Ein Gespenst geht um in Europa: un fantasma si aggira per l’Europa, anzi per il mondo. Non si tratta però del comunismo, come nel 1848 pretendevano quei tali, bensì di una crisi demografica planetaria, effetto di una crisi esistenziale di massa e causa della crisi economica. È questo il nocciolo della questione, che la pandemia del Covid 19 non ha provocato bensì semplicemente fatto emergere. Ed è questo il problema di fondo di cui occorre innanzitutto rendersi conto se non si vogliono fondare sulla sabbia i progetti di ripresa.
Con un tono che faceva venire alla memoria le “magnifiche sorti e progressive” su cui ironizzava Leopardi, nel presentare il suo Decreto rilancio il premier Conte ha detto solennemente che, passata l’emergenza, il suo governo mira a un’Italia “più verde, più digitale e più inclusiva”. È un paesaggio molto illuminista, e quindi un po’ gelido, ma comunque non privo di qualche fascino. Quali sono però le energie umane, sociali e culturali con cui dall’alto vuole costruirlo? Con un bel po’ di ministre e di ministri giunti ai banchi del parlamento e poi del governo direttamente dalle discoteche, e con un manipolo di esperti ma ormai sfiatati gregari dei vari gruppi nati dal disfacimento dell’antico Pci? Oppure facendo leva su occulte squadre di alti burocrati ora ribattezzati “tecnici”, come sempre ben trincerati in commissioni oggi con involontaria ironia definite task forces, ossia “gruppi operativi”? È ben vero che le energie messe in campo dal centrodestra inducono a considerazioni altrettanto meste, ma questo non consola.
Si aggiunga poi che la crisi, come si diceva, non è solo italiana e nemmeno solo europea ma mondiale. La politica annaspa ovunque, dagli Stati Uniti alla Cina. Dalla prima pagina de Il Sole724 Ore dello scorso 3 giugno, in un editoriale dedicato al continuo calo delle nascite in Italia Alessandro Rosina ha giustamente rilevato “la sottovalutazione della questione demografica nei piani di ripartenza” del governo. “La demografia”, osserva poi, “costituisce l’infrastruttura umana del Paese. Possiamo avere i progetti più ambiziosi del mondo, ma se poi li caliamo su un’infrastruttura debole saranno fatalmente destinati a caderci addosso. Difficile però trovarne un riconoscimento solido e acquisito nel dibattito pubblico italiano”.
È vero, ma se anche non fosse così la politica potrebbe farci ben poco. La crisi demografica è l’effetto, come dicevamo, assai più di una crisi esistenziale di massa che della pur rilevante crisi economica. Nel quadro dell’attuale scomparsa dei cristiani dalla scena politica è qui che innanzitutto si pone la necessità di un loro ritorno alla ribalta: non tanto cioè come presenza politica in senso stretto, ancora inevitabilmente limitata dalla condizione di diaspora, quanto come presenza sociale e culturale e quindi politica in senso ampio. Soprattutto infatti dalla testimonianza delle famiglie cristiane fertili e accoglienti e dall’aperto e non intimidito insegnamento del Magistero possono venire poste le basi di una ripresa demografica. Non certo dalla predominante ma estenuata e impaurita componente «laica» della società italiana.
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