Il senso del religioso che abita la coscienza degli artisti del XX secolo è un sentimento riposto, problematico e assai sofferto e appartiene alla sfera privatistica della spiritualità individuale, più che porsi in un rapporto di ideale continuità con la grande tradizione dei secoli precedenti e appartenere alla sfera della ritualità. Significativa è la latitanza di opere destinate alla liturgia. Talora si tratta di una rilettura del messaggio religioso in una dimensione apertamente laica. Vedi ad esempio l’Agnus (1971) di Luciano Berio. Questo vale anche per l’uso dei testi biblici e in particolare dell’Apocalisse nelle opere di Pierre Boulez e Luigi Nono.
Di una vocazione messianica del compositore si può parlare per Arnold Schönberg. L’emancipazione della dissonanza e l’invenzione della dodecafonia sono il riflesso di un progetto complessivo orientato a sottrarre la musica dal regno del bello per dirigersi verso un messaggio di verità. Onde il giudizio di Kandinskij (1952): la totale rinuncia alla bellezza convenzionale, l’amore per tutti mezzi che portano all’espressione dell’io lasciano ancor oggi isolato il compositore viennese Arnold Schönberg: la musica reca in sé un messaggio profetico che rivela una forma di vita più elevata verso cui l’umanità si evolve (Schönberg, 1975). Si intravede facilmente il riflesso di una forte influenza dell’eredità spirituale ebraica. Dietro l’immagine di Mosè nell’opera Moses und Aron (1930-1932) si esprime il conflitto drammatico tra l’eletto che possiede l’idea, ma non può comunicarla e Aronne, che possiede la parola, ma la tradisce nel tradurla in azione.
Emblematica di una soluzione assolutistica del significato musicale, che consiste esclusivamente nei rapporti tran gli elementi costruttivi e formali dell’opera, è la posizione di Igor Stravinskij: io ritengo la musica per sua essenza impossibilitata a esprimere qualsiasi cosa (1935); ma è lo stesso Stravinskij a orientarsi nel preferire un tipo di musica legato al “tempo ontologico”. “Composta alla gloria di Dio” : questa è la dedica che precede la partitura della Sinfonia dei Salmi (1930)per coro e orchestra. La sua è una fede che non conosce tormento, dubbi e ricerche, fede assoluta nella rivelazione (Messa per coro e dieci strumenti a fiato, 1948). Comunque, l’idea della trascendenza per Stravinskij non può stabilirsi sul piano d’espressione di contenuti specifici, ma solo a un livello puramente simbolico.
Per Olivier Messiaen la musica si rivela invece come un mezzo di rappresentazione delle verità teologiche. Considera ogni atto creativo come una forma di esegesi musicale dei misteri della fede. La sua musica non vuole avere alcunché di mistico, nessuna visione personale della divinità, quanto trasmettere le verità della dottrina, mentre tende a formalizzare con estrema accuratezza i materiali e le tecniche del proprio linguaggio e al contempo elabora i procedimenti della serialità integrale. Non usa il suo linguaggio per narrare, drammatizzare o esprimere concetti, bensì verità eterne. Oscura la freccia del tempo, abbandonando la concezione lineare del tempo musicale: passato, presente, futuro convergono in una rappresentazione dell’eternità, in cui il tempo si annulla: nega l’immagine del tempo in movimento progressivo. L’interesse nei confronti delle tematiche della temporalità è modellato dalla fascinazione esercitata dai modelli di pensiero del misticismo orientale (v. anche il caso di Karlheinz Stochhausen).
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