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Opinioni

QUALE BELLEZZA CI SALVERÀ

don ERNESTO MANDELLI - 13/04/2012

All’inizio degli anni ’90, dopo aver scoperto la palude della corruzione, abbiamo anche sperato di poter uscire come quando si esce da un incubo. In decenni di potere si era creata una corruzione diffusa penetrata nei settori più disparati della società ad opera di varie forze politiche.

Oggi dobbiamo amaramente costatare che la corruzione non è cessata e nemmeno si è fermata ai livelli fisiologici dei paesi europei, ma è orrendamente presente a tal punto da leggere sui giornali: “Se infatti la corruzione è arrivata fino agli incorruttibili (leggi Lega) allora vuol dire che il cancro è al suo ultimo stadio” (Antonio Polito, Corriere 4 aprile). A questo punto la domanda è spontanea e urgente: quale bellezza salverà il mondo?

Il cittadino comune si chiede: a che punto siamo arrivati? Esistono ancora forze politiche di cui fidarsi? Esistono ancora uomini politici di elevata moralità veramente al servizio del Paese? Perché sono venuti meno valori etici fondamentali che nel passato hanno dato origine a grandi fenomeni di cambiamento, come il Risorgimento italiano, la lotta antifascista della Resistenza, la ricostruzione del dopo guerra?

Ma ci sono anche altre questioni su cui interrogarci: una società è viva perché alla base delle iniziative politiche e dei programmi economici ci sono valori alti di umanità, giustizia, uguaglianza, libertà, solidarietà verso i deboli e i poveri. Ma tutto questo si avvera non solo perché sta scritto nella nostra Costituzione, ma perché è costantemente affermato e sostenuto da movimenti culturali e da grandi realtà spirituali.

A questo punto però noi cristiani siamo costretti a farci una domanda fondamentale: dov’è la nostra Chiesa? Sono vari i livelli nei quali si manifesta la Chiesa: nelle piccole comunità di paese, in quelle più grandi di città popolose, fino a quella “ufficiale” che viene erroneamente identificata con lo Stato del Vaticano, dimenticando che la Chiesa è “il popolo di Dio” come ha affermato il Concilio Vaticano II. Per questo c’è chi auspica che venga marcata la distinzione tra Chiesa e Stato del Vaticano: sarebbe certamente una operazione felice.

Nella situazione attuale di degrado spirituale e morale la Chiesa si trova di fronte a una opportunità storica, nella quale può realmente porsi come “madre e maestra” e come “coscienza critica della società”, vivendo la sua originaria funzione di evangelizzatrice, una Chiesa quindi che si fa veramente profetica. Non si tratta di invocare nuovi documenti, ce ne sono tanti e di valore, o di nuovi pronunciamenti, che hanno la fortuna di un giorno e poi tornano nell’oblio. La Chiesa per essere sé stessa conosce un’altra strada, quella della testimonianza, che Paolo VI indicava nel 1975 come “il primo mezzo di evangelizzazione… È dunque mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo,in una parola di santità” (EN 41).

In un tempo come il nostro, nel quale il denaro è riuscito più che mai a distruggere le barriere morali ed a annichilire le coscienze di molte persone impegnate a livelli alti di responsabilità pubblica, sono indispensabili forti testimonianze che si propongano come modelli di vita alternativa e in particolare comunità che, ispirandosi al Vangelo, facciano della sobrietà e della povertà un nuovo stile di vita. In questi ultimi decenni la nostra società è andata sempre più affermandosi come società consumistica ed edonistica che, sotto la forte spinta dei mezzi di comunicazione, viene presentata come il modello più ambito da vivere. È proprio in questo contesto che oggi le comunità cristiane sono provocate e chiamate a vivere in particolare lo stile di vita evangelico della povertà sull’esempio di Cristo stesso “che da ricco che era si è fatto povero” (Cor. 8,9).

Proprio oggi non possiamo dimenticare alcune indicazioni fondamentali della Chiesa. “Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via” (Concilio Vaticano II –L.G.8) – “Noi, Chiesa ambrosiana, abbiamo oggi più che mai bisogno di confermare il nostro volto sul volto di Cristo umile e abbandonato… e ritrovare quella semplicità e scioltezza con cui la Chiesa degli Apostoli, piccolo gruppo insignificante, ha affrontato il colosso della cultura del proprio tempo senza complessi, affidandosi alla forza e alla gioia del Vangelo” (Card. Martini, Lettera presentazione Sinodo 47°-1995). Nella Chiesa di Spagna le comunità vengono stimolate verso questo obiettivo: che la metà del bilancio parrocchiale sia destinato ad opere di carità.

È questa la bellezza di una comunità cristiana che svela il vero volto di Cristo e diventa proposta di salvezza per il mondo contemporaneo.

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