Da questa settimana, in accordo con il direttore, qualcosa nel taglio di questa rubrica cambierà: meno teoria e più mordente. In questo articolo non propongo però nulla di originale. Ho scovato una potente invettiva di Roberta De Monticelli, docente all’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano con saggi tradotti in molte lingue. La poesia offre uno spaccato delle abitudini dell’Italiano Imbruttito. Siamo a settembre, ma per una fascia maggioritaria da tempo egemone in Italia (ma anche altrove in quella che fu un tempo l’Europa civilizzatrice) è sempre Ferragosto. Per i pochi, al contrario, è sempre emergenza, è sempre amarezza, solitudine e disperazione.
Ribellarsi a questa maggioranza niente affatto silenziosa è giusto, ma non ci sono più i ribelli. Ve le vedete delle barricate di vecchi?
Buona lettura, e un saluto da un mondo remoto e perduto.
FERIA D’AGOSTO Voi con le pance esplose sotto le canottiere, con le natiche esose strizzate entro i fuseaux di leopardo delle vostre signore, voi che a milioni il fine settimana rombate per le tangenziali con i vostri suv stipati di carne e di birra, voi che la fame antica mai sazierete di grasso e crociere, di odio e prepotenza, di bandiere svilite tra le cosce e le vergogne come mutande, fatte di loro anche più oscene. In alto i cuori di melassa che avete! Oh ma ridete, di lungo, fra le fesse strizzate gli occhi ciechi nelle facce larghe d’ignavia e di soddisfazione, italiani, brindate. Il paese vi attende per l’estate. Senza più terra, senza più montagne, senza più valli, e colli e spiagge e mari, ma quanti fiori! Il paese vi aspetta in un tripudio di villette a schiera, condomini giganti attrezzati d’abusi e di condoni con i sopralzi per le vostre amanti e i vostri figli sempre più ignoranti, e quanti, quanti fiori. Neppure al cimitero gliel’avete lasciato il suo respiro, che è tutto quello che restava ai morti: quel respiro leggero e largo e muto che da loro saliva anima viva a noi, sciogliendo il pianto. Ed è per questo che vi maledico ladri di terra e cielo, devoti dell’informe: voi di razza rapace e serva, Italia senza pietà né grazia che ha perso la speranza dell’altezza, popolo orrendo. E tu che piangi patria murata viva nel cemento delle seconde case, consòlati: che avrai frane di stelle e torrenti di fuoco, e il firmamento riavvolto come carta da parati farà posto all’incendio dell’apocatastasi Allora forse udremo una risata lontana, e salirà sempre più chiara e più argentina nella notte estiva come se proprio lì, nella chiesina umile del Sassél, la stella Assenzio e Abàddon con tutta la sua schiera d’angeli e cavalieri un brindisi levasse al sollievo dell’universo intero: – l’Apocalisse.
Roberta De Monticelli, agosto 2020
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