Insegnare a conoscere e ad amare la democrazia rientra in quelli che vengono definiti doveri costituzionali, pronunciazioni scritte da coloro che della democrazia italiana sono stati i padri fondatori, ideatori e costruttori di un sistema di cui il popolo è diventato garante.
Quando parliamo di popolo non indichiamo un raggruppamento generico, un’entità astratta che assimila e assorbe tutto: il popolo è la somma perfetta di un insieme di individualità che ne definiscono e ne caratterizzano la rappresentatività, è il punto di partenza e quello di arrivo, tutto quello che si compie è infatti il frutto di una sintesi unitaria di cui ogni individuo è responsabile.
Immaginare che la democrazia sia un sistema statico, privo di anima e di movimento, è assolutamente assurdo, ma anche il movimento ha dei punti fermi sui quali gioca la sua partita, una partita difficile, delicata, dove ogni mossa non è mai fine a se stessa, ma principio cosciente di una volontà che punta decisamente a dimostrare quanto sia importante riunire le energie e metterle a disposizione di quello che viene comunemente definito “il bene comune.”
Dunque, in democrazia ognuno ha il suo carico di responsabilità, non esiste una gerarchia esente, non esistono vie d’accesso riservate, tutti hanno diritti e doveri, tutti concorrono in uno straordinario regime di natura interpersonale, a orientare positivamente il frutto di un’articolata rete protettiva e propositiva, che rappresenta la forza stessa del sistema democratico.
In democrazia la gerarchia è un ordine naturale che tende a dare consequenziarietà all’azione, a stabilire delle relazioni che abbiano un senso compiuto, a rafforzare la reciprocità, la solidarietà, la capacità di essere uniti nella buona e nella cattiva sorte.
Uno dei modelli più compiuti di democrazia è il monastero di san Benedetto, luogo dove ogni dovere è tale perché risponde a una fine unitario e dove gli esseri umani contano per quello che sanno dare e per come lo sanno dare. Una democrazia dove tutti concorrono, dove la dignità appartiene a tutti e dove il sistema assume piena coscienza del proprio essere e della propria destinazione.
In una democrazia con le idee chiare e con una chiarissima capacità distributiva delle responsabilità individuali e comunitarie, non esistono gli esclusi e soprattutto non esistono forme di qualunquismo o di randagismo, ognuno sa esattamente quello che deve fare e perché lo deve fare, la democrazia è una scuola di apprendimento costante, attraverso la quale si rafforzano i valori individuali e quelli societari.
Dunque, la democrazia richiede autostima, aggiornamento, sapienza, conoscenza, capacità di limare le incongruenze che la percorrono, è un sistema complesso che va insegnato con regolarità e con passione nella teoria e nella pratica.
Richiede soprattutto che non si lasci nulla al caso, che si finalizzi l’azione umana, che si dia un senso ai valori che la contraddistinguono, che l’umanità l’adotti perché cosciente della sua utilità e della sua duttilità, della sua capacità di innovare una comunità partendo dalle basi, da quegli atti che sembrano minimi o trascurabili, ma che rivestono invece una funzione grandissima. Basta solo immaginare se tutti evitassimo di sporcare le strade che percorriamo, se evitassimo di urlare nelle vie e nelle piazze, se la smettessimo di usare la modernità per destabilizzare gli altri, se facessimo ogni giorno con chiara coscienza di causa il nostro dovere, senza enfatizzare o voler far apparire quello che in realtà non esiste.
Dunque, viviamo con gioia la democrazia, ma non dimentichiamoci che è un bene e che, come tutti i beni fondamentali, ha bisogno di essere capita, protetta e realizzata da tutti, nessuno escluso. La forza di un sistema sta infatti nella sua capacità di farsi capire e di farsi apprezzare, senza dover per forza ricorrere alla forza.
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