Dopo il periodo di apprendistato come ornatista del legno, cui la sua modesta famiglia l’aveva indirizzato, mentre era già introdotto nel mondo del lavoro, nel 1934 Willy Leiser (1918-1959) si iscrisse alla Scuola professionale di arti applicate di Bienne, la Kunstgewerbeschule. La città, dinamico centro industriale del Giura, nel periodo seguente la Seconda guerra mondiale aveva dato vita ad un intenso programma di sviluppo culturale in cui le voci artistiche si indirizzarono a un linguaggio moderno in sintonia con le avanguardie europee; mentore e guida del processo fu Marcel Joray, promotore dell’Esposizione svizzera di sculture all’aperto e della prima Esposizione di pittura astratta a Neuchatel del 1957. Nel dopoguerra Leiser espose i suoi lavori in varie gallerie private, insieme a quelli della moglie Teresa Giupponi (1922), che dal marito aveva imparato a gestire le tecniche artistiche con particolare riguardo all’incisione, e partecipò a rassegne artistiche nazionali e internazionali come, nel 1958, l’esposizione La sculpture in Plein air.
Fondamentale era stata la frequenza della scuola di Bienne che gli aveva consentito di acquisire conoscenze tecniche e competenze che si unirono alla elegante manualità di cui era venuto in possesso durante l’apprendistato. Come dice Giulio Foletti, curatore della mostra ‘Willy Leiser (1918-1959): grafica pittura scultura’, l’artista ‘sviluppò la capacità di impostare le forme a partire da un disegno pulito e razionale fondamentale nella resa delle forme plastiche’.
Anche i contatti con l’universo frizzante di Bienne, l’amicizia con Joray, l’inserimento nel tessuto artistico-culturale innovativo furono fondamentali per lo sviluppo della cifra stilistica dell’artista. Le opere degli anni Cinquanta documentano l’adesione ad un ‘modus esprimendi’ cubista, come mostrano l’olio ‘Limone -natura morta’, i legni ‘Compenetrazione’ in cui riecheggiano elementi del linguaggio brancusiano, e ‘Torso’ che nella pulita resa della forma non può non evocare le sculture Dogon rivisitate da Modigliani. La sua è essenzialmente arte non figurativa.
L’ammirazione per il nuovo linguaggio, ormai punto fermo nella realtà elvetica, è forse il motivo che spiega la mancanza di integrazione con la realtà culturale del Ticino, dopo che si trasferì a Selva Capriasca con la moglie Teresa Giupponi, d’origini bergamasche e sciaffusiane, che desiderava un ambiente tranquillo e soprattutto un clima più mite confacente alle sue esigenze. La realtà ticinese era ancora strettamente legata alla tradizione pittorica lombarda, più forte il legame con la Milano dell’Accademia di Brera e con l’entourage della pittura della Regio insubrica che con la realtà artistica d’oltralpe. Nello splendido isolamento di Selva, i coniugi elaborarono un linguaggio che, partendo dai canoni già interiorizzati a Bienne, giunse a traguardi assolutamente personali e decisamente moderni. Teresa, poi, era priva di una qualsiasi formazione accademica, il che le permise di sviluppare un’espressione artistica tutta sua sotto le indicazioni del marito che le fu maestro e compagno; giunse così a realizzare opere grafiche che si agganciano, con grande libertà creativa, alle espressioni dell’informale e della grafica giapponese accanto a sculture che riecheggiano il minimalismo americano.
Pochi furono i contatti della coppia con l’ambiente ticinese: sono documentati radi rapporti con lo scultore Max Weiss, l’architetto Beppe Brivio, lo xilografo Aldo Patocchi, lo scultore Remo Rossi e la pittrice Cornelia Forster che dimorava anch’essa a Selva Capriasca. Dopo la morte del marito, Teresa decise di promuoverne l’opera; giunse anche ad essere presente, seppur sporadicamente, in esposizioni collettive di artisti ticinesi negli anni 60 e 70.
Nel corso della sua breve vita, Willy Leiser fu anche presente con pitture murali in diversi edifici pubblici e privati perché riteneva che l’arte non dovesse essere elitaria, destinata a pochi ricchi collezionisti, ma dovesse rispondere alle esigenze di sviluppo culturale del popolo, innalzando la qualità degli spazi pubblici; per questo motivo, sempre insieme alla moglie, realizzò graffiti affreschi e sculture per migliorare l’aspetto dei edifici destinati alla collettività, come l’asilo di Bienne nel 1959 e l’istituto scolastico a Lengnau.
La Pinacoteca Zürst di Rancate da molti anni dedica ad artisti e ad espressioni artistiche legate al territorio ticinese iniziative per documentare la storia dell’evoluzione culturale del Cantone. Fino all’11 ottobre ripropone le figure di Leiser e Giupponi con una mostra a cura di Giulio Foletti, allestita in collaborazione con la Fondazione Leiser Giupponi.
La mostra si dipana in modo cronologico proponendo le opere legate agli esordi di Leiser: dalle interessanti incisioni, come ‘I galli nel pollaio’ agli olii in cui si coglie una influenza notevole di Cézanne. Poi le opere post 1950 in cui si assiste ad una evoluzione dello stile: sono le opere legate all’universo cubista, a Picasso e a Braque in particolare.
Il catalogo che accompagna l’esposizione si avvale di testi di Claude Fleury, Francesca e Sandro Leiser, Marino Lepori, Gian Franco Ragno e costituisce un punto fermo per chi si vuole dedicare allo studio dell’opera dei due coniugi. Accanto ai lavori esposti in mostra, raccoglie le fotografie dell’atelier e delle opere colà presenti nel maggio del 1959, al momento della morte dello scultore. Lo completano testi del curatore e l’introduzione critica di Maria Will alla esposizione di Cagiallo del 2010.
Willy Leiser (1918-1959): grafica pittura scultura. La vita, l’opera e gli anni con Teresa Giupponi A cura di Giulio Foletti Pinacoteca cantonale Giovanni Zürst, Rancate 9 giugno – 11 ottobre 2020
You must be logged in to post a comment Login