Con un certo sforzo sono riuscita a individuare un effetto positivo della pandemia.
È stato a causa della coda depressiva del violento passaggio del Covid 19 che non lo avevo individuato subito nonostante la sua evidenza: una nuova vita si stava svolgendo nei cortili grazie al ritorno, o all’arrivo, dei bambini.
Appena recepito il permesso di poter lasciare la casa per dedicarsi all’attività motoria, negli spazi fortunatamente ancora disponibili nella Varese città giardino, sono apparsi gruppi di bambini vocianti.
Era primavera inoltrata e con la dovuta cautela eravamo autorizzati a recuperare l’esercizio delle quotidiane libertà: sia noi adulti sia e soprattutto loro, i bambini.
Cortili, corti, giardini, piazze e piazzette: i luoghi dei loro giochi, che negli ultimi decenni sono stati abbandonati per la frenesia genitoriale di dover occupare ogni momento del tempo dopo scolastico con attività formative strutturate.
A partire da metà maggio, ecco arrivare tanti bambini: negli spazi condominiali sempre affollati di auto e nei giardini recintati di case e di condomini.
Dapprima timidi, una coppia di fratellini qui, due amichetti vicini di pianerottolo là. All’inizio sotto l’occhio vigile di un genitore o di un nonno.
Poi, giorno dopo giorno, sempre più numerosi e liberi dalla costante presenza degli adulti.
Li ho visti correre, saltare, rincorrersi, toccarsi e strattonarsi; pedalare senza sosta su biciclette vecchie e nuove, a volte troppo grandi a volte troppo piccole.
Li ho visti “assembrarsi” per lunghe ore, su e giù per la rampa dei garage, tirare pallonate, formare squadre per gare di ogni genere.
Li ho sentiti litigare per un pallone o per una precedenza.
I primi bambini hanno richiamato altri bambini dalla provenienza ignota: cugini, o amici di amici, compagni di scuola o di catechismo.
Dopo settimane di confinamento, hanno ripreso possesso della libertà di giocare senza limiti.
Ecco la resilienza di cui si scrive nei libri di pedagogia: in breve tempo, dopo un periodo difficile, si torna in piena attività, felici di immergersi nel movimento che è parte dell’essenza infantile.
I bambini non si sono neppure curati delle proteste dei residenti più anziani, ancora desiderosi di altro riposo e di altro silenzio.
Sono bastate poche ore perché dai muri e dalle vetrate degli ingressi venissero strappati gli avvisi dell’amministratore di condominio che richiamava la persistenza di alcuni divieti tra cui quello di fare rumore “a qualsiasi ora del giorno” ma “soprattutto al pomeriggio”.
Questo stato di grazia è durato per molti giorni e si sta riducendo solo ora in previsione delle partenze per le vacanze.
I bambini si sono riuniti per giorni e giorni, per tante ore. Smettevano di giocare ben oltre il tramonto, e dopo i ripetuti richiami dei genitori.
Prendo atto che ci è voluta una pandemia globale per restituire ai bambini la gioia di stare con i compagni, di calpestare gli spazi comuni, di divertirsi, di esercitare il sacrosanto diritto di essere bambini.
Abbiamo dovuto attraversare lo smarrimento per un’esistenza blindata di cui non si vedeva la conclusione, perché genitori e bambini, soprattutto questi ultimi, potessero scoprire che esistono anche delle alternative ai corsi di nuoto, di equitazione, di basket, di lingua straniera.
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