A San Fele (Potenza) con Gregorio Scalise
Oggi mentre ricopio queste righe scritte a mano su un vecchio quaderno che porta la data del 6 agosto 2007, mi giunge la notizia che Gregorio Scalise, amico, poeta e scrittore, ieri ci ha lasciato.
Se Dio esiste non sarà fatto solo di coincidenze, almeno spero, intanto questo è quello che avevo riportato con le parole di allora, che ora va alla memoria di un o dei più importanti poeti italiani, e forse uno tra i più dimenticati…
Il viaggio con Gregorio, che per tutta la durata del viaggio chiamai semplicemente Scalise, mi aveva divertito così tanto che restò per sempre uno dei viaggi “letterari” più allegri della mia vita di “scribacchino”. Era la prima volta che vincevo un premio, addirittura il primo posto sia per lui che per me, lasciando indietro giganti della poesia e della critica italiana. Nessuno dei due però lo sapeva. Non ho mai creduto nella “premistica” dei concorsi letterari, ho sempre pensato che fossero tutti in qualche modo preparati, agevolati, credevo insomma fossero spesso “pilotati”. A volte anche a giusta ragione… E invece a San Fele ho avuto la conferma che no, non era così, almeno in quella occasione, nessuno conosceva nessuno e la Giuria era composta da personalità di rilievo e da lettori del panorama letterario del territorio.
A San Fele ci sono andato in una parentesi delle mie vacanze toscane con la famiglia e amici, nello splendido agriturismo nella tenuta dei Conti Branca, del Fernet, a Mercatale, San Casciano Val di Pesa, le zone del mostro di Firenze tanto per intenderci. Ed è stato un modo anche per avere compagnia, che non ho mai amato guidare l’automobile. Viaggiammo raccontandoci gli ultimi trent’anni di poesia italiana, con il suo humor davvero anglosassone, una verve inesauribile, con la battuta sempre pronta, a volte anche pungente, raccontando aneddoti della sua e delle altrui vite dei poeti. L’avevo conosciuto in uno degli incontri sulla poesia contemporanea organizzati a Varese in Biblioteca dall’Università Popolare con Mauro Maconi e con il sottoscritto, agli inizi degli anni ’80. Lui aveva letto con Valerio Magrelli, poeta e grande francesista, ormai tra i più importanti del panorama nazionale italiano. Il giorno dopo eravamo stati a Milano sulle montagne russe dove ci aveva giurato che non sarebbe più salito, dalla paura che aveva provato. Tra le tante sosteneva che la stanzialità offre una sorta di anestesia della bellezza quindi ogni tanto gli faceva bene muoversi. Iniziò con entrambi una lunga e preziosa amicizia. “Bisogna sempre cercare qualcosa sempre di più grande e di stupefacente” diceva lo Scalise, e si era fatto trovare puntuale all’uscita autostradale di Firenze Signa, punto di partenza per la nostra gita in Basilicata, a San Fele in provincia di Potenza. Era stata una estate lunga, secca e caldissima con gli incendi che stavano divorando il sud Italia e, Gregorio seduto al mio lato guida monitorava proprio come in un film western i segnali di fumo che venivano dalle campagne che attraversavamo. Fu un viaggio come ho ricordato sopra davvero entusiasmante e spassoso, tra Toscana, Lazio, Campania, e infine la Basilicata che non avevo mai visto e di cui ricorderò sempre la bellezza e la natura a tratti davvero incontaminata. Quattro regioni attraversate in poche ore, (per lui cinque visto che abitava a Bologna) non mi era mai capitato, tra le colte risate dello Scalise con cui andavamo a San Fele, io “correvo” con il libro, “Prove di Memoria” edito da Crocetti e prefato dall’amico e maestro, Andrea Zanzotto e lui con “La contraddizione iniziale” saggio sulla poesia contemporanea edito da NEM (nuova Editrice Magenta) di cui ero stato animatore e fondatore con Angelo Maugeri, presidente degli scrittori della Svizzera italiana. In finale c’erano, credo, Buffoni e Scrignoli, due bravi poeti con case editrici importanti. Arrivammo nel primo pomeriggio nel paesino arroccato sulle montagne del Valtura sulle strade che furono aperte dagli Ausoni, i signori e antichi abitanti che lasciarono diverse testimonianze tra cui l’edificazione di un castello fortezza, voluto da Ottone I di Sassonia per avvistare e fronteggiare eventuali assedi da parte dei Bizantini, attorno al quale era nto l’attuale centro abitato. Qui veniamo accolti da un certo signor Muccia e da Donato Sperduto il sindaco-panettiere che ci accompagnano in un grazioso albergo-ristorante di cui non ricordo il nome e dove abbiamo cenato dopo la cerimonia di premiazione in una splendida serata di cui facevano parte molti vip (s) tra cui Giuliano Gemma, premiato con il premio speciale alla sua carriera nel Cinema da Francesco Giorgino giornalista della Rai e una madrina d’eccezione la zairese Joyce Kellys con la sua pelle ambrata illuminava la serata di una bellezza indimenticabile. Per Joyce modella e cantante, vale la pena ricordare il padre è King Joe Bale, compositore e figlio del Principe dell’ex impero africano Bantu, e Ambasciatore dello Zaire in Francia; la madre è Emmanuelle Simoes De Fonseca, che annovera tra gli avi, il primo presidente del Brasile, il Maresciallo Manuel Deodoro Da Fonseca. Nel corso della serata fu premiato anche Luigi Maria Burruano, che ha esordito nel cinema nel 1970, ne L’amore coniugale di Dacia Maraini e poi il teatro è rimasto tuttavia la sua occupazione principale per tredici anni fino a essere consacrato definitivamente da Tullio Giordana nella famosa pellicola i “Cento Passi”. Il 4 settembre del 2006 Burruano fu accusato di aver accoltellato l’ex genero Fabio Guida, colpevole secondo l’attore di esasperare la moglie e di non pagare gli alimenti ai tre figli. La vicenda ha comunque avuto l’effetto di facilitare la riconciliazione familiare tra Guida e la moglie Gelsomina Burruano. E poi l’immensa biondissima Alessandra Canale pseudonimo di Alessandra Pimpinella, attrice e conduttrice televisiva italiana, in forze alla Rai come annunciatrice.
Ecco solo alcuni dei personaggi con cui quella notte indimenticabile vinsi il mio Primo Premio il San Fele d’Oro, Giustino de Jacobis, che prende il nome da un illustre nativo di San Fele, un missionario lazzarista, divenuto vicario apostolico in Etiopia e vescovo titolare di Nilopoli che visse in quel lembo d’Africa dove era andato a fondare missioni, a costruire scuole nell’Agame e nell’Akele Guzay. Morì nel 1860 sulla strada per Halai, nella moderna Eritrea, ove contava di poter ristabilire la propria salute e dove venne sepolto. Non potevo che essere fiero di quel riconoscimento, per la mia grande passione d’Africa, in una indimenticabile notte in una splendida cornice di un paesino arroccato sui monti Ausoni, in Basilicata con Gregorio Scalise, dove non veniva mai mattina, tra le numerose stelle dell’Universo, e dal quale facemmo fatica a tornare.
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