Chissà se qualcuno scriverà la cronaca dell’amore per la cultura al tempo del coronavirus? Questo ovviamente non si sa. Ci si può soltanto augurare che non si debba utilizzare la tremendamente bella espressione attribuita a san Francesco che a chi gli chiedeva perchè stesse piangendo rispose piango per l’amore non amato.
Sicuri del perdono di San Francesco per aver preso a prestito questa valutazione, siamo, invece, meno sicuri che la cultura in questo periodo sia stata davvero amata. Eppure non dobbiamo rinunciare al detto spes ultima dea. Senza cadere nell’identificazione di cultura uguale a libri letti, non si può negare che senza libri non si sviluppa la cultura, con gli strumenti per leggere il mondo, per immaginarlo, per viverlo e con tutto quello che segue. Tommaso Labate, giornalista de Il Corriere della Sera, ospite nell’edizione virtuale di Filosofarti, fiore all’occhiello della cultura varesina, con convinzione ha affermato che la forzata solitudine di questi mesi ha fatto aumentare il gusto per la lettura a molti, per cui -ha dedotto- che le persone usciranno dal tunnel con maggior consapevolezza culturale. Auspicio da condividere, pur con legittime riserve. Ma che cosa è stato letto in questo periodo con biblioteche e librerie chiuse? Si possono recuperare dati da vari siti che spesso indicano una loro top ten dei libri letti durante il lockdown, applicando una modalità di seduzione pubblicitaria con tutto il suo effetto attrattivo. Tra i libri letti, o meglio acquistati tramite e-commerce, settore che esce vittorioso da questo drammatico periodo, le preferenze paiono essere indirizzate a testi che con acritica tempestività spiegano, o meglio esprimono opinioni pseudo esplicative sul momento e a scritti del passato che hanno il sapore anticipatore del presente. Tra questi svetta la Peste di Camus. E questo forse ci dice il valore irrinunciabile della letteratura, quella che non si appiattisce sul presente ma sa vincere il tempo. Libri, dunque, come amici importanti, compagni silenziosamente parlanti, capaci di farci uscire dalla solitudine, terapia per le ore stancanti a cui siamo stati costretti, libri come momento di svago o di riflessione? Forse sì forse no. Già a marzo su alcuni quotidiani si scrisse che nella difficoltà del momento fosse quasi impossibile leggere romanzi, perchè si constatava che ai più sembrava difficile credere ad una storia diversa da quella che si stava vivendo. Pare che colpevole di ciò sia il nostro cervello che per il suo funzionamento sceglie, preferisce una cosa alla volta. Senza escludere questa ipotesi, è invece da apprezzare il particolarissimo salone del Libro di Torino che si è svolto dal 13 al 17 maggio. Un salone senza gli affollati stand al Lingotto denominato SalTo Extra. Questa sigla è un’efficace sintesi che racchiude tutta l’ambivalenza del momento: edizione saltata, anhe se gli organizzatori sperano di attuare in autunno con nuovi libri per ripartire ma anche salto, inteso come un salto in avanti, per una modalità innovativa di creare il rapporto tra il lettore, lo scrittore e chi pubblica. Un’edizione che potremmo definire non solo Extra moenia, espressione nota purtroppo in altro ambito, quale quello ospedaliero, ma fuori dal comune. In fondo la vera cultura, che non è solo informazione ma formazione, come ha ben ricordato Dacia Maraini nel suo contributo per l’edizione straordinaria e tutta virtuale del salone del libro, deve essere sempre motore di cambiamento e permettere un salto in alto al nostro pensiero.
Si è detto e ridetto da più voci che non si deve sprecare quanto ci ha insegnato questo momentaccio. Tutte le strategie messe in atto per offrire occasioni di cultura sono stati utili, ma di fatto palliativi per l’emergenza. Se rimaniamo nel campo dei libri basti pensare – soltanto a titolo esemplificativo – a quanto messo in atto dal locale editore Macchione che ha deciso di pubblicare gratuitamente sul proprio sito libri che si possono, in numero di due, per l’esattezza, scaricare liberamente oppure l’edizione Milano da leggere 2020 che permette di scaricare gratuitamente dieci libri sul tema scelto quest’anno, la città vista dalle donne.
Due piccoli esempi, lodevoli e apprezzabili che ci portano a riflettere su come si fa cultura. Accessibile sì, ma che non deve essere considerata un diritto gratuito. E questo non perché siamo nella società del dio denaro ma perché non dobbiamo mai svalutarla.
Cerchiamo, almeno, di fare nostra la frase provocatoriamente attuale di Bertrand Russell, morto cinquant’anni fa. Lui, pacifista, divulgatore filosofico, osteggiato perché ritenuto da taluni amorale, premio Nobel per la letteratura, scrisse: Esistono due motivi per leggere un libro: uno perchè vi piace, e l’altro che potete vantarvi di averlo letto. Ovviamente siamo per la prima ipotesi. La seconda farebbe piangere la cultura.
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