Tram-treno o tramtreno: in qualunque modo lo si voglia scrivere resta un brutto nome. Ma rappresenta una novità nel dibattito sul futuro di Varese. Messo sul tappeto dai Rotary con la Fondazione Comunitaria del Varesotto e con l’Università dell’Insubria è sicuramente l’idea più ambiziosa e impegnativa per rispondere alle domande di mobilità sul territorio: un progetto di “rigenerazione urbana”, come l’ha definita la professoressa Roberta Pezzetti, dell’Università dell’Insubria.
In sintesi, per quei pochi che non lo sapessero: quello del tram-treno è un progetto che prevede la trasformazione del treno delle Nord, nella tratta da Varese a Laveno, in una sorta di metropolitana. Il treno attuale arriverebbe alla nuova stazione in zona Macello a Belforte. Qui partirebbero i nuovi vagoni del tram-treno che attraverserebbero Varese con nove fermate toccando in più punti oltre alla zona stazioni i quartieri di Bosto, Casbeno e Masnago (e con una frequenza di circa 4-6 minuti tra un treno e l’altro), per proseguire poi verso Laveno (con una frequenza di circa 10 minuti). A questo progetto si aggiunge un collegamento con funivia che dalla zona Bellavista raggiunge da una parte Capolago e dall’altra il Campus Insubria. Questo in sintesi.
E proprio ad una settimana da un precedente nostro articolo su RMFonline in cui sottolineavo nella storia di Varese la mancanza di una “visione”, eccomi prontamente smentito. Bene. Certo, siamo ben lontani dalla sicura realizzazione, ma questa (pur con tutte le modifiche e i miglioramenti usciranno da un dibattito) è comunque una “visione”, un grande progetto che ha alle spalle un’idea forte. Vedremo se saprà andare in porto. E in tempi ragionevoli.
L’idea di una metropolitana leggera di superficie viene qui presentata come una novità per la città. Ma è davvero una novità? Ci sembra giusta qualche precisazione.
Nel marzo 1990 avevo avuto modo di moderare un dibattito “faccia a faccia” tra il geometra Luciano Bronzi (allora vicesindaco e assessore all’urbanistica di una giunta con sindaco Sabatini) e l’architetto Ovidio Cazzola (in quegli anni presidente dell’Ordine degli Architetti), nella sede dell’Assessorato.
Per capire il periodo: erano gli anni in cui l’Amministrazione Comunale aveva proposto un Piano Regolatore ambizioso ma oggetto di grandi polemiche. Il Piano del 1990 prevedeva lo sviluppo di Varese fino a una capacità di centomila abitanti (attualmente non arriviamo ancora, trent’anni dopo, a ottantamila). Insomma: un piano con possibili “colate di cemento”, come si diceva allora Ma l’oggetto della maggior polemica era stata la possibilità di edificare all’interno dei grandi parchi della città. Lo scopo non era speculativo, sosteneva la giunta, ma solo quello di rendere economicamente remunerativi quei terreni e permettere con questi utili il mantenimento di quelle strutture particolarmente costose, sottraendole al degrado. Insomma, niente di strano o, peggio, di illecito. Solo un’opera buona per salvare la bellezza di ville e parchi altrimenti destinati all’incuria.
Altri avevano trovato inaccettabili queste motivazioni. Vedevano invece in queste concessioni, in realtà un regalo sconcertante alla speculazione edilizia. In molti si erano vivacemente opposti al progetto della giunta: le Acli, l’Università Popolare, Italia Nostra, gli Amici della Terra, Lipu, tanto per citare qualche associazione. Ma contro erano soprattutto le minoranze in Consiglio, guidate dall’architetto Benigno Cuccuru, comunista, e da Arturo Bortoluzzi dei Verdi. La polemica aveva assunto toni molto aspri. Questo per capire il contesto di quegli anni.
Ma nel corso del dibattito-intervista che avevo condotto per la rubrica “Confronti” de “L’Occasione News” era emersa una proposta da parte dell’architetto Cazzola, una proposta che alla luce del nuovo tema del tram-treno, sembra davvero anticipatrice e visionaria. E la racconto come curiosità storica, per renderne merito a chi aveva allora avuto l’idea.
L’architetto Cazzola aveva messo sul tavolo, come possibile contributo alla soluzione del problema della mobilità di Varese, la trasformazione delle linee ferroviarie in metropolitane di superficie, citando esperienze di città come Besançon e Losanna. Eravamo nel 1990. Insomma, aveva anticipato di trenta anni la proposta dei Rotary.
Nel dibattito Cazzola aveva affermato: “Il problema è la linea ferroviaria con un numero ben maggiore di fermate “ e aveva subito chiarito come questo intervento dovesse essere inserito in una scelta più radicale riguardante la mobilità. “Non si può però puntare su una mobilità parallela, con il mezzo privato in concorrenza con il mezzo pubblico: vincerà sempre il mezzo privato. Va compiuta una scelta di dissuasione attraverso una proposta tendenzialmente esclusiva del mezzo pubblico”. Tema, questo, che dovrà essere affrontato a fondo quando l’attuale proposta del tram-treno passerà alla fase concreta.
E non solo: la proposta di Cazzola vedeva non solo la Nord trasformata in metropolitana da Malnate a Morosolo, ma anche la Ferrovia dello Stato da Gazzada a Induno, ovviamente con numerose fermate per coprire, a croce, praticamente tutta la città. E anche l’assessore Bronzi si era espresso in modo favorevole.
Sappiamo che poi non si è fatto niente. Non si è neppure partiti per approfondire il discorso. Ma l’idea era già chiara.
Forse oggi i tempi sono maturi. Anche la tecnologia permette oggi soluzioni allora non disponibili. In più, questo progetto riqualificherebbe aree in degrado come l’area del Macello di Belforte. E avrebbe un beneficio sul problema annoso dei parcheggi, perché frazionati nelle varie stazioni cittadine e perché il tram-treno renderebbe poco significativo l’attraversamento in auto della città.
Insomma: dibattito aperto. E segno di interesse sono anche le domande che sul suo seguitissimo blog presenta Mauro Gregori, che mette sul tappeto alcuni punti come il timore che questo progetto “possa nuocere alla battaglia per una maggior rapidità dei treni tra Varese e Milano Cadorna”. Oppure: “La paura enorme è che dedicarsi anima e corpo a un tale progetto da 55 milioni di euro faccia accantonare definitivamente il sogno di un collegamento efficiente tra il lago e la Prima Cappella e la rinascita della funicolare del Campo dei Fiori, cioè di ciò che per la città sarebbe una svolta unica e vincente a livello turistico e funzionale”.
Tutti temi di cui ci sarà la possibilità di discutere ampiamente, quando sarà il momento. In ogni caso, questa “rivisitazione moderna” della antica idea dell’architetto Cazzola, merita grande attenzione e grande impegno.
Giustamente l’avvocato Fabio Bombaglio, del Rotary, intervistato da Matteo Inzaghi per Rete 55, sottolinea come questo progetto si ricollega alla storia della mobilità varesina, alla storia dei tram, delle funicolari, delle ferrovie leggere verso i laghi che avevano fatto di Varese una méta ambìta, “una volta per sopperire alle carenze di mobilità privata, oggi per un eccesso”.
Speriamo in bene. Forza. Che sia la volta buona?
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