Estate, sinonimo di vacanza, ma non quest’anno.
Oggi prevale il significato etimologico di vacanza come tempo vuoto mentre passa in secondo piano il concetto di vacanza come periodo di evasione, di viaggio verso luoghi lontani.
Ritrovandomi tra coloro che hanno rinunciato agli spostamenti fisici, mi affanno a cercare sollecitazioni che possano movimentare le lunghe giornate estive. Per questo mi lascio coinvolgere dalle sollecitazioni di poeti, scrittori, opinionisti – ma solo da quelli “accreditati”.
I racconti dei loro vissuti durante il lockdown mi offrono suggestioni che possono smuovere qualche proficuo cambiamento interiore.
Mi preparo pertanto a riordinare il mio personale spazio esterno cominciando dalla sistemazione di giornali e riviste accumulati negli anni.
La mia collezione si era ingrandita a dismisura: a poco erano serviti i tentativi di ridurla ad un imprecisato nucleo essenziale dal momento che ogni pagina, ogni striscia, ogni colonna, mi era sembrata a suo tempo degna di essere salvata.
Cartellette di ogni forma e colore hanno preso posto sul tavolo. Ho trascorso del tempo, parecchio, a cercare di capire se il contenuto mi potesse servire, forse, nel presente o nell’immediato futuro.
Alcuni ritagli erano riuniti per argomento: la scuola, la fede, l’antifascismo, l’infanzia …
Altri, raggruppati per periodi storici, parevano interrogarmi sul perché mi fossi interessata a quei temi, oggi ridotti a mode superate da altre mode.
Trovo ritagli organizzati per autore: portano la firma di fior di filosofi, sociologi, pensatori di fine millennio: contengono la loro idea di mondo che non riesce più a provocarmi alcuna emozione.
Trovo quaderni di varia foggia, agende, blocchi notes sulle cui pagine avevo incollato o pinzato articoli che mi riportano indietro nel tempo: in testa ad ogni foglio avevo scritto una frase -sintesi che aveva il compito di fungere da guida ad un possibile ulteriore utilizzo.
Non ricordo il motivo del mio antico interesse per l’argomento di un certo ritaglio. O forse sì. In queste righe un grande sociologo affronta il tema/problema del prolungamento dell’adolescenza nelle società occidentali. A chi potrebbero interessare precognizioni vecchie di dieci anni, elaborate da un pensatore in un’era lontana anni luce?
Presumo che mi desse sicurezza sapere che da qualche parte dentro questo archivio avrei potuto trovare e prelevare, in qualsiasi momento, un sacro parere a supporto di una mia personale tesi dai modesti contorni.
Credo che il valore della mia raccolta stesse nell’atto stesso del ritagliare e del conservare, pur consapevole dell’inutilità di raccogliere informazioni destinate a perire miseramente.
Alla fine della prima giornata di lavoro mi rendo conto che è impossibile riordinare quel materiale avendo smarrito lungo il percorso del tempo i motivi che mi avevano spinta a trattenerlo.
Quel materiale è diventato zavorra, nonostante il peso iniziale delle belle parole scritte da persone qualificate e specializzate, parole che oggi non hanno più risonanza nel mio presente.
Mi colpisce la presenza di un ritaglio in cui si affronta il tema dell’orario di ingresso a scuola: parlano due esperti, uno “pro” e uno “contro”, si esprimono sulla proposta avanzata da neurologi e neuropsichiatri americani di posticipare l’inizio delle lezioni per favorire un migliore rendimento degli studenti in classe.
Oggi, alla luce dei gravi e reali problemi della scuola post Covid, mi sembra impossibile che ci sia stato un tempo in cui gli esperti si sono dedicati ad un argomento così futile e in cui io stessa ho creduto importante ragionarci sopra.
Mi libero di questo e di tanti altri ritagli senza alcun dispiacere. Anzi, l’azione mi regala una leggerezza inaspettata.
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