-Caro Mauro, quella volta che…
“Caro Massimo, quella che volta che si decise d’innalzare una statua a Piero Chiara”.
-Dove?
“Corso Matteotti, davanti al Caffè Zamberletti”.
-A chi venne l’idea?
“Ne parlai con alcuni amici, Antonio Di Paola e la moglie Irene. Reduci da Lisbona, avevano ammirato il monumento a Pessoa. Ciò che mi ricordò, per esempio, simili altorilievi a Trieste in omaggio a Svevo, Joyce, Saba. Perché dunque non cogliere quelle esperienze e varesinizzarle? Fu d’accordo anche Angela, proprietaria del caffè a lungo frequentato da Piero. Si avviò l’iniziativa”.
-Poi lo stop…
“Per penuria di quattrini. Mi pare di ricordare che la somma disponibile arrivasse a venticinquemila euro. Troppo pochi. Come autore avevamo pensato allo scultore malnatese Borghi”.
-Come sarebbe stato raffigurato Chiara?
“Al tavolo da gioco. Con in mano le tre carte della scopa. Specialità in cui eccelleva. Avrebbe giocato per sempre, dirimpetto al luogo di divertimento abitato come e più d’una casa”.
-Alternative di rappresentazione artistica?
“Ci fu chi immaginò la possibilità di mettere Chiara e Morselli seduti uno vicino all’altro”.
-Anche Morselli con le carte in mano?
“Figuriamoci. Era scrittore e uomo totalmente diverso da Chiara”.
-Il suo opposto?
“Per molti versi sì. Ricevettero in sorte ceto, cultura, frequentazioni diverse. Perfino a proposito di caffè: Chiara prediligeva lo Zamberletti, Morselli il Ghezzi. Cosa che, detto tra di noi, crucciava Angela”.
-Come sarebbe stato scolpito il Morselli appaiato a Chiara?
“Credo in atteggiamento meditativo. Era la sua cifra ieratica. Appariva sempre assorto nelle sue cogitazioni dotte, non elargiva confidenza, creava una naturale distanza con l’interlocutore”.
-Con Chiara non si prendeva…
“No. Ripeto: uomini di mondi diversi. Chiara non capiva il morsellismo e Morselli non capiva il chiarismo. Dopodiché, chapeau a tutt’e due. Com’è ovvio”.
-Varese ospitò queste personalità senza quasi accorgersene…
“Non solo queste due. Cito un esempio significativo. Del loro tempo e della loro città fece parte Bruno Corra, scrittore e sceneggiatore riverito dal futurismo. Ravennate di nascita, era venuto a risiedere qui, nel palazzo Verga di piazza Monte Grappa. Circondato dall’indifferenza, e degnato di qualche distratto sguardo solo quando usciva a passeggiare col cagnolino”.
-Un grande non fatto segno d’una attenzione sia pur piccola…
“Un grandissimo. Il suo ‘Sam Dunn è morto’, uscito nel 1917, fu giudicato uno dei capolavori dell’avanguardia italiana da Mario Verdone, critico letterario giornalista esperto di cinema eccetera. Ebbe parole arcilusinghiere verso il conte”.
-Perché conte?
“Perché Corra lo era. La famiglia si chiamava Ginanni Corradini. Lui divenne Corra per decisione di Marinetti, personalità principe del futurismo. Amava deformare i cognomi in chiave sportiva. Bruno divenne perciò Corra, da correre. Suo fratello Arnaldo, Ginna, da ginnastica. Il Corra abitò a lungo tra di noi, morì a Varese nel 1976”.
-Tre anni dopo Morselli. Che venne tardivamente celebrato nella sua città, nel ventennale della morte….
“Curioso fu che a celebrarne le virtù, in un’applaudita conferenza al Salone Estense, fosse Dante Isella, noto critico, filologo, accademico. Lamentò che Morselli non aveva trovato comprensione presso le case editrici. Un mondo cui Isella era appartenuto, dirigendo una collana della Mondadori”.
-Isella che ebbe il premio Chiara alla carriera…
“Lo accettò con piacere. Pur non essendosi mai speso in elogi verso Chiara, quando Chiara iniziò ad affermarsi come scrittore”.
-Svanite le ipotesi del passato, oggi a chi dedicare un marmo o un bronzo pubblico?
“Nessun dubbio: a me. Mauro della Porta Raffo a cavallo”.
-Ancora vivente, si capisce…
“Assolutamente. E c’è tutto il tempo per provvedere alla bisogna, essendo noto che la durata della mia presenza terrena sarà illimitata”.
-Ti appartiene l’animo dell’immortalità…
“Come no. Un bene riservato e inalienabile. Da sempre sostengo e difendo la proprietà privata”.
-Da vero liberale…
“Da verbo liberale. Un linguaggio politico-sociale avviato all’estinzione”.
-Viva la statua ippica a Mauro della Porta Raffo…
“Viva. Sarebbe un equo riconoscimento”.
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