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Stili di Vita

L’ITALIANO IMBRUTTITO

VALERIO CRUGNOLA - 11/09/2020

spiaggiaDa questa settimana, in accordo con il direttore, qualcosa nel taglio di questa rubrica cambierà: meno teoria e più mordente. In questo articolo non propongo però nulla di originale. Ho scovato una potente invettiva di Roberta De Monticelli, docente all’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano con saggi tradotti in molte lingue. La poesia offre uno spaccato delle abitudini dell’Italiano Imbruttito. Siamo a settembre, ma per una fascia maggioritaria da tempo egemone in Italia (ma anche altrove in quella che fu un tempo l’Europa civilizzatrice) è sempre Ferragosto. Per i pochi, al contrario, è sempre emergenza, è sempre amarezza, solitudine e disperazione.

Ribellarsi a questa maggioranza niente affatto silenziosa è giusto, ma non ci sono più i ribelli. Ve le vedete delle barricate di vecchi?

Buona lettura, e un saluto da un mondo remoto e perduto.

 

FERIA D’AGOSTO
Voi con le pance esplose
sotto le canottiere,
con le natiche esose
strizzate entro i fuseaux di leopardo
delle vostre signore,
voi che a milioni il fine settimana
rombate per le tangenziali
con i vostri suv stipati di carne e di birra,
voi che la fame antica
mai sazierete di grasso e crociere,
di odio e prepotenza, di bandiere
svilite tra le cosce e le vergogne
come mutande, fatte di loro
anche più oscene.
In alto i cuori
di melassa che avete! Oh ma ridete,
di lungo, fra le fesse
strizzate gli occhi ciechi nelle facce
larghe d’ignavia e di soddisfazione,
italiani, brindate.
Il paese vi attende per l’estate.
Senza più terra, senza più montagne,
senza più valli, e colli e spiagge e mari,
ma quanti fiori! Il paese vi aspetta
in un tripudio di villette a schiera,
condomini giganti
attrezzati d’abusi e di condoni
con i sopralzi per le vostre amanti
e i vostri figli sempre più ignoranti,
e quanti, quanti fiori.
 
Neppure al cimitero
gliel’avete lasciato
il suo respiro,
che è tutto quello che restava ai morti:
quel respiro leggero
e largo e muto
che da loro saliva
anima viva
a noi,
sciogliendo il pianto.
 
Ed è per questo che vi maledico
ladri di terra e cielo,
devoti dell’informe:
voi di razza rapace e serva, Italia
senza pietà né grazia
che ha perso la speranza dell’altezza,
popolo orrendo.
 
E tu che piangi
patria murata viva
nel cemento delle seconde case,
consòlati: che avrai frane di stelle
e torrenti di fuoco, e il firmamento
riavvolto come carta da parati
farà posto all’incendio
dell’apocatastasi
 
Allora forse udremo una risata
lontana, e salirà sempre più chiara
e più argentina nella notte estiva
come se proprio lì, nella chiesina
umile del Sassél, la stella Assenzio
e Abàddon con tutta la sua schiera
d’angeli e cavalieri
un brindisi levasse
al sollievo dell’universo intero:
– l’Apocalisse.
 

Roberta De Monticelli, agosto 2020

 

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