“Essere talmente stupidi da non saper pensare che un giorno potresti essere tu quello che si trova a dover fuggire davanti ad un branco di sciacalli, che si sentono leoni solo perché numerosi, e ad aver come unica difesa l’esile palo di un lampione”.
Bruttissima scena mostrata sul Tg1 delle ore 20 del primo giorno di questo triste mese d’ottobre di questo infelice e veramente triste anno 2020.
Anche negli anni attorno al 1920 erano frequenti scene analoghe. Allora le vittime non erano stranieri di colore ma poveri braccianti agricoli e talvolta mutilati di guerra ridotti all’accattonaggio, che venivano così puniti da ex compagni di guerra che non approvavano l’aver accettato l’umiliazione dello stendere la mano per sopravvivere. Scene comunque sempre di tanti contro uno e quest’uno per di più molto debole e impossibilitato alla difesa!
Violenza per risolvere problemi. Violenza per convincere. Violenza invece che confronto di idee. Violenza vigliacca di tanti contro uno, ripeto. Tanti che non sanno pensare di poter diventare loro le vittime al mutare degli eventi, come è successo appunto nel secolo scorso, definito “il breve” ma che ha bevuto tanto sangue senza mai sentirsi sazio, sangue di tutti, anche di quelli del “branco” – termine infelice abusato dai cronisti odierni – diventati a loro volta vittime di atroci vendette.
Le cronache varesine dei giorni scorsi hanno parlato di fenomeni analoghi nelle strade e piazze della nostra città.
Ricordo un qualcosa di simile vissuto una cinquantina d’anni fa nei pressi delle stazioni: un nord africano, nemmeno tanto giovane, scivolato a terra nella fuga, ma l’episodio si risolse perché alcuni passanti si mossero a proteggerlo dicendo: “Andiamo a prendere la nostra dose di pugni”. Sufficiente questo mitissimo gesto per provocare la fuga degli aggressori. Fu sufficiente una possibilità di cambiamento nei rapporti di numero per far fuggire i vigliacchi.
In questi giorni mi è capitata sotto gli occhi la riproduzione di una lettera di Einstein a Freud che chiede allo psicanalista “…. c’è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra?”. Lettera appunto degli anni 20 di un secolo fa. Lo psicanalista si trovò con le spalle al muro e rispose con una lunghissima lettera la cui sintesi era: “La guerra è colpa della natura intrinsecamente aggressiva dell’animo umano” (sono momenti storici riportati in “L’incredibile cena dei fisici quantistici” – romanzo di Gabriella Greison).
Anche Freud non aveva la risposta scientifica che il grande fisico relativista intimamente cercava tanto che, sempre con lettera vergata a mano, richiamò l’attenzione del presidente Roosevelt invitandolo a vegliare su Fermi e Szilard che stavano studiando la bomba atomica, studi di cui si dilettavano anche gli amici di Hitler, che avevano messo le mani sull’uranio dell’allora Cecoslovacchia.
Le risposte al perché di guerre le sappiamo dare tutti e nessuno, anche perché la violenza è sempre intimamente legata alla vigliaccheria di tanti contro pochi, come detto, di quelli che si sentono sicuri di essere i più forti e di poter impunemente aggredire gli incapaci a difendersi, i miti, come avviene anche nella politica nazionale ed internazionale, ma anche nel mondo economico, nel mondo del lavoro, nel mondo degli affetti.
Ho anche sentito dire che l’idea vincente, il pensiero vincente è quello che sa accettare il contrario: concetto facile da mettere in parole ma difficile da vivere specialmente da parte dei cultori della violenza che pretendono vincente la loro idea, anche spargendo sangue magari in nome di Dio.
Purtroppo quello di creare difficoltà e disgrazia agli altri diventa un problema sociale che spicca nelle aree dove si accumula la miseria, la grande difficoltà a educare i giovani, a assistere i più deboli, a curare gli anziani
Si potrebbe sintetizzare l’atteggiamento dei violenti come “sindrome dell0 squadrismo” dove il manganello viene sostituito dalla pratica delle arti marziali e dal culturismo fisico, che risultano essere micidiali perché riescono ad uccider in pochi minuti. Sindrome che affascina troppi giovani che vivono con l’educazione folle della strada, incapaci di ragionare, consumatori di anabolizzanti, sicuri perché’ si sentono protetti dalla forza dei loro muscoli.
Triste veder uomini che trovano affascinante ciò che genera dolore agli altri.
Triste veder cadere nel vuoto l’esortazione all’amore ripetuta con costanza da Papa Francesco nel suo efficace apostolato, quando si rivolge a governanti, a economisti, a chi ha il dovere di governare. Esortazioni e invocazioni riconfermate con la nuova Enciclica. E mi sembra importante sottolineare come il Messaggio papale sia accolto da minoranze di pacifici intellettuali, da volontari religiosi e civili che parlano con l’esempio dell’azione diretta, spesso più efficace delle parole.
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