Il comportamentismo è una teoria psicologica, che si sviluppa nel XX secolo e si fonda sull’analisi del comportamento umano (e più estesamente animale) in relazione a particolari stimoli. Skinner in particolare si rifà a un modello di razionalità che si ispira al rigore delle scienze naturali. Già nel 1913 lo psicologo americano John Broadus Watson (1878-1958) pubblica il manifesto del comportamentismo su The Psycological Review (La psicologia secondo i comportamentisti). La psicologia è un settore sperimentale delle scienze naturali, che riguarda la previsione e il controllo del comportamento. Non è in gioco comunque la coscienza, né tanto meno la mente, ma il comportamento osservabile (l’insieme delle risposte muscolari o ghiandolari), una reazione agli stimoli esterni, che è totalmente frutto dell’apprendimento, eccettuate alcune emozioni di base come la rabbia e la paura. Si tratta di un dato oggettivo, osservabile scientificamente, al contrario dei processi della coscienza. Onde la possibilità anche di scomporre il comportamento stesso in riflessi semplici e la negazione dell’innatismo.
Burrhus Frederic Skinner (1904-1990) parte dal manifesto di Watson, ma approfondisce le tematiche del comportamentismo anche in campo filosofico ed epistemologico. Considera il pensiero come una forma di comportamento priva di economia, da studiare nelle componenti. Non può essere caratterizzato da processi evolutivi e modalità di raccordo e di organizzazione dei dati dell’esperienza. Lo scopo è di analizzare e spiegare la variabile comportamento, prodotta nell’organismo dall’interazione con variabili indipendenti, anzitutto gli stimoli. Ogni approccio, ogni riferimento a uno stato o a un processo mentale è ritenuto del tutto inutile. Il rinforzo che viene dall’ambiente ha un ruolo analogo a quello della selezione naturale, determinando quali varianti avranno successo nel comportamento futuro.
Noam Chomsky (1929), linguista statunitense, polemizza contro l’impostazione comportamentista di Leonard Bloomfield (1887-1949) e B.F. Skinner, che giustificano l’apprendimento e l’uso del linguaggio nell’infanzia solo attraverso meccanismi di osservazione e di imitazione, oppure attraverso rinforzi positivi ( lodi, approvazioni),ricevuti dal bambino quando abbia pronunciato correttamente una parola o una frase, e rinforzi negativi (punizioni, rimproveri) quando la sua produzione linguistica sia stata imperfetta. Secondo Chomsky la grande creatività del linguaggio dei bambini presuppone l’esistenza di un meccanismo innato alla base della pratica linguistica, che non può essere esclusivamente frutto di un addestramento ripetuto e di un accumulo di informazioni successive. Organizzando opportunamente i rinforzi è possibile indurre comportamenti via via più complessi, fino a sequenze che possono apparire intelligenti. Anche l’apprendimento sociale e morale segue questo meccanismo.
Skinner applica le sue teorie all’apprendimento mediante la cosiddetta istruzione programmata. In un saggio del 1948, Walden II, rovesciando l’utopia di Thoreau, descrive una società regolata dalle scienze e dalla tecnica, in cui la pianificazione capillare dei rinforzi produce comportamenti non conflittuali e, più in generale, la formazione di coscienze positivamente orientate.
Skinner, docente di psicologia presso le Università del Minnesota, dell’Indiana e dal 1947 alla Harvard, incarna l’anima più radicale del comportamentismo nella piena ortodossia watsoniana. Ritiene il metodo sperimentale unico criterio di scientificità di fronte alla semplice osservazione empirica, al metodo clinico, all’elaborazione statistica, il criterio oggettivistico unico paradigma dell’indagine psicologica. Liquida la soggettività e l’introspezione. È coerente nel difendere la tradizione positivistica e induttivistica. Fonda nel 1958 il Journal for the Experimental Analysis of Behavior.
Altre opere : La tecnologia dell’insegnamento (1967); Il comportamento degli organismi (1938).
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