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Zic & Zac

ATTENTI ALLE SORPRESE

MARCO ZACCHERA - 01/07/2020

trumpNon c’è TG in cui Trump non faccia regolarmente la figura dell’impresentabile e del fesso. Se dessimo retta ai media italiani Donald Trump a novembre dovrebbe insomma perdere nettamente le elezioni presidenziali, anzi, le ha già perse. E’ tale l’ antipatia e il preconcetto nei confronti del presidente americano che si è persa ogni logica  e – come nel 2016 – certi commentatori rischiano di fallire clamorosamente le loro previsioni.

Sicuramente all’inizio dell’anno Trump correva con il vento in poppa: l’economia americana tirava bene, il campo democratico era un rissoso cimitero di candidati e la rielezione sembrava cosa fatta.

Oggi il quadro è molto più incerto e complesso, nella campagna elettore rischiano di contare anche altri fattori più o meno imponderabili e la partita si è senz’altro riaperta anche se non è detto che alla fine vincerà Joe Biden che è figura anziana e sbiadita, con minimo appeal, peraltro la sola che si sono trovati improvvisamente in mano i democratici per tentare di ribaltare i pronostici di una partita che sei mesi fa davano per persa.

L’immagine di Trump è cozzata contro l’imponderabilità del Coronavirus che l’amministrazione americana ha giocato bene dal punto di vista economico (agli industriali, professionisti, negozianti americani sono arrivati milioni di lettere a firma del presidente con allegato un assegno che gli imprenditori italiani neppure potrebbero sognarsi) ma è il contraccolpo economico della pandemia sulla società americana è stato comunque catastrofico, soprattutto in termini di occupazione molto più volatile che da noi al di là dell’Atlantico.

Trump all’inizio ha giocato male la partita, minimizzandola, poi ha corretto il tiro tirando in ballo (con tutte le ragioni) i pasticci cinesi, ma la situazione ora è in bilico soprattutto se perdurasse il contagio o vi fosse una nuova crisi in autunno. Poco conta che le responsabilità presidenziali vanno in gran parte spartite con i diversi governatori: i media – in gran parte saldamente in mano democratica – hanno vivisezionato ogni dichiarazione di Trump per sottolinearne l’inaffidabilità. Immaginate se in Italia qualcuno mettesse in fila le frasi pronunciate da Conte negli ultimi tre mesi: ne uscirebbe una marionetta, esattamente come si è cercato di fare con The Donald.

La crisi ha colpito soprattutto le fasce basse del paese meno garantite ed è stato logica la crescita dello scontento popolare che ha avuto negli scontri etnici un detonatore impensato. Pochi sanno – soprattutto in Italia – che l’episodio di Minneapolis è avvenuto sotto un comandante di polizia municipale ispanico (Medaria Arradondo) guidato de un rampante sindaco democratico (Jacob Frey): l’effetto scatenante della morte di George Floyd si è esteso a macchia d’olio coinvolgendo molti strati sociali. Un cocktail perfetto per i democratici che hanno giocato il caso e possono così sfruttare i risentimenti degli afro-americani per le molte ingiustizie che perdurano tuttora nella società americana. I democratici vogliono portarli al voto a novembre ed è per questo che Biden si è improvvisamente  materializzato ai funerali di  Floyd  implicitamente schierandosi però anche sulle posizioni di chi ha giustificato le successive violenze che hanno scosso tutta l’America. Non è detto che sia stata una mossa così vincente come è stata dipinta in Italia: se è vero che Trump sta arroccando i suoi sostenitori su posizioni forse troppo conservatrici (e quindi rendendoli numericamente perdenti) è altrettanto vero che molti elettori democratici si sono irritati per questa adesione, soprattutto nel sud. Tutto dipenderà da chi sarà indicato come vice-presidente: se fosse Michelle Obama la scelta di campo sarebbe molto chiara, soprattutto perché negli USA pochi pensano che Biden “durerà” a lungo in carica.

Una volta di più l’esito elettorale dipenderà dall’affluenza al voto per decidere il vincitore ed è la mobilitazione che conta: in questo senso la mossa democratica per portare al voto i neri può essere quella vincente.

Poi – come sempre – è Trump a metterci del suo impersonando alla grande la sua figura bizzarra, irriverente. ma soprattutto dividente tra amici e nemici.

La sua campagna elettorale è partita male con il flop di Tulsa, ma Trump è un combattente con una base minoritaria ma compatta e gli strateghi della campagna presidenziale non ripeteranno certo gli errori fatti in Oklahoma.

Gli americani chiedono a qualsiasi presidente che l’economia tiri (ed effettivamente fino a febbraio “tirava”), che la borsa vada bene (e per tre anni è andata benissimo) che gli USA la smettano di essere i gendarmi del mondo e in questo campo Trump ha avuto dei significativi successi. Perderà per un microvirus giallo che gli ha sballato tutti i progetti? Chissà, certo Biden non è amato, ma per molti diventa  “il meno peggio”, anche se molti americani si chiedono chi abbia veramente alle spalle a tirare i fili di una candidatura partita perdente e diventata automatica per circostanze imprevedibili.

Certamente Trump dovrà dare all’elettorato idee vincenti e non solo giocare in difesa, sicuramente attaccherà Biden nei dibattiti in diretta con la sua verve ben maggiore e potenzialmente efficace rispetto all’avversario. Anziano, anche lui privo di un programma convincente, espressione più di un apparato di partito che non con valori propri, Joe Biden non è certo imbattibile, ma proprio la sua inconsistenza può diventare un problema per The Donald: difficile dipingerlo come un cattivo e pericoloso sovversivo legato alla sinistra internazionale.

Esito aperto, quindi, ma sbaglia alla grande chi già ora dà  Trump per sconfitto.

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