WYSD, nel vertiginoso aumento delle sigle, questa non è tra le più conosciute e, forse, neppure lo è quanto sta ad indicare: World Youth Skills Day. Il mistero si può facilmente scoprire, dicendo che si tratta della giornata mondiale delle competenze giovanili? Ma anche svelando il misterioso acronimo, la curiosità rimane, anzi aumenta, se si vuole tentare di capire di che cosa esattamente si stia parlando. Con la risoluzione del 18 dicembre del 2014 l’assemblea generale dell’ ONU ha fissato il 15 luglio come giornata dedicata ad una questione fondamentale, la preparazione con competenze adeguate da parte dei giovani al futuro lavorativo in un mondo sempre più complesso e di grandi diversità. Il che significa, a pensarci bene, una grande sfida culturale, quella di preparare i giovani a diventare cittadini responsabilmente attrezzati. Se è quasi inevitabile interrogarsi sul costante aumento di giornate internazionali dedicate alle piu svariate problematiche, vale sempre la pena capirne il valore. Sul sito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, a cui attualmente aderiscono 193 Stati, si legge che “ le giornate internazionali sono occasioni per educare il pubblico su temi di interesse, mobilitare volontà e risorse politiche e celebrare e rafforzare i risultati dell’umanità”. Se tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, tra le belle e apparentemente semplici intenzioni e la realtà c’è di mezzo -se siamo ottimisti- un oceano tempestoso. Ma forse, senza peccare di pessimismo, sarebbe meglio dire che ci sono di mezzo sabbie mobili, generate da decisioni politiche e da contradditori interessi che spesso remano contro. Educare alle competenze giovanili, farne oggetto di interesse politico e pubblico sembrerebbe una esigenza lapalissiana. Evidentemente non lo è, se in numerosi siti che affrontano il tema, anche in prospettiva del 15 luglio, ci si interroga perchè sia importante tale giornata. Nel 2015 l’allora segretario generale, il coreano Ban Ki-Moon, ricordò che il mondo di oggi è caratterizzato dalla più numerosa generazione di giovani della storia e che i giovani sono la chiave per il progresso della società. E aggiunse, ricordando che gli oltre 73 milioni di giovani disoccupati troppo frequentemente “devono affrontare barriere che ostacolano il loro progresso personale”.
Le statistiche dicono che la popolazione giovanile è cresciuta di 139 milioni tra il 1997 e il 2017, mentre la forza lavoro giovanile si è ridotta di 58,7 milioni. I dati non sono migliorati e le parole pronunciate cinque anni fa dal segretraio generale sono drammaticamente attuali. Certamente non è facile affronatare, anche a livello politico, il mare magnum delle competenze giovanili secondo le diverficate politiche nazionali, ma un pensierino s’ha da fare su come la scuola italiana abbia affrontato o malamente o con resistenze pseudo- culturali il problema delle competenze. Non si tratta di diminuire le conoscenze ne’ di pensare in termini oppositivi preparazione tecnica rispetto al sapere critico peculiare dei percorsi liceali ma di fornire strumenti per affrontare il presente, immaginando il futuro. Ben consapevoli che evitare ogni generalizzazione banalizzante deve essere una bussola per ogni analisi degna di tale nome, è altrettanto vero che la questione è aperta. Inutile dire che la scuola italiana non brilla nelle classifiche circa i risultati di apprendimento, risultati che nulla hanno a che fare con la capacità di apprendere, se non si danno risposte alle vere esigenze motivazionali dei giovani, pensando al loro futuro. Discorso lungo e complesso. Pur con le legittime perplessità circa una giornata internazionale, è, comunque, bene non perdere l’occasione di “provare interesse per quanto ci mette sotto gli occhi. E quest’anno ci sarà anche un motivo in più per celebrarla, perchè ci saranno diversi eventi virtuali incentrati sul tema, quasi obbligato, per colpa o forse grazie al covid, delle competenze per una gioventù resiliente. Resilienza, parola tanto, troppo di moda ma che ci ricorda come i giovani in questo periodo abbiano, al di là delle censurate movide, dato anche prova di molta adattabilità.
Un dato? Si stima che circa il 70% degli studenti di tutto il mondo sia stato interessato dalle chiusure scolastiche a livello di istruzione: drammatico adattamento non solo alle modalità di apprendimento ma anche al ritmo delle giornate, e forse ad una rimodulazione dei progetti per il futuro. Mai come ora andrebbe letto con attenzione quanto analizzato dall’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica. Le 236 pagine dedicate a La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2020, recentemente pubblicate e ben recensite sulle pagine di Avvenire, sono un prezioso strumento – come ogni anno – per capire i segnali che arrivano dal mondo e per capire – come scrive Alessandro Rosina nella prefazione- che cosa significa diventare giovani nell’Italia post Covid 19, al di là di tanti stereotipi. La lettura del rapporto consente – come viene sottolineato nel testo- di considerare gli adolescenti come persone nella loro pienezza senza ridurre i loro talenti a profili di competenze standard, ma valorizzandoli in termini di qualità personali che hanno un valore in sé e danno valore al Sé di ciascuno. Parole da sottoscrivere.
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