aristocratiche. Mozart doveva ancora render conto della sua attività all’Arcivescovo di Salisburgo ; Haydn vestiva l’uniforme da lacchè come maestro di cappella del Principe Esterhhazy. Beethoven affranca i musicisti dalla dipendenza nei confronti del potere. La musica entra radicalmente nell’era dell’individualità, non ha obblighi verso padroni e ascoltatori, ma solo verso l’umanità e la storia. Il musicista può comporre solo ciò che considera esteticamente e tecnicamente adeguato. Si entra nella modernità quando il compositore inventa nuovi procedimenti di struttura senza preoccuparsi di come verranno percepiti e compresi. L’autore non si sente più obbligato a tener conto delle aspettative dell’ascoltatore. La forma sonata è stata pienamente teorizzata solo nel momento in cui si trasforma (1827). La frattura si esacerba nella seconda metà del XX secolo e si radicalizza con Debussy e Schönberg.
Le prime definizioni ideologiche del Romanticismo si hanno in Germania sul finire del XVIII secolo: per L. Tieck la musica è intesa come espressione della più alta spiritualità ; W.H. Wackenroder la ritiene come l’arte più adatta ad esprimere un senso mistico-religioso. Per Jean Paul (Richter) rivela gli impulsi immediati della vita anteriore attraverso una lotta titanica. Per Novalis spazia nelle più alte sfere dello spirito e sa esprimere l’inesprimibile. Per i romantici è la lingua originale della natura e la supremazia spetta alla musica strumentale, svincolata dall’ibrido connubio con la parola, il suo tema è l’infinito. R. Schumann si rivela un romantico integrale, ribelle ad ogni conservatorismo e filisteismo. Schelling considera la musica come l’arte più spoglia d’elementi corporei (rappresenta il movimento puro staccato dall’oggetto). Per Schopenhauer sa trascendere il mondo fenomenico. Per Hegel solo la musica sa esprimere la pura interiorità che si dà in sé e per sé.
A Parigi si delineano due orientamenti, uno di denuncia e di critica spietata del contesto sociale (romanzo verista) e uno di ritiro dal sociale e di rifugio in un mondo separato di gusti alti e riservati. Al fondo la tendenza a svicolare dal legame con le convenzioni di valore e di comportamento della società borghese con finalità autonome. Il rapporto tra vita e arte si inverte, la vita si estetizza e assume l’arte come suo modello. Il pubblico comincia a sentire nella prassi concertistica il peso della modernità e cerca rifugio tranquillo nei repertori tradizionali, si riscoprono i grandi modelli del passato. Nella Mitteleuropa, con centro a Vienna, la tradizione romantica aveva radici troppo profonde di fronte al movimento turbolento e provocatorio dell’espressionismo. I contenuti di un’arte, che non rinunci alle sue funzioni di guida, non possono essere consolatori e assumono forme terribilmente angosciose; non viene comunque meno per l’artista il dovere della testimonianza (Schönberg fonda nel 1918 una Associazione di amatori della musica contemporanea). Si sviluppa il linguaggio dell’angoscia e si cerca di coinvolgervi il pubblico. Comunque il sistema dodecafonico non è distruttivo: non è scomparsa la capacità di usare il pensiero razionale. Schönberg nutre ancora fiducia nell’umanità e parla come un produttore di miti e propugnatore di valori. Due contesti coevi, ma ben diversi.
Il postmoderno non ha più fiducia nell’avvenire. Crea per l’ascoltatore di oggi, privilegia la ricerca del piacere. Non teme l’impurità della mescolanza degli stili e dei generi. Trae ispirazione dagli stili del passato e moltiplica le citazioni. Tutti gli stili si equivalgono, se le creazioni incontrano il gusto degli ascoltatori. Non esiste più a priori alcuna barriera né censura. È benvenuto il ritorno alla tonalità. Il compositore modernista non concepiva il suo impegno estetico indipendentemente da quello politico (Berio, Boulez, Nono); il postmoderno è alla ricerca di un pubblico da ritrovare. La lunga marcia della modernità musicale non ha portato alla stabilità di un nuovo linguaggio universale, i nuovi atteggiamenti compositivi si definiscono e costruiscono per reazione contro di essa. Argomento in favore di una concezione naturalistica della tonalità è il suo ritorno in grande stile dopo gli eccessi ritenuti inudibili della musica seriale. Con l’emergere del postmoderno si assiste al ritorno di concezioni del fatto musicale che attribuiscono grande rilievo ai sentimenti e agli affetti.
Per quanto concerne la storia della musica Guido Salvetti nella sua trattazione si pone in un quadro di ispirazione adorniana e privilegia il contesto economico-politico; affronta il periodo 1890-1930 in rapporto all’imperialismo, alla polarità Parigi-Vienna-Berlino e al regime fascista in Italia. Difficile è però stabilire legami fra l’economico-sociale, gli stili e i nuovi linguaggi del XX secolo. Il manifestarsi della Scuola di Darmstadt dimostra che alcuni compositori, all’indomani della guerra, dotati di una personalità molto spiccata, incoraggiati dall’ideologia del progresso, si sono posti anzitutto questioni di ordine musicale. Non è comunque il caso di cedere alle sirene del relativismo.
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