Chi c’era nella tv privata degli anni ’80, descrive quel periodo con una frase ricorrente: “Avevamo tutti una gran voglia di fare”. D’altra parte, quella fu una palestra così buona che immaginifiche carriere da top manager si sono forgiate nel piccolo cabotaggio dei primi studi Fininvest, così pionieristici che la municipalità di Cologno Monzese decise di gratificare i nuovi quartieri degli stabilimenti TV intitolando le strade a loro servizio “via Cinelandia” e “via Lumière” (raffinato sberleffo di un toponomasta cinefilo, o goffo ma sincero omaggio al nascente showbiz? Chissà…).
Quaranta anni dopo, cosa resta nella tv commerciale di quella mitica “voglia di fare”?
La risposta ecumenica è forse: “Oggi si sa fare”, che è già un passo avanti.
Ma si potrebbe dire che si ha anche un po’ “paura di fare”, almeno a giudicare dai palinsesti per i primi mesi della nuova stagione, annunciati in questi giorni dai vertici Mediaset, rigorosamente “da remoto” per evitare temibili assembramenti.
Canale Cinque – ammiraglia del gruppo – scommette sul sicuro, puntando alla roulette una fiche sul rosso e una sul nero: ti senti sempre di aver vinto, se non badi a ciò che perdi.
Ecco allora palinsesti da usato garantito e del resto quest’anno il dramma (anche) economico da Covid-19 è una giustificazione più valida del solito per offrire pochissimo sull’altare del rischio imprenditoriale.
Nelle scelte fatte, il coraggio va semmai ravvisato nella strategia di ripartire con tutta la potenza di fuoco produttiva fin dai primi di settembre come – e anzi, più – che in anni di normale raccolta pubblicitaria.
Dopo qualche anno in cui l’espressione “grande fiction” sembrava un mantra indiscutibile, finendo non di rado castigata da ascolti insoddisfacenti – l’autunno 2020 sarà all’insegna del ritorno all’intrattenimento. Direi quasi del “ritorno” tout-court: nessuna novità, ma solo ri-proposizioni di formati già rodati, spesso senza soluzione di continuità con le precedenti edizioni, o quasi.
Ecco allora in programmazione a settembre, mentre è ora in onda l’edizione estiva, una versione VIP di “Temptation Island”, il reality dei sentimenti in cui coppie stanche giocano a provare a chi dei due stiano meglio le corna. Poi tornerà in palinsesto il Grande Fratello Vip, a pochi mesi dalla chiusura della precedente edizione, schiantatasi contro quell’iceberg chiamato “lockdown”.
A capitanare il re dei reality – la cui prima edizione italiana è targata 2000, se fosse un’auto godrebbe di irrifiutabili incentivi alla rottamazione – sarà ancora Alfonso Signorini; risulta confermata pure la scelta dirigenziale di programmarlo due volte a settimana: un modo sicuro per riempire il palinsesto abbattendo i costi produttivi ma – insieme a loro – forse anche la resilienza dei telespettatori.
Una sottile vena “provocatoria” nei confronti della pazienza dei teleutenti si può ravvisare anche in altre scelte. Barbara D’Urso ad esempio, pur essendo stata tra le ultime a mollare la presa a giugno inoltrato, è confermata fin dai primi di settembre nel suo ruolo ormai ultra-decennale di reginetta del flusso tv.
“Carmelita” tornerà quindi a imbandire sulle tavole catodiche degli italiani che le sono devoti un menù ipercalorico, a base di “Live – Non è la d’Urso” in prima serata settimanale, “Domenica live” nel pomeriggio del dì di festa e “Pomeriggio Cinque”, quotidianamente. Per lei sembra sfumata per il momento l’opzione fiction (“La dottoressa Giò”, che l’anno scorso tornò in scena con risultati mediocri) mentre rimane in pista, minacciosa come una spada di Damocle o una seconda ondata del virus, l’edizione “NIP” del Grande Fratello, la cui conduzione sembra appartenerle per diritto divino.
Un altro volto dell’autunno televisivo di Canale Cinque che definire “confermato” suona riduttivo, sarà quello di Gerry Scotti.
Per lui è fissato il ritorno al preserale con “Caduta Libera” rassicurante quiz a base di enigmistica e concorrenti da strapaese, costruito su una regola primaria della comicità: “un uomo che cade fa ridere”; tema solo apparentemente basico, su cui oltre agli autori Endemol hanno riflettuto ai tempi loro pure Giuseppe Parini e Henry Bergson.
Ma il corpulento pavese tornerà a issarsi in prima serata pure sullo sgabello di “Chi vuol essere milionario”, il noto format ultraventennale – debuttò coi premi ancora in lire – rielaborazione 2.0 del mitico “Lascia o Raddoppia”: roba da “boomer”, sentenzierebbero irridenti i ragazzini di oggi.
A posto così, signor Scotti? Nooo! Si alza un coro dall’ufficio marketing.
Ed ecco allora l’ex DJ ed ex re delle candid camera, al timone per il primo scorcio di stagione di “Striscia la notizia”, un format nato negli anni ’80 – tanto per essere moderni – e in onda da allora tutti i giorni in cui al suo posto non vada “Paperissima sprint”.
A proposito di quest’ultima, i suoi filmati a base di errori e cadute (ancora loro!) sono giunti ormai alla milionesima replica e dunque nel continuo monta e rimonta, non di rado tornano a galla quelli commentati dallo stesso Scotti. Un assedio tale che al confronto Bartolomeo Colleoni era un pivello.
Allora, a posto così? Nooo! Strepitano dall’ufficio marketing.
E dunque il Gerry nazionale sbucherà in co-conduzione pure il sabato sera, a “Tu si que vales”, talent show dedicato ai mostri di bravura – e talvolta il complemento di specificazione si dovrebbe togliere – ideato da Maria De Filippi e da lui stesso, in onda dal 2014. Un format che piace: è giunto alla settima edizione, non considerando le repliche.
Insomma, a Canale Cinque un paio di conduttori “prezzemolini” fanno la maggioranza relativa del palinsesto (se aggiungiamo “Maria” arriviamo alla maggioranza qualificata, roba da poter eleggere il presidente della Repubblica al primo scrutinio) e chi s’è visto s’è visto.
D’altra parte se il pubblico sembra non stufarsi di rivedere le stesse facce negli stessi programmi va bene così, specie al solito “ufficio marketing”, a cui non sembra vero non doversi sbilanciare troppo tra scenari, contesti, panorami e proiezioni varie.
Ribadiamo: questo 2020/2021 non è l’anno giusto per rischiare: troppe incognite pendono sulle nostre teste.
Però dopo il lockdown della scorsa primavera, si poteva forse risparmiare ad alcune vecchie glorie il disagio di un’ulteriore reclusione forzata autunnale, all’interno degli studi televisivi.
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