-Caro Mauro, quella volta che…
“Caro Massimo, quella volta ch’ero allo stadio di Masnago, avversario del Varese una squadra meridionale, e dalle gradinate s’intonava il coro ‘Terroni, terroni!’. Espressione allora considerata come minimo di dileggio, se non di sprezzo”.
-E dunque?
“Un giocatore della squadra terrona si ferma, girandosi verso il pubblico, e grida: io sono di Busto Arsizio! Scroscio di risate, e forse anche d’applausi. Non ricordo bene. Guarda come svaporano le fesserie”.
-Dove ci porta quest’amarcord, o ‘ma regordi’, per tradurlo alla bosina?
“Ci porta alla storiaccia dei giorni scorsi, di quel Suarez che passa con truffa l’esame d’italiano a Perugia. Squallore nello squallore”.
-Ovvero?
“Il mondo del calcio è di per sé squallido, per molti aspetti. Abbondano vanagloria, denari, tatuaggi; pacchianerie, esasperazioni, violenze. L’episodio aggiunge un tassello alla malacostruzione”.
-Eppure tu per il calcio avevi passione…
“Sì, da ragazzo. Un mio prozio, l’ho già raccontata, giocava nella Lazio. Inizio Novecento: era Mario detto Nino. Per tradizione familiare divenni tifoso biancazzurro. Ma con distacco. Poi m’accostai al Varese dei tempi d’oro, che dava spettacolo. Infine basta. Il calcio è cambiato in peggio, come molto altro”.
-È così importante che un giocatore sappia l’italiano?
“Non lo è. Sinceramente: pensavo che chiunque potesse militare dappertutto. Senza confini. Libera circolazione dei talenti e dei bidoni. Invece per usare i piedi bisogna conoscere la lingua”.
-Pur se a volte accade il contrario: chi deve adoperare la lingua utilizza i piedi…
“Tipico dello scrivere. Ci sono giornali, e ci sono libri, che propongono cimiteri di svarioni. Un delitto, perché l’italiano va definito con una parola che spiega tutto: eccezionale”.
-La miglior lingua?
“Armoniosa, dotta, versatile. Con depositi di genuinità storico-popolare. Ha avuto interpreti straordinari. Oggi patisce offese a raffica”.
-Grammatica e sintassi fatte a pezzi?
“Anche termini usati a casaccio, senza conoscerne il significato. Errori da matita blu su autorevoli giornali. Contorsionismi dialettici negl’interventi televisivi da parte di chi dovrebbe insegnare come si parla in quanto famoso per come scrive”.
-Trionfa l’asineria?
“Continua a guadagnare posizioni. Si legge poco e male, si comprende peggio. Non si studia, soprattutto. Dico: non si studia per sé, scuola a parte”.
-Pigrizia?
“Superficialità. E anche poco o nessun orgoglio d’appartenere a una comunità lessicale, se così posso definirla, che molti c’invidiano”.
-Invece siamo noi a invidiare gli altri. Tipo: usiamo l’inglese anche quando non è necessario…
“Parafraso Mughini: aborro l’eccesso d’inglesismi. Sono inutili, quando non stupidi. S’arriva al punto di pronunciare all’inglese parole latine. Idiozia totale. Penso a termini come media e plus, tanto per fare un esempio. Stravolti nell’esprimerli”.
-Aboliamo l’inglese?
“Ah, se fosse per me voterei sì. Aboliamolo. Troppo commerciale, rozzo, aspro perfino nella dizione. Assai meglio il francese, lingua nobile”.
-L’inglese è però diventato patrimonio mondiale…
“Quale inglese? Quando Oscar Wilde tornò da un viaggio negli Stati Uniti, gli chiesero quali fossero le differenze con l’Inghilterra. Nessuna, rispose, tranne la lingua”.
-Gli americani, tuttavia, omaggiano spesso il latino. Gli siamo riconoscenti…
“In politica lo usano più di noi. E a ragion veduta. Per esempio: la parola criteria è di frequente citazione per indicare le condizioni necessarie a raggiungere obiettivi. E quando in un’elezione locale un partito conquista il voto per il presidente, la Camera e il Senato, si parla di trifecta”.
-Qualche nome di scrittore, tra le cui pagine attingere acqua d’italiano puro?
“Di bravi ce ne sono un sacco, devo tirare i dadi costretto dalla brevità. E dunque: Vasco Pratolini, Federigo Tozzi e Piero Chiara”.
-Giornalisti?
“Anche qui, per obbligo di sintesi: Cervi e Goldoni, amicissimi miei”.
-Oggi chi t’intriga di più, tra gli emergenti?
“Non vedo emergenti. Scorgo profili d’impreparazione che si stagliano come altissime vette”.
-Dimmi almeno chi leggi…
“Scrivo così tanto che ho solo il tempo di leggere me stesso”.
-E ti piaci?
“Sono bellissimo, lo dico sempre…”
-Affermazione da sottoscrivere?
“Da soprascrivere. Le false modestie mi fanno venire il prurito”.
-Sicché chiudiamo con un gratta e scrivi…
“Bisogna sempre grattare la mia scrittura: si fanno scoperte impensabili, oltre la grafia”.
-Suarez doveva venire a lezione da te…
“L’avrei addestrato a segnare ancora più gol. Chi ha nelle vene sangue laziale non è uno qualunque. Esiste anche un’élite pallonara misconosciuta”.
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