Non c’è solo Dissipatio H.G. ad aprire il labirinto della solitudine di Guido Morselli. C’è una vita dedita alla creazione nel riserbo e nella concentrazione della filosofia, nel laboratorio silenzioso e fecondo della scrittura. Solo e pensoso i più deserti campi in vita ha misurato a passi e romanzi straordinari. Il percorso del tema della solitudine del Morselli si presenta dunque ricco di germogli sia nelle prime opere come Realismo e Fantasia, dialogo filosofico con grandi spunti narrativi, sia con Uomini e Amori, la sua primogenita opera narrativa, dove si vede balenare in un lampo la quaestio che dominerà la sua opera più matura. La Dissipatio. La dissipazione, parola cara a Morselli sia nella sua veste italiana che latina, con il triplice significato dell’originale latino dissipatio; dispersione, dissoluzione, distruzione, cui segue il complemento di specificazione Humani Generis: del genere umano.
L’uomo monade senza né porte né finestre è dunque solo ad affrontare il proprio destino di in-felicità. Ma è proprio una condanna la solitudine? Questo vuole insegnarci Morselli?
Il soggetto, “simploche fondamentale”, rimanendo concluso in sé, non cerca, non trova nell’altro nulla se non la sua immagine riflessa. Queste riflessioni filosofiche sono in parte sostenute da un approfondito studio di Leibniz che, secondo Sereno (personaggio di Realismo e Fantasia) alias secondo Morselli, “era nel vero quando, affermando che la monade è chiusa, sosteneva che il pensiero non è che la azione di una cosa su sé stessa”. “Ogni uomo è una monade originaria e differenziata in se stessa; né, almeno a prescindere dall’arte è questione di prestabilite armonie, di finestre”, come in Dissipatio H.G., laddove il protagonista si autodefinisce “monade intellettuale senza aperture né impegni”, mentre il suo pensiero “quasi sempre solitario, fine a se stesso, asociale”, è “secreto da monadi senza finestre, o che non si curavano di mettersi alla finestra”. Tutto compreso in sé, dominato dall’amore per sé, “l’uomo-monade” in Morselli ha egoismo, pigrizia e atteggiamenti di autoesclusione dal mondo esterno di proustiana memoria.
Come le monadi sono senza porte e senza finestre, enti completi in se stessi, così l’individuo, in un egotico isolamento, senza vie d’uscita, ha gli altri dentro cui, amorosamente, specchiarsi. Il fatto spirituale del sentire, del conoscere è così indissolubilmente legato al sentimento. Questo sentimento diventa però non corrisposto perché si fa strada il pathos della dissipatio, ovvero il drammatico prima che tragico sentimento dell’isolamento, più che della solitudine, di un’angosciante certezza: “Etsi omnes, ego non”. Una scritta incisa, a chiare lettere, sulla parete di fronte alla scrivania dello scrittore varesino, a monito, ma forse anche, tristemente, ad espiazione.
Aveva creduto all’importanza delle cose e degli altri esseri fuori di lui, aveva seguito ogni loro richiamo, si era abbandonato a ogni influsso. “Ed è stato egoismo anche questo” pensò. “L’egoismo non è sempre grettezza, è anche dissipazione, amico mio (Uomini e amori, p. 356).
Il “cupio dissolvi personale” dell’“ex-uomo” nasconde un disegno più grande e metafisico: la dissipatio del genere umano, la dissolvenza universale di cui Morselli ha dato suprema prova in quella straordinaria stigma quale è Dissipatio H. G.. Questo slancio oltre-umano e questa nostalgia di onnipotenza monadologica, in un egoismo che diventa egotismo trionfale e disperato non è, a mio modo di vedere, un’acquisizione della maturità e neanche un elogio del solipsismo.
Quello che ci spaventa e ci sdegna, è l’estinzione del nostro individuo, non la morte come fine della vita. Se sapessimo che (come si illudeva fosse Montaigne) la nostra morte segnasse la morte di tutte le cose e che, per esempio a causa d’una catastrofe cosmica, niente e nessuno ci sopravvivesse, a un certo momento saremmo anche disposti ad accettare l’idea della morte.
In Uomini e amori un accenno, breve ma intenso, è il valido indizio della esistenza, già in nuce, del dileguamento umano nei pensieri dello Scrittore:
Quello spettacolo lo avvinceva con l’oziosa attrattiva che ha per la vista il moto quando è molteplice e uniforme. “Pure,” disse fra sé “mi è bastato addormentarmi, perché la piazza si dileguasse con tutto quel che contiene, cessasse semplicemente di esistere”. Sorrise pensando che la paralisi di uno dei suoi organi, una sincope cardiaca, avrebbe potuto ridurre al nulla ciò che egli chiamava l’umanità e il mondo. Astrattamente almeno, era ammissibile: Aussi fera la mort de toutes choses, notre mort. (UA, p. 323)
In Dissipatio H. G., opera della maturità di Guido Morselli, si trova, integro e integralista il labirinto umano della solitudine, che vede nella dissoluzione dell’umanità solo l’esclusione (Etsi omnes, ego non) dell’individuo dalla umana “sublimatio”, la riduzione all’uno. La dissipatio è diventata una maledizione, una Nemesi, un castigo. L’autoesclusione robinsoniana forzata può essere simbolista e bifronte: un’elezione o una dannazione; ma l’ardua, desolata sopravvivenza ha tutta l’aria di essere una condanna.
