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Cara Varese

A NOSTRA VOLTA

PIERFAUSTO VEDANI - 15/05/2020

Como, il liceo Volta

Como, il liceo Volta

Tra la fine del secondo millennio A.C. e l’inizio del primo furono i Romani a dare slancio e futuro agli insediamenti, di origine ligure e successivamente di altre razze, che avevano scelto come residenza la convalle di Como che con una salita breve e accettabile collega il Lario e importanti zone montane dell’italico Nord alla Pianura Padana.

Fu in particolare Giulio Cesare a valorizzare sotto il profilo economico Como, città che avrebbe goduto anche della bella spinta di due menti eccezionali come Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane.

Oggi il cuore dell’antica Comum è presidiato su due lati da una ben conservata cinta murata, all’esterno della quale ci sono percorsi di scorrimento riservati al traffico verso il lago e altre strade che portano alla lontana estremità Nord del Lario e al vicinissimo confine svizzero.

Varese oggi condivide con Como l’Università dell’Insubria e sono svanite le tracce di insofferenza legate alla sottrazione alla città lariana di tutta l’attuale vasta area ovest della nostra provincia quando Varese nel 1927 divenne capoluogo.

Avendo abitato e studiato a Como per una ventina d’anni prima di approdare a La Prealpina, ho ancora cari amici a Como: sono i compagni di malestri dei tempi dell’oratorio e di classe al ginnasio – liceo Volta.

Proprio pochi giorni or sono uno dei miei amicissimi -abbiamo fatto assieme anche i tre anni della scuola media!- mi ha detto che il Comune di Como ha dato parere favorevole per la realizzazione, all’interno del vialone alberato di due passeggiate, un centinaio di metri in tutto, dedicate a due grandi insegnanti del Volta.

Si tratta di un’iniziativa di grande significato sociale e culturale. Va detto innanzitutto che il vialone delle mura di Como nacque come zona verde e pedonale e quindi, considerato che il cemento, come a Varese, anche a Como ha fatto la sua parte, solo lontano dal cuore della città si sarebbe trovato lo spazio per ricordare in modo idoneo personaggi di reale grande caratura come i professori Paolo Maggi e Giacomo Sfardini.

Li ho avuti entrambi come docenti: Sfardini per tre anni mi ha spezzato il pane della letteratura italiana, Maggi per un anno latino e greco. Li ho considerati e rispettati come dei papà. E mi hanno seguito anche nel tempo, Paolo Maggi il giorno in cui fui nominato direttore mi telefonò, era felice come quando si accorgeva che avevo studiato e nell’interrogazione non menavo il can per l’aia.

Sfardini sprizzava soddisfazione – si era all’esame di maturità del 1951 – quando mi disse che avevo fatto il miglior tema in assoluto. Si rannuvolò all’orale quando gli feci capire che per Dante avevo studiato bene solo il quinto canto di Inferno, Purgatorio, Paradiso.

Si infuriò davvero quando mi sorprese a giocare alla morra con Sacchi: smise di spiegare, zittì con un cenno tutta la classe poi gelidamente esclamò: “Vedani e Sacchi, ve ne devo portare un mezzo litro!?”

Il nostro rapporto durò anni, un’amicizia la mia mista a devozione e ammirazione per lo spessore dei suoi consigli.

Questo mio ricordo giovanile è un po’ velato di tristezza per molti motivi: il primo, spero di essere creduto perché la mia verità potrebbe essere ritenuta solo il “c’era una volta” tipico di chi è in quarantena a causa degli anni che ha.

Sono veramente dispiaciuto che il nuovo mondo, fondato anche su false libertà, tra le cose da spazzatura ci abbia infilato gli studi classici. A Como oggi c’è una sola sezione per i corsi del classico e la struttura del Volta ne ospita alcune dello scientifico!

A Varese ci sono insegnanti ricordati per la loro particolarità, stupenda certamente, come per esempio i Frattini dell’”Artistico”. Al Cairoli, che ha formato, grazie anche ai suoi docenti, professionisti di livello nazionale ci si ricorda una volta all’anno, l’assegnazione del Cairolino ai migliori allievi di un tempo. Forse c’è un vuoto da colmare e non solo al classico. O no?

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