Nella sfera dei ricordi dello sport varesino giace, parzialmente consunto dal tempo, anche quello dei nobili Mastini dell’H.C. Varese. Nobili non certo per discendenze o per blasoni antichi ma proprio per la freschezza di quegli allori sostanzialmente imprevisti appunto per mancanza di tradizioni al riguardo. Allori, freschi imprevisti ma meravigliosamente vigorosi capaci di riempire del loro verde bacheche su bacheche a raccolta di primati prestigiosi che, però, adesso giacciono non dimenticati ma quasi lasciati lì in disparte non fosse che per merito di pochi appassionati che cercano, disperatamente, con tutte le forze, di ridare tinte sgargianti a quel giallo-nero un po’ smunto dal tempo.
Allora ecco che un insieme di volonterosi tenta il rilancio ripartendo da squadrette di bambinetti che dovrebbero costituire le forze di un domani giallo nero. Ma i volonterosi, appunto, riescono a mettere sul ghiaccio anche una brillante squadra che si sta comportando con il massimo degli onori in serie C e che sta richiamando al Palalbani un buon pubblico motivato e soddisfatto.
Si dà, peraltro, il caso che non essendo la compagine dirigenziale – e quindi la società – basata su pilastri economicamente doviziosi, nemmeno lontanamente imparentati con l’entità di passione dei suoi componenti, gli oneri siano fin troppo consistenti. Si rischia, insomma, che dietro l’angolo ci sia sempre qualche spiacevole sorpresa come quella – che sarebbe veramente deprecabile – di non riuscire più a tirare innanzi.
Se, infatti, si arriva a chiedere un obolo ai tifosi significa che le corde sono tirate allo stremo pure sottolineando che la passione di chi regge l’hockey varesino è talmente grande da poter varcare anche il sempre pesante confine del “metterci la faccia”.
Ma è proprio impossibile che a Varese (nessuno si offenderebbe anche se venisse da fuori) non esistano sbocchi di sponsorizzazioni o, quanto meno, di contribuzioni magari con la costituzione di un consorzio (o qualcosa di analogo) come si è potuto per altri rami dello sport locale?
L’attesa si protrae già da molto (o meglio troppo) tempo. Non guasterebbe una risposta. Anche per evitare che la piacevolissima speranza di ripresa finisca nel gelo.
Il ghiaccio è bene che stia solo in campo. Per “mai” sciogliersi continuando ad essere il regno così dell’Hockey come nell’artistico, il luogo di sfogo per la passione del pattinaggio. Altrimenti come nascerebbero le Caroline per dare all’opacità glaciale i colori dell’iride?
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