Io sopravvivo. Dunque sono stato prescelto, o sono stato escluso. Niente caso: volontà. Che spetta a me interpretare, questo sì. Concluderò che sono il prescelto, se suppongo che la notte del 2 giugno l’umanità ha meritato di finire, e la “dissipatio” è stata un castigo. Concluderò che sono l’escluso se suppongo che è stata un mistero glorioso, assunzione all’empireo, angelicazione della Specie, eccetera.
È un’alternativa assoluta, ma mi si concede di scegliere. Io, l’eletto o il dannato. Con la curiosa caratteristica che sta in me eleggermi o dannarmi. E bisognerà che mi decida. Ha un bel dire Baudelaire il Mago: “Plonger au fond du gouffre, Enfer ou ciel qu’importe? Au fond de l’inconnu…”
La solitudine è altresì la condizione necessaria per l’artista per accedere alla propria interiorità quindi non è totalmente negativa, non è segregazione dall’altro ma scaturigine di espressività artistica.
Ciascuno è solo sul cuor della terra ma la percezione di questa solitudine in Morselli è l’alimento per una ricerca che si snoda sia sul versante teologico che sul versante umano. Da qui si sviluppa il concetto di “socialidarietà” tanto caro allo scrittore e dall’altra parte la ricerca ferma a disperata di una risposta divina, la ricerca di una prova tangibile dell’esistenza di un Dio buono (Fede e critica ma non solo).
L’acqua della pioggia, elemento catartico e leteo per antonomasia, ritorna, in Dissipatio H. G., sul finale del romanzo, a purificare l’aria in preparazione di “questa strana eternità” che si prepara “sotto” gli occhi del sopravvissuto unico esemplare del genere umano. Si ritrova l’attenzione al “sotto”, alla terra; abbassando gli occhi (sebbene non ancora ad occhi chiusi) il protagonista ritrova l’asfalto del viale che, irrorato e verdeggiante e fertile dall’acqua piovana, fa germogliare la nuova vita di curiose “piantine selvatiche”. Rivoli d’acqua piovana (saranno guasti gli scoli nella parte alta della città) confluiscono nel viale, e hanno steso sull’asfalto, giorno dopo giorno, uno strato leggero di terriccio. Poco più di un velo, eppure qualche cosa verdeggia e cresce, e non la solita erbetta municipale; sono piantine selvatiche. Il Mercato dei Mercati si cambierà in campagna. Con i ranuncoli, la cicoria in fiore.
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III giornata: Venerdì 20 Aprile 2012
Ore 16, 30
Lugano
BSI
Arte e conoscenza
Il giorno 20 aprile 2012 si apre la III giornata di convegno dedicata all’approfondimento dell’opera di Guido Morselli (Bologna, 1912-Varese, 1973). Giunto alla sua IV edizione il premio intitolato allo scrittore gaviratese non ha smesso di sorprendere e ha presentato quest’anno un ventaglio di relazioni sull’opera di Guido Morselli, mettendo in luce nuovi aspetti inediti, come il teatro grazie al Professor Fabio Pierangeli, sotto la sapiente ed originale maestria del direttore dei lavori, nonché presidente del Comitato Guido Morselli, il professor Silvio Raffo. Il convegno sarà ospitato presso lo Spazio in Bsi in via Magatti 2 a Lugano, città molto amata dal romanziere che provava ammirazione per la Confederazione Elvetica da lui definita “Repubblica platonico-alberghiera”.
Silvio Raffo, prendendo spunto dal testo biblico del Quoelet, L’Ecclesiaste e, in particolar modo dalla citazione “più si conosce più si soffre”, aprirà il convegno con alcune riflessioni sulla tematica dell’origine del male e la questione della conoscenza in Guido Morselli attraverso le sue opere dalla più contro-teologica Fede e critica al fantastico scenario di Dissipatio H.G.. Seguirà la relazione di Susanna Cattaneo, studentessa elvetica neolaureata in lettere con una tesi su Morselli dal titolo La sospensione narrativa dei mondi alternativi. La giornata sarà impreziosita dalla presentazione di due volumi “morselliani”freschi di stampa, uno a cura di una nota critica napoletana, la professoressa Marina Lessona Fasano, nonchè nipote della prima laureata in Lettere del Regno d’Italia: La disperazione rassegnata (Aracne editore) e l’altro invece di Domenico Mezzina, professore presso l’Università degli Studi di Bari: Le ragioni del fobantropo – Studio sull’opera di Guido Morselli (Stilo Editrice). Infine l’illustre filosofo della scienza Giulio Giorello dedicherà allo scrittore gaviratese una Lectio Magistralis.
Il convegno siglerà la scadenza dei concorsi dedicati al romanzo inedito, che quest’anno era dedicato al tema “l’umana avventura”, e al saggio critico inedito “Dissipatio H.G.” dedicato a tutti gli studenti delle scuole medie superiori d’Italia.
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