Mentre faticosamente si tenta di riprendere una vita normale in casa, al lavoro e come corpo sociale nella sua interezza, la comunicazione che ancora riguarda il SARS-Cov-2 resta frammentaria e frammentata, con opinioni diverse che si contrastano, non senza accenti polemici, che non dovrebbero esistere in una comunicazione scientifica non inquinata da qualsiasi interesse personale o di parte. La produzione scientifica fortunatamente si è arricchita con numerosi studi epidemiologici e microbiologici, che consentono di interpretare e riflettere sui dati che ancora oggi giungono dal Ministero della Sanità.
Nello stesso tempo vengono eseguiti sempre più tamponi e test sierologici, allo scopo principale di riconoscere ed isolare i rimanenti pochi casi di infezione attiva. In estrema sintesi si può affermare oggi con sufficiente certezza, che il periodo infettivo nei sintomatici inizia circa due giorni prima della comparsa dei primi sintomi, permane per circa 7-10 giorni, ed in genere dopo la seconda settimana di malattia il virus non è più vitale, anche se persiste la positività al tampone rino-faringeo. Questo vale anche per i casi di ri-positivizzazione, cioè la comparsa di tamponi positivi dopo la negativizzazione al termine della malattia.
Questi nuovi dati disponibili potrebbero portare a modificare i criteri di valutazione di guarigione, non basandosi più sulla negatività dei tamponi, ma sul decorso della infettività; si avrebbero notevoli vantaggi sia in termini di risorse per la salute pubblica, che per la salute fisica e mentale dei singoli individui; consentono inoltre di leggere con chiarezza quanto avvenuto e quanto sta avvenendo nel nostro Paese.
Pertanto sulla scorta dei numerosi studi ed evidenze scientifiche, non si può sottacere come fin dall’inizio l’epidemia sia stata affrontata in maniera non adeguata, con mancanza di “ trasparenza e verità, con l’istituzione di comitati tecnico-scientifici non in base alla competenza, ma alla carica ricoperta” (Luca Ricolfi). La sospensione di tutte le attività sociali inoltre, resasi purtroppo necessaria per l’approccio errato alla situazione catastrofica causata dal Covid-19, e le misure prese per frenare la crisi economica, ci rendono sempre più lontani dagli altri paesi avanzati e sempre più poveri. “La società parassita di massa che ci stanno predisponendo, riducendo la base industriale del nostro Paese al 20-25%, farà esplodere la domanda di sussidi e di lavoro nero; ed esploderà la rabbia sociale per paura, mancanza di lavoro, poco reddito, bassi consumi e disperazione”.(L. Ricolfi) Giudizi impietosi quelli espressi da uno dei più autorevoli sociologi italiani, non soltanto su tutta la classe dirigente e politica, ma anche sugli Italiani come popolo per la loro “ docilità e scarso amore per la libertà e democrazia” (L. Ricolfi).
Allarghiamo però lo sguardo sull’orizzonte, sull’Occidente, “la terra serale, del tramonto” (Galimberti, Il Tramonto dell’Occidente). La catastrofe del covid-19 che ha determinato così tanti morti ed ammalati, ci costringe a prendere coscienza della fine del mondo occidentale e della sua cultura, basata sulla presunzione “ del progressivo dominio da parte dell’uomo sugli eventi della natura”; presunzione basata sulla fiducia assoluta nella tecnica, nei suoi strumenti e nei suoi funzionamenti che “ pur nella loro efficacia e rigore, si rivelano incapaci di promuovere un orizzonte di senso” (U.Galimberti).
Le parole “orizzonte e senso“, oggi più di ieri diventano simboliche di una vita che deve rinascere, che deve ripartire come consapevolezza di un cammino culturale, scientifico, religioso, filosofico e sociale. Un risveglio di coscienza e di consapevolezza che sia capace di restituire dignità e sacralità alla vita stessa, attraverso i gesti della quotidianità. L’uomo che si rigenera attraverso un cammino orientato a riscoprire l’essenza della vita, che non può soltanto essere identificata nella “funzione”, sia lavorativa che ludica; una vita capace di accogliere le inquietudini dell’animo umano, non appagate dalla tecnica, che “ non apre scenari di salvezza” (U.Galimberti). Se da un lato l’orizzonte rappresenta anche metaforicamente il limite ultimo verso cui si può spingere la vista dell’uomo, dall’altro riscoprire il senso delle cose slancia lo sguardo verso orizzonti ancora più lontani. Orizzonti a linee circolari e verticali, linee morbide, che placano l’animo dell’uomo moderno e dove riecheggia la centralità del pensiero nella sua vita ed il bisogno di una dimensione trascendente, che consenta di andare vicino o lontano, di vedere oltre i limiti dei confini, verso nuove aspirazioni. L’Orizzonte diviene così espressione simbolica della speranza dell’uomo di andare oltre il confine del limite, nell’amore, nella bellezza, nella cultura e nella vita in genere, oltre la breve e parziale avventura terrena, nell’anelito al divino o ad opere che trascendono le generazioni. I giorni della pandemia sono quindi giorni da ricordare, per ritrovare una luce dentro di sé, per immaginare una nuova linea di orizzonte, che sta solo negli occhi di chi guarda e di chi è capace di vedere oltre.
“Considerate la vostra semenza, fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza” (Dante, Divina Commedia. ; Inferno -Canto XXVI; vv 112-120)
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