Passati circa dieci mesi di governo giallo-rosso il consuntivo è pesantemente condizionato dalla terribile pandemia che lo ha aiutato a resistere nella fase dell’emergenza sanitaria e potrebbe travolgerlo con le sue drammatiche conseguenze economiche e sociali.
Se questo è il dato centrale, imprescindibile, va detto che la fase politica che stiamo vivendo rappresenta una forte anomalia. L’Italia ha avuto molti governi nella sua storia repubblicana ma tanti erano il frutto di semplici rimpasti che rispondevano a sopravvenute modifiche negli equilibri dei partiti e delle loro correnti più che un cambio di rotta politica.
In questa legislatura abbiamo avuto invece In due anni due governi completamente diversi anche se con lo stesso presidente del Consiglio e la stessa principale forza politica, il M5S. Sorprendente e quasi incredibile il cambio delle alleanze da Salvini al centrosinistra. Il punto è che non si fanno queste operazioni acrobatiche senza pagare un prezzo in termini di chiara visione politica.
Nel Pd e dintorni molti avevano salutato il cambiamento con grandi aspettative e ora si mostrano insoddisfatti dei risultati. Volevano una maggiore discontinuità. Augurabile ma era possibile realizzarla? Era logico, ad esempio, aspettarsi la modifica di “quota 100” e del reddito di cittadinanza nelle condizioni date?
Personalmente non ci ho mai creduto. Tuttavia sul piano del cambiamento politico si è fatto troppo poco. L’emblema di questa irresolutezza sono i due decreti Salvini rimasti inalterati malgrado le obiezioni del presidente Mattarella. La recentissima pronuncia della Corte costituzionale cambierà ora il quadro? La differenza di opinioni al governo è tale che la risposta l’avremo solo quando il nuovo provvedimento vedrà la luce.
Detto tutto ciò, Il governo ha tenuto abbastanza bene per alcuni fattori fra cui la qualità politica e la capacità di mediazione di Giuseppe Conte rivelatesi più robuste del previsto. Ma se le parole anticipano troppo il tempo dei fatti, oppure se restano prevalentemente degli annunci, anche la sua forte popolarità potrebbe andare in picchiata.
La realtà è che fra il M5S e il centrosinistra le distanze sono tante e ampie. Anzi, le stesse distanze esistono perfino dentro i cinquestelle nati e cresciuti su una serie di NO che hanno portato tanti voti “contro” senza mai diventare una cultura politica.
Un altro fattore di tenuta del governo è il “senso di responsabilità” del Pd alimentato dalla paura della destra di Salvini e dalla volontà di co-decidere il prossimo presidente della Repubblica. Posizioni comprensibili ma quanto sufficienti per un buon governo se non si riesce a chiudere tempestivamente, come avvenuto, alcuni spinosissimi dossier, da Autostrade, all’ex Ilva, al MES, ai decreti Sicurezza ed altro ancora?
Dal punto di vista degli equilibri politici ci sono tre ragioni che tengono su il governo 1) Il M5S con il ritorno alle urne rischierebbe il dimezzamento e comunque la scomparsa di gran parte della classe parlamentare per il divieto interno di andare oltre il doppio mandato. 2) Renzi ha oggi un buon numero di parlamentari che con ogni probabilità non avrà più dopo il prossimo voto. 3) Il Pd è in condizioni migliori sotto il profilo elettorale ma rischia fortemente la perdita del governo.
Tutta questa instabile continuità potrebbe non bastare. Si dice che servirebbe il colpo d’ala ma in cosa può consistere? Provo a sintetizzare. Saldo e dignitoso rapporto con l’Europa; riforme e investimenti per la transizione verde, per la sanità, per lo sviluppo digitale; lotta alle disuguaglianze (non puro assistenzialismo) che non sia una giaculatoria ma un insieme di misure molto concrete e in tal modo percepite da chi ne ha bisogno. Non faccio scommesse.
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