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Apologie Paradossali

INGIUSTIZIA

COSTANTE PORTATADINO - 05/06/2020

Il Consiglio Superiore della Magistratura

Il Consiglio Superiore della Magistratura

(O) Stiamo preparando l’Apologia proprio il 2 Giugno, la Festa della Repubblica; dovremmo anche noi raccogliere l’invito del Presidente Mattarella e cercare di contribuire a rinsaldare l’unità nazionale.

(S) Sono senza dubbio d’accordo, purché si faccia non con appelli sentimentali che lasciano il tempo che trovano o, peggio, con isterismi populistici, ma con analisi severe e documentate delle cose che non vanno, senza piegarsi ad ideologie e opportunismi tattici di partito.

(C) Ci proviamo sempre, anche se non facile, cominciando dal trovare l’accordo tra di noi, per finire con la difficoltà somma, che è quella di suggerire qualcosa su cui possano trovarsi unite le opposte forze politiche e sociali. Cosa difficile, soprattutto di questi tempi.

(O) La debolezza della politica ed il rischio di essere impropriamente sostituita in alcune sue specifiche responsabilità dalla magistratura, di cui abbiamo parlato la volta scorsa, mi ha suscitato molta curiosità, e forse anche qualcosa di più. Partiamo da questo argomento.

(C) Apparentemente è un tema che sarebbe bene lasciare agli specialisti, cosa che io non sono, ma ho capito anch’io che è necessario stuzzicare il cittadino medio con qualche esempio e con domande non banali, anche se non siamo capaci di risposte. Sono convinto che la questione giustizia sia non solo una questione italiana, ma da lungo tempo la più importante questione mondiale. E’ come se ci fosse in atto da sempre una pandemia d’ingiustizia senza che nessuno intervenga veramente per rimediarvi. Parlo sia della giustizia, con la minuscola, quella che riguarda i rapporti quotidiani tra le persone, che tuttavia è la più importante, sia della Giustizia, quella delle leggi, dei tribunali, delle toghe e degli ermellini, dei codici e delle prigioni: senza di essa, pur imperfetta, non ci sarebbe giustizia se non quella del più forte.

Ho detto che è una questione mondiale e lo dimostro subito: Minneapolis. Un caso, grave, gravissimo, ha fatto scoppiare un focolaio che mette a nudo una fragilità degli Stati Uniti ben più grave dell’epidemia di covid19, temo persino della crisi economica del 2007. Ma se ci penso solo un attimo, mi pare di poter riconoscere in ogni angolo del mondo situazioni di profonda ingiustizia, evidente o latente, giuridica, sociale o economica. Mi sembra persino che da qualche tempo stia crescendo, e non parlo solo del disastro in cui guerre assurde hanno precipitato le popolazioni di Siria e di Libia; non parlo di gran parte dell’Africa e delle varie tragedie che spingono le migrazioni, non parlo solo di Hong Kong ma di tutta la Cina, che il maoismo ha salvato dalla fame ma ha consegnato all’arbitrio di una dittatura di partito. Parlo soprattutto di noi, dell’Europa e dell’Italia.

(S) Sì, parliamo della Giustizia in Italia, non mi tranquillizza per niente l’annuncio di Bonafede che adesso ci penserà lui a riformare il CSM.

(C) Un momento! Prima di abbandonare il discorso sugli Stati Uniti, devo far notare che la situazione istituzionale loro, opposta alla nostra in quanto sempre e comunque, con amministrazione sia repubblicana, sia democratica, la politica tende a prevalere sulla Giustizia, con ogni evidenza non garantisce il necessario equilibrio tra i poteri. Le manifestazioni di protesta degenerano in rivolta per numerosi motivi, sociale ed economici, ma certamente in misura decisiva per la sensazione che ancora una volta si commette un abuso nei confronti di un afroamericano e che questo grave abuso sarà facilmente impunito. Imparzialità ed efficacia della giustizia debbono andare di pari passo e diventare garanzia dei diritti fondamentali per tutti e dappertutto. Se consideriamo il mondo nella sua totalità il rischio che la Giustizia sia indirizzata dalla politica riguarda, per numero ed estensione, ben più della metà del mondo. Che certe cose accadano negli Stati Uniti diventa la notizia più coinvolgente a livello mondiale solo perché il potere della stampa e degli altri mezzi di comunicazione indipendenti è così forte che tutto il mondo ne viene immediatamente informato. Questo non vuol dire che si ristabilisca immediatamente un equilibrio dei poteri, che non si acuisca il conflitto tra società e Stato o tra diverse componenti della società civile, come è evidente in questi giorni. Gli Stati Uniti hanno davanti a sé un problema difficile, ma molto chiaro, chiunque vinca le prossime elezioni: sviluppare una cultura dell’uguaglianza, nei diritti nei doveri e nelle opportunità, massimamente nel proprio interno, però non rinunciando a contribuire agli stessi obiettivi sul piano globale. E’ significativo che i vescovi cattolici si siano resi presenti in modo molto deciso, come riferisce Avvenire: “i vescovi hanno espresso solidarietà con la comunità afroamericana e hanno chiesto un’inchiesta che assicuri verità e giustizia. Il razzismo «non è un problema del passato» o «una semplice questione politica pronta all’uso a seconda della convenienza». È «un pericolo reale e presente che deve essere affrontato con decisione». «Le persone con una coscienza retta non possono distogliere lo sguardo quando i cittadini vengono privati della loro dignità umana e perfino della vita. L’indifferenza non è un’opzione»”

