Sparare sulla Giunta Galimberti, all’ultimo anno di mandato dopo la clamorosa vittoria elettorale del giugno 2016, sembra ormai lo sport preferito di alcuni media locali. “A prescindere”, direbbe Totò, da quanto fatto o, nella maggior parte dei casi, si sta facendo.Insomma una sorta di sindrome di Bartali quando tuonava, col suo vocione roco, che tutto era da rifare. Sempre. Vediamo qualche esempio concreto: quando l‘amministrazione annuncia un intervento come l’asfaltatura di una strada o di un marciapiede non ci si rallegra per una decisione che va a sanare una situazione precedente annosa e disastrosa, ma al contrario si prospettano giorni di foschi disagi e di code bibliche; se le Ferrovie Nord, mai abbastanza sanzionate per i ricorrenti disservizi sulle linee, si accingono finalmente ad allargare il ponte di via Giordani, si prospetta una città spezzata in due come la Berlino del dopo guerra; se riportare il mercato in piazza Repubblica implica il rifacimento strutturale della pavimentazione che copre il sottostante improvvido multipiano, si lascia velatamente intendere che forse era meglio lasciar perdere e che con quattro gabinetti agli angoli della piazza e qualche agente di polizia in più si poteva tirare avanti, secondo una logica da condominio litigioso; se nell’area delle stazioni, in via di complicato risanamento, il terminal dei bus extraurbani, quelli blu per intenderci, viene provvisoriamente spostato di fronte alla stazione della Stato, si grida a un proditorio attentato agli utenti come se nella precedente collocazione, a cielo aperto, di piazzale Kennedy ci fossero sale d’aspetto, comode poltroncine, bar, edicole, televisioni, internet e pannicelli caldi a richiesta; se l’ex Ospedale del Ponte fosse stato spostato all’interno degli spazi dell’Ospedale di Circolo, anziché pervicacemente insistere sul rifacimento della vecchia struttura, oggi Giubiano sarebbe meno assediata dalle auto, assedio a cui dovrebbe porre rimedio il multipiano di 317 posti auto che sta facendo capolino in fregio al sedime ferroviario anziché nel parco di Villa Augusta come le precedenti giunte avrebbero voluto. Si potrebbero fare molti altri esempi di opposizione mediatica “a prescindere”, ma ci fermiamo qui per ribadire che ricordare è sempre e comunque un buon esercizio soprattutto per chi ha la memoria corta o gli torna comodo averla. Anche quando si fa cronaca giorno per giorno.
Torniamo però al caso più emblematico in negativo delle vicende della “città giardino” cui già abbiamo fatto cenno prima: piazza Repubblica. Acquistata nel 2007 dalla Giunta Fontana per 2 milioni e 420 mila euro, peraltro poco prima che lo Stato decidesse di cedere gratis le vecchie caserme ai Comuni, la Garibaldi si rivelò da subito una sorta di pozzo di San Patrizio per lo stato di decozione strutturale in cui da tempo versava. “Sarà un bagno di sangue risanarla” disse, lapidario, l’architetto Mario Botta dopo averla visitata.
Ai proclami della Giunta (“la Piazza sarà rivoluzionata entro due anni, il centro cambierà pelle”), acriticamente amplificati dai media, seguì infatti un rapido declino del manufatto e ambientale dell’intera spianata. Per rimediare si investirono quasi 100 mila euro in gazebi, berceaux con falsi gelsomini, rose rampicanti, iris. Rimedio peggiore del male perché le quinte sempreverdi diventarono una sorta di terra di nessuno dove malintenzionati e piccoli spacciatori trovarono rifugio e dimora ad ogni ora del giorno e della notte. All’acquisizione dell’immobile seguì poi una stagione di dibattiti, sogni, utopie e assurdità varie mentre un degrado endemico si impossessava dell’intero sedime. Navigando a vista si arrivò nel 2015 al varo da parte della giunta Fontana di un frettoloso masterplan frutto di un accordo di programma tra Regione, Comune e Università (La Provincia si sfilò cammin facendo) che prevedeva la riqualificazione dell’intera piazza; la trasformazione della Caserma, gravata da un vincolo monumentale ineludibile, in un polo culturale per ospitare la nuova Biblioteca civica; la costruzione di un nuovo teatro al posto dell’Apollonio; un pesante intervento edificatorio sulla collina del Montalbano di 13 mila metri quadrati fuori terra previa demolizione dell’ex Collegio S. Ambrogio e trasferimento in loco dell’Azienda sanitaria locale oggi ben sistemata nell’ex Ospedale psichiatrico di via Ottorino Rossi. Nell’insieme un intervento molto costoso e del tutto fuori scala, che avrebbe sancito il definitivo abbandono del centro da parte dell’Università e una cementificazione folle del Montalbano. Intanto la Caserma dava segni di logoramento strutturale sempre più evidenti che hanno implicato in tempi recenti una spesa milionaria per evitare che la cosiddetta manica lunga crollasse su via Spinelli. Il cambio della guardia a Palazzo Estense ha portato a una revisione lunga e faticosa di tutto il complesso.
Nel frattempo il concorso di progettazione se lo aggiudicava lo studio milanese dell’architetto Galantino. Stando alle dichiarazioni ufficiali la fase esecutiva del progetto ormai non dovrebbe essere lontana. Infine, la decisione sofferta di restituire la piazza al mercato cinque giorni su sette e di rinunciare al teatro puntando sul recupero, non facile, del vecchio e glorioso Politeama. Forse siamo davvero all’epilogo di una vicenda che non fa certo onore a chi una quindicina di anni fa aveva davvero scambiato lucciole per lanterne. Comunque sia tocchiamo ferro.
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