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HOTEL IN CRISI

MARCO ZACCHERA - 22/05/2020

Ufficialmente gli alberghi italiani potrebbero riaprire, ma la gran parte delle strutture quest’anno non aprirà perché ad oggi non ce ne sono minimamente le condizioni, soprattutto per aziende strutturate e oltre il livello famigliare.

Prima di tutto vanno sciolti due nodi di fondo: la mancanza di un chiaro “pacchetto sicurezza” che le imprese siano tenute a mantenere nei confronti di dipendenti e clienti e la questione della responsabilità civile e penale degli albergatori.

Sul primo punto è ovvio che vadano prese misure precise. ma superando un certo livello non si tratterebbe più di ospitare clientela in vacanza ma potenziali malati, con reception più simili ad un triage ospedaliero. Per ora ogni regione va in ordine sparso mentre all’estero – dalla Svizzera all’Austria – hanno varato norme molto più semplici.

Riaprire per poi scoprire che un dipendente o cliente risultasse infettato – anche diversi giorni dopo la partenza – per un hotel si imporrebbe almeno ad oggi la chiusura del locale, l’allontanamento di tutti – clienti e dipendenti – con quarantene e danni gravissimi, non fosse che per conseguenti cancellazioni, danni e penali.

Salvo una “Pensione Mariuccia” nessun albergo minimamente strutturato potrebbe affrontare questo rischio (per ora non assicurabile) soprattutto prendendo atto che – una volta aperti – gli hotel italiani risulterebbero desolatamente vuoti.

Pensateci: al di là degli spostamenti privati e interni e quei pochi per necessità di lavoro non è pensabile un afflusso di turisti internazionali con le frontiere rallentate e chiuse almeno fino a metà giugno dopo gli appelli al “pericolo italiano” ben diffusi al di là delle Alpi, dove si sta organizzando un “percorso sanificato” (?!) Germania-Austria-Slovenia-Croazia in direzione l’Adriatico a tutto disastro per la riviera italiana.

E parliamo solo di clienti privati, è ovvio, perché tutte le agenzie turistiche mondiali hanno per quest’anno dato forfait.

Forse chi non è del mestiere non ci pensa, ma come trasportare turisti in gruppo su autobus che – anziché la solita cinquantina – al massimo sarebbero operativi per meno di venti clienti? E poi le comitive non si organizzano in poche settimane: una volta cancellati per riorganizzare i tour servono pubblicità, iscrizioni, prenotazioni, organizzazione logistica; mesi di lavoro prima di riaccompagnare in vacanza una comitiva.

Azzeramento totale comunque per la clientela extraeuropea, la più interessante soprattutto per l’Italia con i voli con gli USA cancellati fino ad ottobre, così come dal resto del mondo. Niente di prenotabile insomma per tutto il 2020 e solo per il prossimo si vedrà.

Prospettive quindi nere, nerissime per un turismo italiano in profonda crisi e che al più potrà contare su un minimo di circolazione interna, ma – anche qui – un hotel non può stare aperto solo per due mesi l’anno con costi generali aumentati in maniera esponenziale, ne assumere dipendenti per un periodo così limitato.

Ecco perché tira aria di chiusura totale: un albergo chiuso ha costi fissi relativamente bassi, ma quando è aperto o riesce a raggiungere una percentuale di copertura dei posti significativa o moltiplica le sue perdite e per questo molti imprenditori ragionano che è meglio non provarci neppure, anche per il tempo necessario per prenotazioni, booking e riscontri. Siamo già quasi a fine maggio e – se anche a giugno ci fosse il “liberi tutti” – aprire a luglio o agosto ipotizzerebbe una stagione di minima durata sia al mare che al lago o sui monti.

Solo un miracoloso ritorno immediato alla normalità potrebbe quindi far ipotizzare una ripresa estiva, peraltro probabilmente limitata a piccole strutture (per esempio i bed & breakfast) ma difficilmente con somministrazione dei pasti.

Escluse le riaperture generalizzate per i grandi gruppi e la “pensione completa”: una cucina alberghiera (obbligatoriamente sanificata, ma come, quando e con quale cadenza oraria?) necessita di più addetti per funzionare e quindi deve servire un numero adeguato di pranzi giornalieri che però le stesse sale da pranzo – complici le distanze – non potrebbero certo offrire, salvo turni o ampi spazi esterni. Francamente andare in vacanza vuol dire comunque relax non coercizioni e – soprattutto – servono i soldi per andarci e giorni di ferie da utilizzare: quanti italiani, quest’anno, ne avranno a disposizione?