John Donne visse la fine dell’epoca elisabettiana, che stigmatizzò per la sua corruzione e la pomposità della corte, e la nascente modernità.
Il suo poema ‘Una anatomia del mondo’, dal quale è tratto il passo che segue, tratta la morte di Elisabetta con estrema tenebrosità, usandola come un simbolo per la caduta dell’uomo e la distruzione dell’universo.
Una anatomia del mondo
John Donne,
[…]
E apertamente gli uomini confessano che questo mondo è estinto, quando nei pianeti, e nel firmamento, ne cercano tanti nuovi; vedono che questo si è sgretolato tornando ai suoi atomi. È tutto in pezzi, scomparsa ogni coerenza, ogni giusto sostegno e ogni relazione: principe, suddito, padre, figlio son cose dimenticate, poiché ogni uomo per conto suo pensa di dover essere una Fenice, e che allora non potrà esserci nessun altro che lui di quella specie che è lui.[…]
And freely men confess that this world’s spent, When in the planets and the firmament They seek so many new; they see that this Is crumbled out again to his atomies. ‘Tis all in pieces, all coherence gone, All just supply, and all relation; Prince, subject, father, son, are things forgot, For every man alone thinks he hath got To be a phoenix, and that then can be None of that kind, of which he is, but he.
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