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L'antennato

DISTANZIAMENTI-TIVÙ

STER - 18/09/2020

verissimoDove eravamo rimasti (come disse Enzo Tortora al ritorno in tv, dopo anni di ingiusta carcerazione)? Ah sì: al Covid in tv. Beh, siamo ancora lì.

L’estate di mezzo ha dato una bottarella nell’aumento contagi, propiziata dai ventenni testosteronici che non hanno potuto rinunciare ai locali sardi o alle spiagge greche per mostrare i loro nuovi piercing e tatuaggi, ma non ha cambiato granché le cose negli studi televisivi, dove la stagione sta ripartendo sferragliante senza grossi novità di palinsesto e facendo lo slalom tra gli ostacoli della “nuova normalità” di questi tempi virali.

Verissimo (Canale 5, sabato alle 16) di Silvia Toffanin è – finora – uno dei programmi che ha meglio digerito la situazione: l’intervista vis-à-vis, quella fatta a mezza voce, le sedie messe quasi a far incrociare le gambe della conduttrice con gli ospiti, la conduttrice sempre pronta a elargire un buffetto o a una carezza di incoraggiamento nei – non rari – casi di crollo emotivo dell’intervistato di turno, ha lasciato spazio a una trovata scenografica degna del Kubrick di “2001, Odissea nello Spazio”: un enorme disco ledwall, alto come un tavolino da salotto ma dal diametro di molti metri, amplifica a dismisura la distanza tra conduttrice e ospite. Niente più occhiate complici, semmai ampi gesti come per far atterrare un elicottero: difatti per accogliere entrambi nell’inquadratura serve un “totalone” preso da molto in alto.

Nel lavoro di design che è stato fatto per lo studio di Verissimo si percepisce il timore della conduttrice per il “rischio droplet” (Verissimo fu del resto uno dei primi programmi Mediaset a chiudere per lockdown) ma trasfigura questo input – evidentemente non negoziabile – in un cambio di format davvero prepotente, capace di combinare con sapienza la necessità di un draconiano distanziamento a un altro ingrediente obbligato nella tv in tempi di coronavirus: l’assenza di pubblico.

Lo studio televisivo, così svuotato e visibilmente sfilacciato nelle sue geometrie registiche e umane (ridotte ai minimi termini pure le troupe tecniche dietro le telecamere) trasfigura dunque in un gigantesco ‘confessionale’ (famoso quello del Grande Fratello, ripartito proprio questa settimana) in cui l’ospite di turno può trovare l’atmosfera giusta per confessioni importanti, quelle di cui si nutre un programma come questo. Ed è stato proprio il caso della prima puntata, con Piero Chiambretti (che esordirà a breve nella conduzione del calcistico “TikiTaka”) ridotto alle lacrime nel ricordo della mamma e della sua stessa malattia, con ammissione finale che l’atmosfera rarefatta dello studio lo ha facilitato nell’essere particolarmente sincero; non meno d’impatto l’intervista a Lapo Elkann, che ha confessato la sua adolescenza di abusi patiti in collegio come punto d’inizio di una vita vissuta senza mezze misure (altro spunto kubrikiano, volendo); scoop obiettivamente corposi, “fiduciari”, snocciolati davanti  – diciamo meglio: nei pressi – di una Toffanin visibilmente compiaciuta del lavoro autorale della sua squadra, che ha portato in dote al programma anche un corollario di vip aziendali di primo piano, solitamente più inclini al riserbo che all’ospitata in casa altrui (Alfonso Signorini, Alessia Marcuzzi, Elisabetta Gregoraci).

Quella della mancanza di pubblico sarà una sfida probante della prossima stagione tv: Amadeus ha quasi litigato col direttore di RaiUno Coletta sul fatto che si possa fare o meno un Sanremo con distanziamento (e si parla del prossimo marzo!), eventi musicali come il Music Awards trasmesso dall’Arena di Verona praticamente vuota ha dimostrato come l’assembramento di gente in un concerto sia essenziale quanto un bell’assolo di chitarra, mentre nei talk show le panzane dei politici rimbombano pesanti e senza il puntello offerto dagli applausi a comando, risultano subito per quel che sono.

Però questo – almeno questo – a ben vedere può essere un buon segno del nuovo corso.

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