È morto a 95 anni Italo Belli. I funerali si svolgeranno martedì 25 agosto alle 15.30 nella basilica di San Vittore. Ai familiari le condoglianze di RMFonline.
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Quand’era presidente di “Varese con te”, associazione di sostegno ai malati di tumore, ci ritrovavamo un paio di volte l’anno per confezionare il periodico destinato agl’iscritti. Si presentava nel mio ufficietto in elegante mise grigia o blu. Sotto al braccio la cartellina plasticata colma d’appunti dalla grafica misteriosa e vagante. Dico vagante perché neppure lui talvolta era fermo nel ricordare che cosa ciascuno d’essi riguardasse. Si scusava umilmente della distrazione, ciò che me lo rendeva ancor più apprezzabile di quanto già non fosse. Riepilogato il carteggio, iniziavamo a lavorare. Un paio d’ore e l’insieme ci sembrava pronto per esser dato alle stampe.
Italo Belli ne andava fiero. Aveva una passione, oltre che per la solidarietà, per il giornalismo. Essendo molto colto, arricchiva a ogni incontro la mia povertà di nozioni. Citò una volta Daniel Pennac, autore popolare in Francia, così recitando a memoria: “Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere”. Ovvero: piacendogli scrutare tra le pagine, gli piacevano gli scrittori. E perfino gli ‘scribi’ della quotidianità cronachistica. Un giudizio raro, essendo prevalente il discredito verso la categoria.
Nacque tra di noi una cordialità fattasi rapidamente amicizia. Ci volle poco per convincermi dello speciale profilo di quell’uomo, non a caso fatto segno della Girometta d’oro della Famiglia Bosina e del “Cairolino” del liceo classico, riconoscimenti tributati a eccellenze della professionalità e del savoir vivre. Con questo intendendo non la predilezione verso il formalismo, ma la pratica delle virtù relazionali: un esercizio in cui Italo mi appariva maestro.
Ebbi l’opportunità d’imparare cosa significasse la grandezza del galantuomo. Un talento ricevuto in natura, spesso tenuto nascosto, sapientemente accudito e messo al servizio del prossimo, talvolta a insaputa del prossimo medesimo. Italo ne era così provvisto d’aver beneficato decine, centinaia e forse più di fortunati/occasionali compagni nel viaggio della vita. Quelli abituali ne conoscevano l’indole e non mostravano sorpresa di fronte ai sortilegi della sua bontà d’animo. Gl’inconsapevoli ne rimanevano stupiti, perché così succede al cospetto dell’eccezionalità del garbo empatico.
Discendente d’una nota famiglia varesina, Italo si iscrisse alla facoltà d’ingegneria del Politecnico di Milano volendo affiancare il padre nell’affermata Solai e Travi, per poi trasferirsi a quella di medicina durante la guerra. Prestò servizio come infermiere presso l’ospedale militare istituito al Palace Hotel di Colle Campigli e scampò alla morte durante il bombardamento degli Alleati sull’Aermacchi il 30 aprile ’44. Laureatosi nel 1951, specializzatosi in radiologia nel 1954, iniziò la carriera come assistente all’ospedale di Garbagnate, trasferendosi quindi a Varese. Conseguita la libera docenza nel 1963, divenne primario del reparto della sua specialità all’Ospedale di Circolo, incarico che ricoprì per più di 25 anni, dedicandosi in particolare alla senologia e portando qui per primo la mammografia.
Il destino volle che fosse lui a diagnosticare alla moglie Mailla il male di cui sarebbe morta nel ’73. Evento che impegnò Italo a prendersi particolare cura dei figli Luca e Vanni. Numerosi nipoti avrebbero allietato il suo camminare sul viale del tramonto.
Un camminare sempre agile e ottimista, affidato al lieve passo dell’ironia. Non è certo appartenuto, il Belli, ai petrarcheschi “…vecchi stanchi ch’hanno sé in odio e la soverchia vita”. E invece a quegli anziani, prediletti dal cardinale Ravasi, che “…dispongono d’una maturità fonte di saggezza e dignità”. La galleria degli ottimati varesini lo ospiterà con l’onore dovuto agl’indimenticabili.
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