(S) Va bene, ottimo giudizio. Però noi ci teniamo il nostro sistema giuridico illuministico e napoleonico; loro e gli inglesi la ‘common law’, capisco che in quel mondo giuridico prevalgano la cultura e la volontà popolare e siano in grado di dettare il cambiamento alla politica e alle istituzioni. Da noi è il contrario: l’ideologia politica e sociale condiziona le scelte politiche, che incidono sulla società, nei suoi aspetti economici e culturali e soprattutto giuridici. Quindi a sua volta la magistratura soggiace alla tentazione di non limitarsi ad essere un potere neutro, che applichi ai cittadini le leggi che loro stessi si danno attraverso il potere legislativo e a controllare la correttezza dell’agire del potere legislativo, ma pretende di influenzare l’uno e l’altro, attribuendosi quella ‘supremazia etica’ di cui parlavamo la volta scorsa, ben rappresentata dall’attacco di Di Matteo a Bonafede. Quest’ultimo, nell’annunciare l’intenzione di riformare il CSM ha fatto un annuncio ‘sacrosanto’: chi entra in politica a certi livelli, immagino quelli con potestà legislativa, abbandona definitivamente la magistratura. Ma davvero nessuno ci aveva mai pensato? Come mai non è mai stato stabilito e praticato? Ma è poi davvero così risolutivo questo divieto? E’ il ritorno dalla politica alla magistratura ad essere inquinante per quest’ultima? O viceversa?

(O) A me invece preoccupa un’altra ‘promessa elettorale’ grillina: quella di affidare al sorteggio la scelta dei componenti del CSM: come si garantirebbe la sussistenza nei sorteggiati delle necessarie capacità e attitudini? Bisognerebbe partire da un elenco di disponibili, come individuarli? Autocandidature o proposte qualificate? Il risultato, poi, affidato al caso, potrebbe essere molto squilibrato, non rappresentativo delle differenti culture giuridiche e (consentitemi la franchezza) politiche, comunque presenti nella magistratura. Un CSM squilibrato dal caso del sorteggio potrebbe arrogarsi influenze sulla politica ancora maggiori di uno risultante dalla complicata dialettica delle vituperate correnti. Ma poi, perché vituperate? Il male non è che esistano e si esprimano a questo livello con posizioni idealmente differenti; è averne fatto luoghi di potere, costruiti sulla base di scambi di favore. In questo momento di forti contrapposizioni politiche, spesso strumentali, come abbiamo visto proprio oggi, in occasione della Festa della Repubblica, avremmo bisogno di un aiuto concreto del potere giudiziario a quello politico: contribuire a realizzare quelle mediazioni culturali di cui i partiti sembrano diventati incapaci.

(C) Come realizzare questo obiettivo? Tenete presente che la gravità della situazione è stata certificata dal Presidente della Repubblica, che, pur negando la possibilità di intervenire con un atto di scioglimento del CSM, ha riscontrato la necessità di una riforma che ridia credibilità all’organo di autogoverno della magistratura. Anche questa volta non mi ritengo in grado di esprimere un mio giudizio e ricorro ancora al prof. Pagliano: “Se allora l’indipendenza della magistratura è fuori discussione, convinti come siamo che la cura consistente nella introduzione di una qualche forma di dipendenza dalla politica sarebbe assai peggio del male, da parte sua, la politica deve avere la forza di non ricorrere ai consueti pannicelli caldi, non ripetendo l’errore dell’anno scorso, figlio di quell’ipocrisia che per anni ha consentito si facesse finta di niente.

Lo abbiamo già detto in varie occasioni: occorre procedere verso una riforma di sistema. Occorre che il Governo abbia una visione progettuale ad ampio respiro in cui le regole di elezione del Csm siano solo un piccolo benché necessario pezzo.” 

(S) Ahi ahi ahi! Anche stavolta te la cavi a buon mercato, con una citazione, pure generica. Sempre, quando qualcuno non sa come risolvere un problema limitato, anche se serio, invoca una riforma di sistema. Caro Governo e caro Parlamento, vi prego, astenetevi dal provarci: non ne siete capaci. Fate come al solito quattro ciance, un nome di fantasia al provvedimento che ci aiuti a ricordarlo, magari in inglese, così anche Renzi si prende il merito dell’innovazione, ma ripeto l’invocazione, non date retta ai professoroni, astenetevi dal tentare una riforma di sistema. La giustizia è una cosa seria, non è cosa vostra. Come per gli Stati Uniti, anche per noi è meglio aspettare un grande cambiamento di mentalità.

(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C) Costante

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