I miracoli di Gesù non sono gesti spettacolari, ma atti di bontà che manifestano il regno tra noi: il Regno che è salvezza di tutto l’uomo. Così, anche la guarigione di un sordomuto, oltre che realtà, può essere ‘segno’ di un intervento del Signore che ci libera il cuore.
L’egoismo è sempre disattenzione a Dio e agli altri. È chiusura in noi stessi. È affondare nella solitudine e nella disperazione. Abbiamo bisogno di ascoltare e di parlare. Di ascoltare innanzitutto. Viviamo in una cultura intrisa di parole e vuota di senso e di passione. Talvolta, una persona che taccia e presti ascolto è una grande benedizione. Dio ci parla nella sua Chiesa. I fratelli ci dicono le loro sofferenze e le loro gioie avare. Ascoltare e parlare, intervenendo con saggezza e pulizia, con tenerezza e vigore, con il linguaggio giusto, con il tono appropriato. Dicendo ciò che va detto.
Ne nasce una incomparabile comunione con Dio che rende sorridente la vita. Ne nasce una fraternità che ha Dio come Padre e Cristo come primogenito. Una piccola parola, molto importante, nel suo senso profondo riassume tutto il messaggio e l’opera di Cristo. L’evangelista Marco la riporta nella lingua stessa di Gesù, in cui lui la pronunciò, così che la sentiamo ancora più viva. È “effatà”, che significa: “apriti”. Quel sordomuto, grazie all’intervento di Cristo, “si aprì”; prima era chiuso, isolato, per lui era molto difficile comunicare; la guarigione fu per lui un’apertura agli altri e al mondo, un’apertura che, partendo dagli organi dell’udito e della parola, coinvolgeva tutta la sua persona e la sua vita: finalmente poteva comunicare e quindi relazionarsi in modo nuovo.
Ma tutti sappiamo che la chiusura dell’uomo, il suo isolamento, non dipende solo dagli organi di senso. C’è una chiusura interiore, che riguarda il nucleo profondo della persona, quello che la Bibbia chiama il ‘cuore’. È questo che Gesù è venuto ad ‘aprire’, a liberare, per renderci capaci di vivere pienamente la relazione con Dio e con gli altri. “Cristo – ci ha ricordato papa Benedetto XVI – si è fatto uomo perché l’uomo, reso interiormente sordo e muto dal peccato, diventi capace di ascoltare la voce di Dio, la voce dell’Amore che parla al suo cuore, e così impari a parlare a sua volta il linguaggio dell’amore, a comunicare con Dio e con gli altri”. Ecco perché “il primo servizio che dobbiamo rendere ai fratelli è quello dell’ascolto. Chi non sa ascoltare il proprio fratello presto non saprà neppure ascoltare Dio, sarà sempre lui a parlare, anche con il Signore” (Bonhoeffer).
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